Joaquin Phoenix non brilla in un adattamento che - nonostante i premi a Cannes - ricorda più che altro una copia sbiadita di Drive
Estremamente ambizioso in termini di estetica e di concettuosità, A Beautiful Day – You Were Never Really Here, diretto e adattato dalla scozzese Lynne Ramsay (che torna alla regia a sei anni da … e ora parliamo di Kevin) da un romanzo di Jonathan Ames, affascina per la meticolosità con cui è strutturata via via la narrazione, ma si rivela a uno sguardo più attento e smaliziato un revenge movie inconsistente.
La storia, volutamente scioccante, è incentrata su Joe, una detective privato incarnato da un ruvidissimo Joaquin Phoenix, che viene assoldato da un senatore per riportare a casa quella che dichiara essere la figlia minorenne, Nina (Ekaterina Samsonov), scappata di casa dopo la morte della madre e finita in un turpe giro di prostituzione minorile. Dunque l’uomo si appresta, dopo una dilatatissima preparazione, ad addentrarsi nell’edificio in cui è rinchiusa la ragazzina e, dopo aver ucciso brutalmente un paio di scagnozzi e qualche cliente, finalmente la trova e la porta via con sé.
La primissima sensazione guardando A Beautiful Day – You Were Never Really Here è che Lynne Ramsay abbia voluto in ogni modo conferire al suo film quell’aura di ermetico intellettualismo che tanto è acclamata da una certa critica, un po’ superficialmente alle volte; è però quello che in gergo popolare potrebbe definirsi uno specchietto per le allodole.
Si vorrebbe infatti replicare in molti aspetti quell’estrema cerebralità e raffinatezza di alcuni film di Nicolas Winding Refn, in particolare di Drive, ma quell’enigmaticità che al regista e al suo protagonista, Ryan Gosling, riusciva perfettamente, nel suo doppio che fa capo all’accoppiata Ramsay/Phoenix, risulta fin troppo astruso, strambo e, soprattutto, forzato.
Anzitutto c’è il personaggio centrale, Joe, un emarginato come lo stuntman interpretato dall’attore londinese, la cui psicologia e mimica sembra qui essere replicata pedissequamente da Joaquin Phoenix (che si aggira peraltro a lungo per le vie della città con la sua macchina); pare quasi di essere davanti a un clone, fatto che lascia ancor più perplessi se si pensa alle indiscutibile abilità attoriali di quest’ultimo. Il suddetto sa certo affrontare con ottimi risultati ruoli complessi, si pensi solo a The Master di Paul Thomas Anderson, ma qui le sue capacità indubbiamente non vengono esaltate.
La colpa però non è da attribuire a Phoenix, che prova in ogni modo a dar profondità alla sua parte (che gli è incredibilmente valsa il premio come Miglior attore all’ultimo Festival di Cannes …), ma a chi lo dirige e ha scritto la sceneggiatura (sempre premiata alla recente manifestazione francese …), che in primo luogo forza ogni gesto ed espressione del personaggio; la refniana centellinatura degli scambi verbali, come se ogni parola fosse divina rivelazione, peggiora il tutto. In secondo luogo, ricorre a una singolare declinazione del montaggio alternato, in una combinazione di presente e repentino scorcio sul passato quale digressione evocativa, che però ha il risultato di riuscire straniante – non in senso positivo – e di appiattire con le continue interruzioni dell’azione la psicologia di Joe.
L’inserimento delle traumatiche memorie di questi appaiono d’altro canto un mero escamotage per inserire un’ulteriori problematizzazione, tesa a suscitare suggestione, del protagonista, tra trascorsi come militare in una non specificata missione e violenze di quando era un bambino; i ricordi tuttavia sono talmente abbozzati da comunicare molto poco.
Ne è esempio emblematico un bagno nel fiume con cadavere a cui si fonde una messianica visione della futura missione, o meglio di uno scopo esistenziale, che risulta però piuttosto grottesca nella sua pretesa d’intellettualismo metaforico. In ultimo, lo snobismo manierista di cui è pervaso A Beautiful Day – You Were Never Really Here determina l’omissione di ogni dettaglio cruento: scelta assurda come molte altre, in un film incentrato pressoché solo su un brutale vendicatore che picchia bestialmente chiunque intralci il suo cammino con mazze, martelli e a mani nude, la violenza è lasciata sempre fuori campo.
Sebbene dunque ci sia una certa abilità registica, Lynne Ramsay nell’eccessiva ricerca di autorialità perde di vista il quadro complessivo, sprecando il discreto materiale di partenza e un ottimo attore come Phoenix, in un nebuloso pastiche machiavellico marcatamente artefatto.
Di seguito trovate il trailer internazionale di A Beautiful Day – You Were Never Really Here: