E' cambiato qualcosa mentre ero via?
“Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri film.”
Per quanto la passione verso il Cinema e le Serie TV possa essere forte in una persona, dopo cinque anni passati a vedere ogni film uscito in sala, mi sono trovato in una fase transitoria della mia vita. Le mie collaborazioni nel campo di Costume e Spettacolo avevo preso una direzione differente: passai dal guardarli, allo scriverli.
Il distacco fu netto, ma ciò che mi condusse al traguardo di aver visto oltre mille film (NDR: Shame-Shame-Shame per non aver mai realizzato una lista su IMDB di ciò che ho visto negli anni) si arenò. Messo davanti a un foglio di Word vuoto in cui scrivere le mie storie, calò in me la voglia e il desiderio di vederne altri. Con la lucidità del “poi”, sono convinto che in questo peridio ho riscoperto un aspetto di questa passione che ci accomuna: il poter vedere solo ciò di cui avevo realmente voglia!
Costretto a vedere tutto ciò che l’industria cinematografica proponeva, avevo perso il gusto di poter scegliere. Un gusto che diamo giustamente per scontato, ma che con la trasformazione di una passione in un lavoro, non avevo più assaggiato.
Sono passati due anni da quel momento e, fortunatamente, quella frase scritta da Petrarca oggi la comincio a sentire nuovamente più vicina. Arrivati alla fine dell’anno, si è sempre pronti a fare una classifica di quello che abbiamo visto. Colleghi e amici propongono ciò che ha caratterizzato i loro 12 mesi; nel bene e nel male.
Non mi sento nella posizione di poter valutare tutte le uscite del 2016, mancandomi molti tasselli, ma vorrei spostare il focus su un aspetto più generale: cosa è cambiato in sala nei miei due anni di “assenza”?
Partendo dal cinema nostrano, la sentenza è inclemente: nulla. Purtroppo nel nostro paese non esiste una vera e propria industria cinematografica paragonabile a quella americana. I produttori sanno che in Italia vanno solo due generi di pellicole e sono pochissimi quelli disposti a rischiare qualcosa di azzardato fuori dagli schemi già rodati.
Il cinema italiano ha il suo “massimo splendore” a Natale, e per quanto possa continuare a mangiarmi il fegato pensando ai titoli della Wildside (NDR: una veloce googlata sulla società di produzione alla quale mi riferisco vi farà capire cosa intendo dire), mi devo inchinare al successo di Fausto Brizzi e Marco Martani. Prendendo i dati dei botteghini italiani relativi alla settimana di uscita di Rogue One – A Star Wars Story, “Poveri Ma Ricchi” si assesta in quarta posizione con quasi un milione di euro di incasso.
Persone che di povero hanno solo i contenuti che propongono, ma molto ricche dato che gli italiani hanno deciso di premiarli nuovamente. Arrivati a questo punto, sono da biasimare coloro che propongono un genere di contenuti apprezzati dalle persone o quelle stesse che vanno al cinema a vederlo?
Ci meritiamo film del genere ed è giusto che continuino ad esistere finché ci saranno persone che davanti alla locandina di uno dei migliori Star Wars mai realizzati, preferisce andare a vedere il nuovo film di Aldo, Giovanni e Giacomo scongelati dal freezer dei ricordi da dimenticare.
In un editoriale per il Cineocchio su Cinema e Videogiochi scrivevo: “…l’Ars Gratia Artis è morta secoli fa…” e continuo a sottolinearlo.
Massimo rispetto nei loro confronti, ma come può non rimanere un sorriso amaro quando ci si deve confrontare su temi tratti da fumetti e videogames? O, per citare un avvenimento del 2016, quando un’eminenza grigia sentenzia Quentin Tarantino? Sarebbe come chiedere a Dr. Dre di analizzare il requiem di Mozart dopo che ha passato del tempo a perfezionare il suo beat mentre continuava ad amare la strada. Still…
Questa distanza creatasi tra “cosa piace al pubblico” e il parere espresso da chi di “cinema ne capisce” continua a crescere nel corso degli anni.
Sotto il vestito del critico, in alcuni casi, c’è ancora una persona in grado di sentirsi “comune” che cerca la risposta alla domanda che tutti ci poniamo usciti da una sala: ‘Ci siamo divertiti?‘
Se la risposta è sì, possiamo anche aver visto un’ora e mezza di scoregge e gag banali e magicamente il parere del pubblico sarà sempre diverso da quello di un critico (NDR: magari l’augurio di estinzione si potrebbe estendere anche a una fetta di pubblico nostrano, ma non siate maliziosi; il Male non lo si augura, lo si fa).
La situazione attuale vede quindi una stagnazione della creatività, dovuta a un maggior interesse nel ritorno degli investimenti in terreni più congeniali, e una frizione tra pubblico e critica che continuerà a deteriorasi con il passare del tempo.
Sul fronte estero, americano principalmente, voglio partire dalla lista promulgata da IMDB relativa ai film più cliccati del 2016:
Cinque film tratti da graphic novel, 4 remake e uno tratto dai videogiochi. Da notare che la lista riassume le pagine relative ai film più cliccati, non i più votati dal pubblico.
Non è una novità che stiamo vivendo gli anni d’oro dei cinecomics. I blockbuster di Hollywood hanno una direzione chiara e, dato il grande successo di pubblico riscosso, continuano ad aumentare le case di produzione che puntano su questo genere. Quello che ho notato negli ultimi due anni è una ricerca a tappeto di tutti i titoli meno conosciuti nel vasto mondo della nona arte.
Da grande appassionato non posso che esserne felice e, per quanto siano passati gli anni in cui ero fin troppo suscettibile allo stupro intellettuale quando vedevo una dissonanza tra ciò che conoscevo e ciò che veniva reso, sono arrivato a una conclusione che molti condivideranno.
I fumetti sul grande schermo hanno una vita loro. Alcuni di noi sono cresciuti leggendo quelle tavole su i mezzi pubblici, quando ancora la gente ti guardava storto se durante l’adolescenza ti piacevano ancora quelle cose da bambini, e per quanto possiamo esserne affezionati, i cinecomics hanno raggiunto una dimensione tutta loro.
Se una decina di anni fa un costume diverso da quello che conoscevamo ci faceva imbufalire, ora quello che importa è una storia coerente e un personaggio verosimile.
Perché un personaggio secondario come Iron Man della Marvel ha avuto così tanto successo al cinema (NDR: dimentichiamoci Iron Man 3 e qualche pezzo del 2)?
Il successo deriva da una perfetta alchimia tra l’interpretazione dell’attore selezionato per il ruolo, una storia accattivante e una presentazione che non ha fatto storcere il naso quasi a nessuno.
Questo è quello che chiediamo ai fumetti resi film.
Ci riproveranno nonostante tutto? Indubbiamente le grazie di Margot Robbie intenta a raccogliere oggetti per terra aiuteranno nel trascinare persone in sala, ma rimane un fattore imbarazzante che l’unico personaggio in grado di brillare tra quella accozzaglia suicida sia solo lei.
La notizia più interessante da questo universo sul grande schermo viene da Deadpool. L’enorme successo della pellicola ha finalmente dimostrato che una pellicola Rated R (NDR: la scaletta di censura americana che vieta l’ingresso in sala a una porzione del pubblico) può funzionare e incassare di più del tanto odiato PG13.
Il secondo film sul giudice di strada Dredd ne fu un precursore in questo. Per quanto la pellicola non sia riuscita ad incassare molto, sfido chiunque l’abbia visto e letto il fumetto a non esserne uscito entusiasta!
Aspetto con curiosità il capitolo conclusivo di Wolverine-Jackson; nonostante le speranze siano ben poche dato quanto amo Old Logan (NDR: un film su Hulk-redneck-cannibale-incestuoso era troppo da chiedere).
Eviterò la solita retorica sul problema reboot-remake. Sono anni che Hollywood preferisce puntare su delle rivisitazioni di alcuni classici. Si sono spese fin troppe battiture a riguardo e non c’è nulla che possiamo fare. In un mercato dove conta il profitto, riportare in sala “vecchi clienti” avrà sempre la meglio su i nuovi progetti.
Loro due, insieme a James Franco, sono una costellazione in grado di produrre tutto quello che gli passa per la testa e non vedo l’ora di vedere come continueranno “Preacher” dopo il lungo preambolo della prima stagione.
I want to believe…
Questo ci porta alle “buone intenzioni per l’anno nuovo”.
I miei buoni propositi vedono l’avvicinarsi sempre di più di una vecchia passione che si legherà a una esistente: i manga sul grande schermo occidentale.
Il trailer di “Ghost in the Shell” ha aperto uno spiraglio in questo e se da un lato i fumetti americani hanno reso così tanto, c’era da aspettarsi che l’attenzione si sarebbe spostata su quelli orientali facendo approdare ad Hollywood un genere di nicchia molto florido nei paesi orientali.
Come riuscirà a legarsi la quadrata produzione occidentale alla sensibilità orientale per evitare brutture in stile “Oldboy” di Spike Lee?
Una domanda alla quale non ho risposta, ma molte speranze. Se queste pellicole avranno un’ottima accoglienza, potremmo vedere nel prossimo futuro un fiorire di progetti che ci faranno dimenticare gli errori del passato (coff… coff.. Dragon Ball del 2009).
“All I really want from Christmas this year…” è vedervi in sala nel 2017, magari uno di fianco all’altro senza conoscersi.
Buone feste e un felice anno nuovo a tutti i lettori del Cineocchio!