Cerchiamo di capire i punti di contatto tra la seminale opera 'di samurai' di Kazuo Koike e Goseki Kojima e lo show in live action di Star Wars curato da Jon Favreau e Dave Filoni
Un uomo solitario si erge contro un impero in declino. Al suo fianco c’è un pargolo, apparentemente innocuo e completamente vulnerabile se non ci fosse un grande guerriero al suo fianco. Se, prevedibilmente, avete già visto in qualche modo alla serie space-western The Mandalorian (nonostante il canale Disney + in Italia arriverà solo il 31 marzo …) potreste aver pensato che stessimo parlando dell’episodio 2 dello show, Chapter 2: The Child, incentrato sull’eroe del titolo (Pedro Pascal) e il suo ultimo ‘incarico’, un giovane esserino alieno che sembrerebbe appartenere alla stessa misteriosa razza del leggendario Maestro Jedi Yoda. Invece, il riferimento era alla premessa di Lone Wolf and Cub (Kozure ōkami), uno dei manga più popolari e iconici di tutti i tempi e tra le principali – e più riconoscibili – influenze sulla storia inaspettatamente tenera del primo show live-action collegato al mondo di Star Wars.
Lone Wolf e Cub ha debuttato negli anni ’70 proprio come Guerre Stellari, iniziata però nel 1977 con Una Nuova Speranza (A New Hope). George Lucas è sempre stato molto aperto circa l’impatto che lo storytelling giapponese ha avuto sul suo lavoro, dagli fantastici archetipi di La Fortezza Nascosta di Akira Kurosawa – che il regista ha ampiamente saccheggiato per il primo capitolo della saga degli Skywalker – alle storie di samurai come quelle di Zatoichi, che hanno modellato il tono e la tensione narrativa. Non sorprende quindi che, ancora una volta, per la loro galassia lontana, lontana, gli sceneggiatori di The Mandalorian abbiano scavato tra quei titoli che hanno ispirato l’uomo che l’ha inizialmente pensata. E in effetti, l’introduzione di ‘Baby Yoda’ sembrerebbe essere il cenno più diretto a Lone Wolf and Cub da quando George Lucas ha preso la Principessa, il Generale, e il bizzarro duo comico del capolavoro del maestro giapponese del 1958 e li ha gettati nelle profondità dello spazio.
Pubblicata nel corso di sei anni, Lone Wolf and Cub ebbe un così grande successo in Giappone che, appena due anni dopo il suo debutto, vennero distribuiti ben tre film di genere chanbara basati sul manga seinen di tipo Gekiga. L’attore Tomisaburo Wakayama vestì i panni di Ogami Ittō in Lone Wolf and Cub: Sword of Vengeance, Lone Wolf and Cub: Baby Cart at the River Styx e Lone Wolf and Cub: Baby Cart to Hades. Tutti e tre seguono le avventure disperate del ronin errante e del suo bambino mentre affrontano la dura vita del tempo sui sentieri della logora epoca Edo. In seguito sarebbero arrivati altri tre lungometraggi, altrettanto insoliti per l’inusuale abbondanza di sangue, violenza e dramma, nonostante la presenza di un bambino come personaggio principale. Proprio come nel manga, i film sono un mix di azione ‘da samurai’ e dramma familiare sincero, col protagonista che cerca di trovare un posto sicuro per se e il figlio mentre tirano avanti non disdegnando di smembrare e decapitare gli uomini malvagi che incontrano.
Naturalmente, sono palesi – almeno agli occhi di chi conosce il manga di Kazuo Koike – altre connessioni ovvie, come il Mandaloriano e Ogami Ittō che sono entrambi killer a pagamento e Daigorō e il giovane alieno che – oltre a spostarsi con una culla / carretto – sono entrambi molto meno deboli e vulnerabili di quanto sembri a un primo sguardo. Se pensiamo al di fuori degli stereotipi e degli archetipi stabiliti dalla rivoluzionaria serie disegnata, ci sono alcune scelte narrative e somiglianze di tono più sottili e interessanti che potrebbero essere in grado di anticipare i futuri sviluppi di The Mandalorian.
Con 28 volumi complessivi che coprono oltre mezzo decennio di pubblicazioni (e quasi 9.000 pagine in tutto), è difficile evidenziare tutto ciò che rende Lone Wolf and Cub così straordinario – motivo per cui dovreste leggerlo! -, ma ci sono almeno un paio di elementi chiave che sembrano poter entrare in gioco nello show.
Sviluppo ‘a combustione lenta’ sarebbe un eufemismo parlando dell’evoluzione evocativa e spesso fluida di The Mandalorian. Un aspetto in cui sguazza Lone Wolf and Cub, specialmente durante una delle battaglie più epiche mai disegnate su carta. Prodigio tecnico di narrazione sequenziale, il duello finale tra Ogami Ittō e la sua nemesi dura infatti la bellezza di 178 incredibili pagine. Gli sceneggiatori Jon Favreau, Dave Filoni, Christopher Yost e Rick Famuyiwa sono chiaramente fan della creazione di Kazuo Koike e Goseki Kojima, e sebbene sia assurdo pensare che useranno in futuro – magari nella seconda stagione – un intero o addirittura più episodi per raccontare uno scontro decisivo (magari col Moff Gideon di Giancarlo Esposito), possiamo forse auspicare che non si limiteranno almeno a pochi miseri istanti. E dopo gli 11 minuti senza dialoghi in apertura della 1×02, è palese che il team di The Mandalorian non avrà paura di osare altre soluzioni altrimenti poco ‘convenzionali’ per un’opera legata a Star Wars.
Durante il climax dell’epico racconto di Kazuo Koike e Goseki Kojima, Ogami Ittō muore dopo essere stato sabotato da un ninja avversario, ma è Daigorō che finisce per affrontare Retsudō, l’uomo che suo padre considerava IL nemico. La battaglia termina con Retsudō che cede la sua vita al giovane in un momento emotivo e intimo, ponendo fine alla guerra tra i clan che ha perseguitato l’intera vita del ragazzo.
The Mandalorian potrebbe seguire un simile percorso, magari per 28 episodi? Sappiamo che l’influsso di Baby Yoda su Mando è potente e che il protagonista lo considera quasi alla stregua di un figlio ormai (o almeno di un nipotino …), importante al punto di rivedere il suo intero sistema di valori, quindi potrebbe spingersi fino al punto di rinunciare alla sua vita per il bene di una persona cara?
Dopo tutto, non dovrebbe essere proprio questo il vantaggio di un servizio di streaming come Disney +? Ovvero la possibilità di fare scelte rischiose o insolite come adattare liberamente una sequenza di combattimento lunga 200 pagine o uccidere un personaggio chiave? Saremo ingenui, ma vogliamo credere che la serie non sia stata messa in piedi solo per vendere nuove linee di giocattoli.
In ogni caso, qualunque siano le decisioni creative che verranno, in attesa della messa a catalogo della seconda stagione di The Mandalorian dovreste cercare di recuperare almeno il manga (tradotto in italiano) o anche i sei adattamenti per il cinema (mai usciti qui da noi …) di Lone Wolf and Cub. Il tempo passerà più veloce.
Di seguito il trailer internazionale di The Mandalorian: