In occasione dell’arrivo in sala di Split, la nostra redazione ha votato le opere più significative del regista americano di origini indiane nei suoi 25 anni di carriera
Dopo aver diretto e prodotto The Visit nel 2015, M. Night Shyamalan torna nelle sale italiane con un nuovo thriller denso di inquietudine, Split (qui la nostra recensione) con protagonista James McAvoy (qui le 30 cose da sapere sul talentuoso attore scozzese). Per l’occasione, abbiamo quindi deciso di ripercorrere la carriera del regista di origine indiana e di proporvi le pellicole che più abbiamo apprezzato, sottolineandone gli aspetti stilistici che abbiamo ritenuto più importanti.
Se molti sono dunque i film validi all’interno del corpus del filmmaker – di realmente poco riuscito vi è forse solo L’ultimo dominatore dell’aria (The Last Airbender) -, abbiamo deciso di eseguire una difficoltosa cernita e selezionare quelli che riteniamo essere i 3 migliori film diretti da Shyamalan:
Tra psicologico e paranormale, man mano che il regista e sceneggiatore procede con la narrazione, lo spettatore è sempre più proiettato in una realtà straniante e oscura, quella percepita dal bambino dai poteri medianici che può percepire la presenza di spiriti, senza possibilità di requie. Il sorprendente colpo di scena finale, non solo lascia un indelebile ricordo nello spettatore, ma rappresenta un elemento che caratterizzerà lo stile narrativo di Shyamalan nelle opere successive, diventa il suo ‘marchio di fabbrica’.
Un gruppo di personaggi, tra cui l’insegnante liceale Elliot Moore (Mark Wahlberg) e la moglie Alma (Zooey Deschanel), cercano disperatamente la salvezza nella Pennsylvania rurale (luoghi dove vengono girati praticamente tutti i lungometraggi di Shayamalan). Ma esiste veramente un luogo dove la natura, e gli alberi che ovunque sono, non possano raggiungerli? Particolarmente scioccanti sono alcune sequenze di suicidio, tra cui quella perpetrata attraverso il ripetuto pugnalarsi con un fermaglio per capelli o la ‘pioggia’ di corpi dal tetto di un edificio.
Toccando diverse problematiche, la pellicola riflette su questioni come fede, scienza e credenze popolari e sviluppa un’inedita lettura dell’invasione extraterrestre, che riesce a comunicare quell’angoscia legata all’arrivo di un popolo sconosciuto da mondi lontani, nonché la variegata reazione di coloro che vivono tale contatto con terrificante apprensione. Certo, l’alieno è leggibile anche in chiave psicologica come paura verso l’estraneo, e quindi non necessariamente solo dallo spazio profondo, che è percepito come pericolo dalla società stessa.