Kogonada guida le sue star tra porte del passato, un'estetica curata e una scrittura che non trova la profondità promessa
A Big Bold Beautiful Journey – Un Viaggio Straordinario si presenta come l’ennesimo film-evento, forte di un cast irresistibile (Colin Farrell e Margot Robbie), di un regista dalla mano raffinata come Kogonada e di una premessa che strizza l’occhio al cinema fantastico e sentimentale dei tardi anni ’90.
Eppure, quello che doveva essere un omaggio poetico alla memoria e alle seconde possibilità si rivela un progetto fragile, prigioniero di un’estetica zuccherosa e di un sentimentalismo manierato che mina sia la credibilità della storia che l’impatto emotivo.
Il film poggia su un’idea potenzialmente feconda: due sconosciuti vengono guidati da un GPS “magico” attraverso porte misteriose che li conducono dentro episodi fondativi del loro passato. Il viaggio si traduce così in una mappa sentimentale, un confronto con i lutti, i rimpianti e gli amori falliti che hanno segnato i protagonisti. Una struttura che richiama dichiaratamente Eternal Sunshine of the Spotless Mind, ma senza la crudezza, l’ambiguità e la ricchezza psicologica che rendevano quel modello memorabile. Qui ogni passaggio appare levigato, ordinato, senza lacerazioni reali: i personaggi rivivono i propri traumi come diapositive, li osservano più che affrontarli, e la catarsi che dovrebbe derivarne resta artificiale.
L’accoppiata Farrell-Robbie, pur solida sulla carta, fatica a trovare una chimica autentica. I loro David e Sarah non sembrano individui complessi ma archetipi da commedia romantica: lui è il solitario malinconico, lei la donna affascinante che teme di ferire e di essere ferita. Le loro confessioni, le loro fragilità, i loro ricordi dolorosi non scavano mai oltre la superficie. Non è un caso che molte critiche abbiano sottolineato come i problemi della coppia avrebbero potuto risolversi più credibilmente con una terapia di coppia piuttosto che con porte dimensioni e orpelli magici.
Il difetto principale di A Big Bold Beautiful Journey non sta solo nella sceneggiatura debole, ma nella sua incapacità di dare sostanza a un concetto universale: il passato che plasma l’amore presente. Il film sembra credere che bastino due attori bellissimi, qualche dialogo aforistico e un’estetica “indie” per costruire un racconto universale, ma finisce per risultare presuntuoso e, paradossalmente, poco sincero.
Il risultato è un’opera che prova a evocare Gondry, Kaufman e Jonze, ma ne imita solo la superficie. Laddove quei film usavano l’assurdo e la fantasia per scavare nel dolore, Kogonada e Seth Reiss confezionano un prodotto che somiglia a un’istantanea filtrata: gradevole da guardare, priva di profondità. La magia delle porte non apre universi interiori, ma solo set costruiti con grazia, e il grande viaggio promesso resta un itinerario senza vera destinazione.
In definitiva, A Big Bold Beautiful Journey è un film che annuncia emozioni e poesia ma non riesce a conquistarle. La sua fragilità sta nel voler apparire “grande, audace e bellissimo” mentre si rivela piccolo, prevedibile e manierato. Un esercizio di stile che conferma come il cinema della memoria e dei sentimenti non viva di metafore urlate ma di verità interiori, quelle che qui restano chiuse dietro porte che, ironicamente, nessuno osa davvero aprire.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di A Big Bold Beautiful Journey, nei cinema dal 2 ottobre: