In occasione dell'inaugurazione della sua mostra alla Galleria Nuages di Milano, abbiamo intervistato il maestro argentino del fumetto, parlando di historietas, di cinema e di musica
Il 3 marzo, presso la Galleria Nuages (via del Lauro 10 – Milano), da molti anni attenta alla valorizzazione dei lavori dei più eminenti artisti del fumetto e dell’illustrazione mondiale, è stata inaugurata la personale di José Muñoz, grande maestro argentino di historietas, con l’esposizione dei disegni realizzati per accompagnare i testi di cinque opere letterarie, ovvero El perseguidor di Julio Cortázar, Las fieras cómplices di Horacio Quiroga, L’étranger‘ e Le premier homme di Albert Camus, Les damnés de la Pampa di Manuel Prado e i Quattro Quartetti di T. S. Eliot.
Quello che segue è il resoconto della lunga chiacchierata fatta con il disegnatore di Buenos Aires, col quale abbiamo parlato di fumetti e arte (ovviamente), ma anche di cinema e musica.
Per scaldarci, ed essendo il Cineocchio un sito fondamentalmente di cinema, Muñoz ha voluto dire la sua sull’attuale invasione dei supereroi americani nelle sale:
Li rispetto ma non li ammiro, perciò spero che gli spettatori si accorgano che continua ad esistere anche dell’altro. Si potrebbe sicuramente fare di più… Rispetto i lavoratori del settore e gli appassionati, ciascuno ha investito i propri affetti in forme e prodotti diversi, ma ci troviamo su sponde opposte, il fiume del fumetto scorre fra noi. Ieri ad esempio, mentre ascoltavo la TV, un giornalista che stava per parlare di fumetti, ha introdotto il servizio dicendo ‘e ora passiamo a cose leggere’… Ci sono fumetti che avvolti, oppure no, in un manto di leggerezza ti lasciano sull’orlo dell’abissale disperazione adulta, ci sono prodotti molto profondi, sofferti e ‘pesanti’, come ad esempio quelli realizzati da me e Carlos Sampayo. L’ignoranza preventiva quando è leggera, risulta pesante. Ultimamente sono diventato un po’ sordo, ma probabilmente è una fortuna, perché rimango più protetto da certe dichiarazioni. Non dobbiamo accettare che i bambini, per il fatto di esserlo, non capiscano nulla, e che gli adulti capiscano tutto, quando in realtà non si capisce niente, sennò che siamo in pieno assurdo progressivo, quindi sbaglia chi pensa che i fumetti siano prodotti semplici per forza.
C’è un giro di soldi pazzesco nel cinema dei supereroi, è un fenomeno gigantesco. Certi sceneggiatori delle storie di supereroi ti dicono ‘abbiamo inventato un nuovo Parnaso, una confraternita celestiale made in America del Nord’, ma hanno soltanto riscoperto l’acqua calda… tutti prendono spunto da qualcosa, dai miti del passato millenario, dalle fisse ossessionanti della specie umana. Ha detto Lacan che se noi tolleriamo la vita è perché sappiamo che dobbiamo morire, altrimenti come potremmo tollerare la Storia? Io, al posto loro, prenderei i soldi e avrei il buon gusto di scappare in silenzio.”
Non dimentichiamoci poi che il campo narrativo di quell’ossessione supereroica ha influenzato alcuni bambini inglesi come Alan Moore e Neil Gaiman, che a loro volta hanno sviluppato in seguito una visione problematica, di autentico spessore, sui supereroi. Frank Miller, che è un disegnatore strepitoso, ha anche riconosciuto l’importanza nella sua formazione di autori come Breccia e Pratt. Miller ha guardato e processato le cose che ha visto e le ha fatte sue. Pensa che una volta ha detto ‘Muñoz è Dio‘… io non l’ho mai conosciuto, lo ringrazio molto, ma qui si esagera: non è vero! Non posso non ringraziarlo, almeno lui ha ammesso di aver preso un po’ d’ispirazione dai nostri lavori, come noi lo abbiamo fatto con i loro. E di questo si tratta: lavorare il meglio che puoi e dare degli stimoli per fare sempre meglio.
Il primo grande blocco del suo talento è emerso lì e noi bambini dell’epoca siamo stati molto fortunati a poterlo ammirare. Ho conosciuto prima le opere di Pratt e poi quelle del suo maestro Caniff. Mi hanno raccontato che Pratt, quando si sono incontrati di persona, si è messo a piangere per la gioia e la gratitudine: così si fa. Ho avuto una grandissima emozione nel vedere delle strisce originali di Terry e di Steve Canyon, ho potuto così apprezzare la sua tecnica del bianco e nero, i rifacimenti con la biacca, la scioltezza delle pennellate: non c’è niente di meglio degli originali, lì si vede perfino la luce di quel remoto pomeriggio nel quale furono fatti “
Sono autori importanti per la mia vita interiore, mi hanno arricchito, guidato nei meandri della loro fantasia, mi hanno aperto porte, e la mia lettura soggettiva delle loro elucubrazioni mi ha segnato profondamente. Quando è arrivata l’opportunità di illustrare i loro scritti, le mie antiche emozioni sono riemerse. Nel caso di Eliot sono invece stato sommerso da questa cataratta di parole prosaiche e poetiche, deliri di senso che si inframmezzano l’uno con l’altro, una pioggia di luci e ombre, tremori adolescenziali e oscurità adulte , tempo, spazio e coscienza arrovellati… tutto questo mi accompagnava mentre disegnavo. E’ l’unico dei testi qui presenti che non conoscevo precedentemente.
Suo figlio Giovanni Damiani, scrittore e regista, recentemente scomparso, aveva deciso di riprendere il lavoro editoriale del padre e mi convocò. L’opera di Eliot mi ha portato nei giardini incantati, nel fruscio delle foglie, nel fragore delle rose che aspirano ad essere la prima rosa, quella che tutte le rose successive tenteranno di evocare. Leggendomi in Eliot ho capito che potevo tentare di lavorarci su. Non è facile essere posseduto, perché non tutto piace a tutti. Anche la vicenda fantastica, terribile, di Charlie Parker narrata attraverso l’anima di Cortázar, ha impressionato molto la sensibilità di Sampayo e la mia. Sono anche interessato alla eventuale pulsione etica dei protagonisti e degli autori, ed ecco ancora Camus, Camus che come Cortàzar ha partecipato a certi climi estetici, psicologici e morali di Alack Sinner, del Bar di Joe, di Sudor Sudaca, di Billie Holliday e di Gardel: ci sono stati sempre vicini, come voci di dentro. Questa è una mostra diversa dalle altre: ho voluto proporre un concetto, e ‘Illustrazioni’ mi è sembrata l’espressione adatta. Illustrarsi mutuamente, ho pensato”.
Nel ’74 abbiamo voluto creare una storia urbana con un detective privato di cinismo, dal cuore intelligente, anche per omaggiare la letteratura di Hammet e Chandler e il cinema statunitense dello stesso livello, che amavamo molto, entrando così in quegli universi nordamericani. Alack Sinner (Ahimè Peccatore) è nato lì. Abbiamo parlato di New York, abbiamo visto vivere questo signore, abbiamo passeggiato con lui per le sue strade. Quest’uomo e i suoi quartieri ci hanno accompagnato durante gran parte del nostro esilio. Così è andato crescendo questo amore comune per il bianco e nero, da me assorbito dai maestri della mia giovinezza, ed abbiamo lavorato su Billie Holiday, sul miracolo del suo talento, sulla tristezza urbana, lo sfruttamento, le ingiustizie, l’analisi politica e sociale della realtà, l’atmosfera noir, l’ineluttabile tendenza al crimine dell’uomo, ma anche sugli inspiegabili interregni di pura gioia creativa, e questo vale anche per Carlos Gardel. Nel nostro cammino noir siamo stati ‘aiutati’ dalla disperazione aggiunta dai massacri di Stato che si scatenavano sull’Argentina. Non avremmo potuto essere leggeri nemmeno volendo”.
Alla domanda se seguisse ancora – e cosa eventualmente – il mondo del fumetto attuale, l’illustratore ha dichiarato: “Certamente. Guardo e leggo con meno fervore di molti anni fa, ma conosco un po’ le scene fumettistiche italiane, francesi e argentine. Il caso della Francia certo è diverso. Lì i fumettari riescono ancora a mangiare con i proventi di quello che realizzano. Qui in Italia invece gli autori devono soprattutto affidarsi all’underground, un po’ come negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60, con Justin Green, Robert Crumb, Art Spiegelman, Kim Deitch… Io guardo anche cose diverse da quelle che realizzo: al di là di quello che potrei effettivamente disegnare, sono interessato anche alla soggettività altrui.”
Mi piace l’uso del linguaggio popolare, pieno di immagini, e la vitalità delle parole. E’ un’altra generazione, e faccio fatica a decodificare alcuni aspetti e cose raccontate, ma penso sia normale. Loro forse faranno più fatica a capire le cose dei miei tempi. Essendo io un disegnatore sviluppato spesso mi è difficile apprezzare appieno un disegno che informa succintamente, senza far vivere le linee e le macchie.”
Giunti verso la fine dell’intervista, Muñoz ci ha parlato dei suoi progetti futuri: “Con Sampayo sto lavorando a una storia ambientata alla fine del XIX / inizio XX secolo a Buenos Aires, all’epoca delle grande ondate migratorie sulle nostre spiagge, e all’arrivo, con loro, degli ideali anarchici. Negli ultimi quattro o cinque anni non ho disegnato molto, sono stato in movimento. In Argentina sono padre, nonno, fratello… ultimamente è stato difficile sedermi e disegnare. Sto lavorando a Barrio Adentro, con testi scritti da Alejandro Garcìa Schnetzer, che uscirà in Francia entro fine anno: un’introspezione affettiva nei miei barrios di Buenos Aires e fra la sua perduta gente, lampi sentimentali e ricordi. Non si tratta di un fumetto, a volte sono testi nati dalle mie immagini, altre immagini nate dai suoi testi, un viaggio negli anni ’40, ’50 e ’60, lavorati dalla memoria. Io mi vedo come un terreno riccamente innaffiato e da lì prendo ispirazione. Sarà un testo con illustrazioni: dei contenuti di questa parola, io prediligo quello di ‘colpo di luce’, luce su un sentimento, una strada, una casa, un lampo che te li fa vedere, che li riporta in vita. Io tento di fare disegni animati, perché hanno dentro un’anima“.
Ed è in questa ormai antica Galleria Nuages, che le anime disegnate, gli animati disegni e noi tutti, che lavoriamo con lei, hanno, abbiamo, sempre trovato rifugio.
Ricordiamo che è possibile ammirare le opere di José Muñoz dal vivo fino al 9 aprile (nella nostra gallery potete vederne alcune).
Per tenervi sempre aggiornati sugli ultimi progetti dell’illustratore di Buenos Aires potete invece consultare il suo sito ufficiale: www.josemunozdessins.com/it