Sci-Fi & Fantasy

L’Eternauta: guida all’interpretazione della serie Netflix, tra controllo, tempo e identità

Tra fantascienza distopica e trauma collettivo

Nel panorama contemporaneo delle narrazioni audiovisive post-apocalittiche, L’Eternauta, adattamento Netflix in 6 episodi (per ora) del celebre graphic novel argentino di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López, si distingue per una complessità strutturale e tematica che supera di gran lunga la consueta dialettica tra umani e invasori (la recensione).

Ambientato in una Buenos Aires colpita da una misteriosa nevicata letale, il racconto si apre su una catastrofe climatica che si rivela progressivamente come il preludio di un’aggressione ben più sofisticata: un’invasione aliena che opera non per forza bruta ma per dissoluzione progressiva della coesione sociale, del libero arbitrio e della percezione del tempo.

L’apparizione iniziale della “neve” — sostanza tossica che uccide al contatto — segna l’inizio di una strategia di annientamento articolata in fasi, apparentemente orchestrata da un’entità sconosciuta. A essa seguono l’interruzione totale delle comunicazioni, la neutralizzazione della tecnologia e l’attacco di creature insettoidi organizzate.

Tuttavia, la svolta decisiva nella logica dell’invasione si compie attraverso l’introduzione di un controllo mentale pervasivo, che si manifesta gradualmente nel comportamento anomalo dei sopravvissuti. L’invasione non è soltanto fisica, ma neurologica e cognitiva: essa si inscrive nei corpi, altera la memoria, smantella l’identità individuale. La violenza aliena opera dunque non solo attraverso creature ostili, ma attraverso l’interiorizzazione del nemico in individui comuni.

Un caso paradigmatico è quello di Clara, figlia del protagonista Juan Salvo. Il suo ritorno alla base familiare, dopo una lunga assenza, è contrassegnato da vuoti mnemonici, oggetti inspiegabili e contraddizioni verbali che suggeriscono una forma di dissociazione cognitiva.

Il fatto che la giovane non ricordi elementi basilari della sua esperienza e neghi di essere stata in luoghi dove altri la collocano indica non solo una potenziale manipolazione mentale, ma anche la fragilità del linguaggio come veicolo di verità. L’ambiguità della sua condizione si compie nella sequenza finale della stagione: la vediamo impassibile, in uniforme militare, addestrarsi all’uso delle armi.

La sua trasformazione da adolescente dispersa a possibile agente dell’invasore incarna il cuore della minaccia: l’invasione che trasforma l’intimo in ostile.

La progressiva perdita di controllo da parte dei personaggi non è limitata alla sfera personale, ma si riflette anche nelle strutture di potere. Le forze militari, apparentemente garanti dell’ordine, si rivelano spesso opache, sospette, e persino strumentali all’invasione stessa. Le gerarchie tradizionali si sfaldano e al loro posto emerge una nuova forma di governance, fondata sulla manipolazione cognitiva e la cancellazione del dissenso. L’alterità aliena si presenta come specchio deformante delle istituzioni umane, suggerendo un’analogia implicita tra controllo esterno e autoritarismo interno.

Tuttavia, L’Eternauta non si limita a sviluppare una critica alla società del controllo. Il suo nucleo più perturbante risiede nella gestione del tempo. Juan Salvo, protagonista della vicenda, è afflitto da visioni che inizialmente appaiono come esiti di stress o trauma. Egli comincia a “ricordare” eventi che devono ancora accadere, a rivivere istanti già vissuti, a sperimentare forme di déjà vu che si collocano al confine tra la psicosi e la premonizione. L’intuizione che progressivamente emerge è che Juan non sia semplicemente stressato o traumatizzato, ma vittima — o custode — di un loop temporale, una spirale narrativa che lo vede intrappolato in una sequenza ciclica di eventi che sfidano la linearità della memoria.

In questa dimensione, il tempo non è più uno sfondo neutro, ma un dispositivo attivo che struttura e deforma la soggettività. Juan si rende conto, infatti, che le sue visioni non sono proiezioni, ma ricordi di un futuro già vissuto. Questa condizione, che richiama la simultaneità temporale esperita da personaggi di altre opere speculative, trasforma l’eroe in una figura tragica, priva di agency piena, capace solo di reiterare percorsi già tracciati, nella speranza di modificarne l’esito. Il tempo ciclico diventa così il vero nemico, più implacabile degli stessi invasori, poiché cancella la possibilità di apprendimento e condanna alla ripetizione.

A rafforzare la struttura simbolica dell’opera è l’apparizione — nel finale — di una figura aliena umanoide, una sagoma oscura dotata di molteplici dita, che emerge da una colonna di luce e sovrintende a un esercito di uomini e creature perfettamente allineati. È l’epifania del potere assoluto: un potere che non impone, ma plasma il desiderio, neutralizza il conflitto, integra il diverso in un ordine superiore. In questa scena, la distinzione tra umano e non-umano si dissolve: Clara, l’“infetta”, è ormai indistinguibile dagli altri; gli insetti non sono più nemici, ma componenti di uno stesso organismo sociale. La guerra non si combatte più: è già stata vinta, dall’interno.

Ma L’Eternauta si distingue da altre narrazioni di invasione per un ulteriore livello di lettura, meno evidente ma decisivo. L’opera è pervasa da una consapevolezza metanarrativa, che si manifesta nel rapporto tra autore e personaggio.

Il protagonista, nel momento in cui ricostruisce mentalmente gli eventi, si avvicina alla figura dello scrittore, del testimone, di colui che cerca una spiegazione trasformando l’esperienza in racconto.

In tal senso, il viaggio di Juan non è solo una lotta per la sopravvivenza, ma un atto di resistenza narrativa: contro l’oblio, contro la manipolazione, contro l’omologazione.

Il dispositivo fantascientifico, in ultima analisi, serve a raccontare la crisi dell’identità e della memoria in un contesto post-traumatico. La fine del mondo coincide con la dissoluzione dei legami affettivi, con la perdita di fiducia nel linguaggio e nelle istituzioni, con l’impossibilità di distinguere l’amico dal nemico. Ciò che minaccia l’umanità non è l’altro, ma la perdita di sé. In questa prospettiva, la nevicata letale che dà avvio alla vicenda non è solo un evento atmosferico straordinario, ma l’allegoria di un’apocalisse intima e collettiva, un varco attraverso il quale ogni certezza viene riscritta.

La prima stagione si chiude in sospensione, con la promessa di un seguito che potrà esplorare nuove dimensioni dell’intreccio. Ma ciò che rimane è già sufficiente a restituire un’immagine potente del nostro tempo: quella di un’umanità fragile, esposta, priva di coordinate, che può salvarsi soltanto riconoscendosi nel proprio stesso racconto. Perché, in fondo, resistere — come scrivere — significa ricordare chi si è, anche quando tutto sembra congiurare per farcelo dimenticare.

Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di L’Eternauta, a catalogo dal 30 aprile:

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Published by
William Maga