Continua il viaggio oltre il confine alla scoperta delle produzioni televisive e cinematografiche che negli ultimi anni hanno affrontato il tema del narcotraffico centro-sudamericano
ANCORA OLTRE IL CONFINE
In ZeroZeroZero, presto serie TV, il giornalista e romanziere Roberto Saviano esplora parte di questo orrore, con un lavoro di ricerca di fonti generali approfondito, che esamina il fenomeno cocaina in diversi suoi aspetti. Come nasce questa gente? Da che famiglie viene? Quanto sono integrati nella società? Perchè non hanno nessun rispetto per la vita umana? I momenti più agghiaccianti arrivano con la descrizione della figura dei sicari. L’addestramento dei killer non è solo fisico, psicologico, empirico ma anche morale. Crescere un cagnolino durante il training e alla fine ucciderlo per dimostrare di non avere un’anima.
Per quanto riguarda l’aspetto più glamour della situazione, il documentario Narco Cultura (2013) di Shaul Schwarz dà un aspetto abbastanza allucinante della situazione. Chiaramente ispirato a The Art of Killing, esamina il fenomeno delle band musicali di musica Mariachi che hanno un certo successo al di là e qua del confine. Banditi che cantano le gesta dei Narcos, anche in maniera esplicita e colorita, fanno i pienoni ai concerti. Sicuramente accostabile al fenomeno dell’hip hop gangsta e della musica neo melodica, fa abbastanza specie per la spavalderia con cui questi personaggi rivendicano la loro sete di sangue.
Uno degli aspetti emblematici del fenomeno è proprio il fatto che il denaro è divenuto quasi un aspetto marginale della situazione, e una sorta di psicopatia collettiva si è impossessata di una parte consistente del continente.
In Blow (2001) di Ted Demme, Johnny Depp interpreta George Jung, che tentava di affrancarsi da una educazione materialista, e grazie al cartello di Medellin, aveva acquistato un controllo ineguagliabile.
Cosa succede al di qua del Confine messicano ce lo suggerisce Miss Bala (2011) di Gerardo Naranjo. Una ragazzina con il sogno di vincere un concorso di bellezza si trova nel mezzo della lotta ai narcos, utilizzata come merce di scambio in una bomba ad orologeria al cardiopalma. La sua innocenza verrà distrutta in mille pezzi da un vortice di eventi che non pare nemmeno essere condotto da esseri umani quando da un ingranaggio che trita tutto ciò che vi passa nel mezzo. Chiaramente la bella del film rappresenta il Messico, vessato da una situazione del genere. Gli eventi del film si ispirano alla tragica storia vera di Susana Flores Gamez, ventiduenne reginetta di bellezza uccisa dal cartello, ribattezzata Miss Bala Sinaloa. Ugualmente brutale e distruttivo, sulla stessa falsa riga ma con uno stile più gelido, è Heli (2013) di Amat Escalante. Nelle sue opere precedenti, Sangre e Los Bastardos, il regista spagnolo naturalizzato messicano si mostra debitore a Haneke, e il mix tra stile distaccato e ferocia latina genera un certo effetto straniante. In Heli stavolta la giovane innocente è poco più di una ragazzina ma quello che risalta è la disumana ferocia quasi autistica dei narcos che non si fermano veramente davanti a nulla. L’aspetto che viene dipinto è forse uno dei più concreti problemi delle popolazioni sudamericane. Il valore della vita umana è raso a zero e non vi è pietá per nulla e nessuno.
Tutto il cash poi andava a finire nella lavanderia di Panama grazie al Generale Noriega. Tutto a portata di mano. Perfetto. Sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria. Poi il denaro ha preso il sopravvento. Cifre esorbitanti che potevano finire alla mercè di tutti. Chiunque vorrebbe la bacchetta magica per diventare ricchi velocemente. A Miami in quell’epoca, la cocaina era la bacchetta magica. Roberts e Munday non fanno che parlare di numeri, cifre altissime guadagnate in un batter d’occhio. Una richiesta sempre crescente e chiunque in grado di soddisfarla al di qua del confine. Questo ha causato la guerra fra spacciatori, una guerra ancora più cruenta poichè non si trattava di professionisti ma di balordi divenuti all’improvviso potenti, e quindi avidi e paranoici.
E’ evidente come il problema fosse stato sottovalutato fino a che non è stata chiara l’entità del business. Finchè i miliardi non vennero a mancare dalle casse d’America. Esentasse. Precedentemente non ci sarebbe stato gioco contro il governo americano che avrebbe potuto spegnere il problema in quattro e quattro otto. A nessuno fregava niente che la cocaina facesse male. Il problema era il business. Quando si sono svegliati era troppo tardi, poichè i colombiani erano in grado di acquistare una armata.
Quando si arriva alla Colombia si pensa al Cartello di Medellin, il più potente di tutti i tempi, e anche se secondo Jon Roberts in Cocaine Cowboys il vero Re della Cocaina era il grasso e incensurato patriarca della famiglia Ochoa, Fabio Ochoa, la superstar di tutti i narcotrafficanti e colui che ha creato la leggenda ha un nome e cognome: Pablo Emilio Escobar Gaviria.
continua…