Azione & Avventura

Crater (2023): la recensione della fanta-avventura per ragazzi con Mckenna Grace

Un racconto di formazione che diverte senza banalizzare, capace di parlare di perdita e disuguaglianza con una leggerezza sorprendentemente matura

Crater occupa una posizione singolare nel panorama dei film destinati direttamente allo streaming: non è l’opera che fa rimpiangere una distribuzione in sala come occasione mancata, ma neppure un prodotto impersonale progettato per esistere solo come contenuto.

Diretto da Kyle Patrick Alvarez, il film utilizza la struttura dell’avventura adolescenziale per costruire un racconto di lutto, amicizia e disuguaglianza sociale, scegliendo la Luna come spazio simbolico più che spettacolare. Il risultato è un’opera leggera nell’andamento, ma attraversata da una malinconia che parla direttamente al presente.

Nel 2257, Caleb vive in una colonia mineraria lunare insieme al padre Michael, morto durante un turno di lavoro. Alla tragedia privata risponde un sistema impersonale che trasforma la perdita in beneficio amministrativo: al ragazzo viene assegnato un posto per Omega, un pianeta lontanissimo e idealizzato, raggiungibile dopo settantacinque anni di viaggio in sonno criogenico. Caleb non invecchierà, ma al risveglio non avrà più legami, né memoria condivisa. La promessa di riscatto coincide con l’annullamento del presente, ed è da questo paradosso che nasce l’azione del film. Prima di partire, Caleb decide di raggiungere un cratere che il padre desiderava visitare, coinvolgendo gli amici Dylan, Borney e Marcus. A loro si unisce Addison, appena arrivata dalla Terra, figlia di uno scienziato e unica in grado di fornire i codici per rubare un veicolo lunare durante un blocco imposto da una pioggia di meteoriti.

La dinamica del viaggio richiama apertamente il cinema di formazione classico, ma Crater non si limita a trasporre un modello in un’ambientazione futuristica. La Luna non è uno spazio dell’ignoto, bensì un luogo iper-regolato, progettato per produrre e controllare. I ragazzi nati nella colonia parlano e si comportano come adolescenti contemporanei perché non possiedono una cultura autonoma: il loro tempo è rimasto sospeso. L’incontro con Addison diventa allora centrale. Le sue risposte alle domande più semplici, sul cielo terrestre o sulle abitudini quotidiane, rivelano quanto sia stato sottratto a chi è cresciuto sotto una cupola artificiale. Il film costruisce così il suo mondo attraverso il dialogo, senza spiegazioni didattiche, lasciando emergere un sistema fondato su promesse continuamente rinviate.

L’avventura mantiene una componente ludica evidente. Le corse con il rover, i giochi in assenza di gravità e le esplorazioni di strutture abbandonate restituiscono il piacere del movimento e della scoperta. Tuttavia Alvarez non lascia che l’euforia diventi evasione totale. Quando l’ossigeno scarseggia o un errore rischia di trasformarsi in tragedia, il film ricorda che l’impulsività adolescenziale nasce spesso da una mancanza di prospettive. Il pericolo reale non è lo spazio, ma l’idea di un futuro già scritto. In questo equilibrio tra gioco e rischio, Crater trova la sua tensione più autentica.

Sotto la superficie dell’avventura, il film articola un discorso sociale sorprendentemente esplicito. La colonia lunare è un sistema di lavoro che vincola intere famiglie a contratti presentati come temporanei, ma di fatto permanenti. Omega rappresenta il premio per pochi eletti, mentre la maggioranza resta forza lavoro stabile. Le città incompiute e le strutture abbandonate che i ragazzi attraversano diventano immagini eloquenti di promesse infrante. Senza trasformarsi in manifesto, il film lascia che queste suggestioni si depositino, affidandole allo spazio e allo sguardo.

I limiti di Crater risiedono nella sua irregolarità narrativa. Alcune deviazioni sembrano funzionali più alla durata che allo sviluppo dei personaggi, e il passaggio continuo tra tono leggero e ambizione politica genera attriti. Eppure questa instabilità riflette anche l’identità del film, sospeso tra intrattenimento e desiderio di dire qualcosa di più. Il cast giovane sostiene l’operazione con naturalezza. Caleb è interpretato con una gravità misurata, mentre la figura del padre, incarnata da Kid Cudi, fornisce un’ancora emotiva discreta. Ma è McKenna Grace a emergere con maggiore incisività, rendendo Addison un vero punto di contatto tra due mondi.

Dal punto di vista visivo, Crater evita l’estetica abbagliante della fantascienza più spettacolare. Gli ambienti lunari appaiono funzionali, industriali, coerenti con l’idea di uno spazio nato per il lavoro. Anche quando gli effetti non sono perfetti, l’insieme risulta credibile e serve il racconto. Nel finale, il film tende a semplificare le ambiguità costruite, ma non ne cancella il nucleo emotivo. Crater resta così un esempio raro di cinema per ragazzi che non rinuncia a confrontarsi con lutto, sfruttamento e disuguaglianza, offrendo un’avventura che intrattiene e, allo stesso tempo, invita a interrogarsi sul valore reale delle promesse.

Il trailer:

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Published by
Gioia Majuna