L'attrice britannica esordisce alla regia di un'opera ambiziosa e 'strana', che vede l'esperta Imelda Staunton inquietante mattatrice
Gli attori/attrici trasformati in registi non sono eventi rari nell’industria cinematografica, con molti interpreti esperti che si sono almeno una volta presi la briga di passare dietro alla mdp nel corso della loro carriera, da George Clooney, Ben Affleck, Tom Hanks, Warren Beatty, fino a Denzel Washington, con alcuni di loro che ci hanno anche preso gusto, pensiamo a Greta Gerwig, Clint Eastwood, Ron Howard e Jordan Peele.
Generalmente, la maggior parte di questi filmmaker (con alcune eccezioni importanti, vedi il regista di Scappa – Get Out) tendono a rimanere in territori per lo più familiari, dirigendo opere che rimangono ‘vicini’ alle precedenti prove da protagonisti. La carattterista britannica Romola Garai, che per molti non risulterà un nome noto, è apparsa qua e là in ben 42 titoli, tra film d’amore e show tv nel corso degli ultimi due decenni, ottenendo persino due nomination ai Golden Globe per i suoi ruoli da protagonista nelle serie Emma e The Hour. Ci si potrebbe aspettare che la sua prima incursione nella regia possa/debba quindi proseguire nel solco della ‘tradizione’, o magari anche con un adattamento di Jane Austen … E invece no. La 37enne ha optato per l’horror Amulet.
È difficile sintetizzare Amulet in modo conciso o accurato, in quanto è semplicemente uno di quei film in cui il set-up principale viene apparecchiato abbastanza presto, lasciando la rimanente ora di durata piena di colpi di scena e svolte improvvise capaci sì di scioccare e disgustare lo spettatore, eppure, in qualche modo, anche di portare con sé uno strano, sadico senso di divertimento per il suo incedere deformato. Romola Garai realizza così uno di quei piccoli horror low budget intimi e inquietanti, capaci di coinvolgere ‘fisicamente’ chi guarda solamente col suo tono e lo stile delle riprese.
Fotografato in una palette neutra e sfumata, Amulet emana immediatamente un’atmosfera di disagio e quasi ‘drogata’, per il modo in cui segue il traumatizzato Tomaz attraverso una Londra completamente priva di fascino e brutta. In effetti, si potrebbe arrivare addirittura a definire l’intero film come davvero ‘sgradevole’, ma in un modo molto deliberato ed efficace che si sviluppa lentamente, ma fermamente, in qualcosa di molto più audace e complesso di quanto ci aspetteremmo dalla sua premessa . È cupo, cattivo e spietato (non è un caso che sia stato classificato R-Rated), non trattenendosi mai dal mostrarci tutto ciò di cui ha bisogno in tutta la sua orribile gloria, e contorcendolo per riflettersi nuovamente sul pubblico.
Avendolo visto in La terra di Dio – God’s Own Country del 2017, non esiste un ruolo che avrebbe potuto essere più in antitesi rispetto a quello per Alec Secăreanu. Infuso del terrore permanente che deriva dai ricordi della guerra, il suo Tomaz viene presentato come un uomo distrutto, e attraverso i flashback, agli spettatori viene mostrata la catena di eventi che lo hanno portato al limite. È un affascinante arco narrativo che ci lascia con una specie di senso di colpa per aver visto così chiaramente il suo passato. È una prova tormentata e angosciante quella dell’attore romeno, che scava in quello che un uomo può arrivare a compiere in certe situazioni.
In effetti, Amulet è piuttosto cupo. Lavorando come una critica all’immigrazione, alla guerra, alla cultura dello stupro (sicuramente un avvertimento per coloro che cercano di evitare questo scomodo tema) e alla religione, Romula Garai sceglie di affrontare parecchio materiale pesante con il suo primo lungometraggio e, per lo più, va a segno. Ci sono sicuramente elementi toccanti che si perdono un po’ nei relativamente pochi 99 minuti del film, ma ciò che funziona, fa miracoli nel creare una fonte di terrore davvero intensa.
Il finale di Amulet ci porta poi in luoghi ai quali nemmeno i colpi di scena del secondo atto ci preparano, e che sicuramente qualcuno potrà trovare inaspettati e assurdi, ma il tono folle, sul filo del sopra le righe che assume nei suoi ultimi momenti punteggia un film denso, spietato e con un po’ umorismo macabro che probabilmente porteranno i più a sorridere e ansimare. È decisamente strano, e questo è ciò che lo rende anche così piacevole da guardare. Tutti i nodi arrivano al pettine, contribuendo a definire Romola Garai come una giovane promessa da tenere sotto sorveglianza. Ci sono alcune tematiche e gesti che si perdono nella traduzione sullo schermo, ma per un debutto così ambizioso e particolare, non si può dire che il risultato sia deludente.
Di seguito il trailer internazionale di Amulet, che è stato distribuito nei cinema americani e in VOD il 24 luglio: