Voto: 5/10 Titolo originale: Beyond the Door III , uscita: 01-10-1989. Regista: Jeff Kwitny.
Dossier: Il Treno, (s)cult apocrifo del folk horror italiano del 1989
03/05/2025 recensione film Il treno di Marco Tedesco
Alla produzione lo specialista Ovidio G. Assonitis

Nel panorama del cinema horror italiano degli anni ’80, Il Treno (Beyond the Door III) – conosciuto anche con il titolo alternativo Amok Train – rappresenta un caso emblematico di ibridazione tra exploitation, horror folklorico e sovrannaturale, figlio di un’industria che spesso ricorreva a strategie distributive ingannevoli per attrarre il pubblico.
Il film si presenta come un sequel apocrifo, legato solo nominalmente al celebre Chi sei? del 1974, sfruttando la pratica consolidata di rinominare pellicole slegate per alimentare false trilogie. Questo meccanismo commerciale, pur apparendo truffaldino, permette di inserire il film all’interno di una rete intertestuale che mescola suggestioni di possessione demoniaca, horror satanico e atmosfere da survival movie.
La narrazione segue un gruppo di studenti americani in viaggio nei Balcani, attirati da un antico rituale pagano. Il focus è sulla figura di Beverly, ragazza timida e solitaria che si ritrova designata come vergine sacrificale destinata a un’unione con il Diavolo. Il contesto rurale e oppressivo in cui si muovono i personaggi richiama l’estetica e le dinamiche del folk horror, con rimandi a opere superiori come The Wicker Man o La Pelle di Satana, ma si contamina presto con elementi da slasher e horror splatter.
Quando il gruppo cerca di fuggire dal villaggio e si rifugia su un treno, il film muta registro e diventa una corsa infernale su rotaie, in cui il convoglio stesso, posseduto da una forza maligna, si trasforma in luogo di morte e dissoluzione.
Dal punto di vista iconografico, il treno incarna una duplice funzione: simbolo della modernità travolta dall’occulto e macchina infernale incontrollabile, evocando suggestioni lovecraftiane e meccaniche da haunted house su binari.
Le morti si susseguono in rapida successione, scandite da un’estetica visiva barocca e grandguignolesca, che privilegia l’eccesso, la mutilazione e il corpo come superficie di spettacolarizzazione. In tal senso, il film si inscrive nella tradizione dello splatter all’italiana, avvicinandosi per stile e intenti a registi come Lucio Fulci e Lamberto Bava, pur mancando della loro coerenza visiva o narrativa.
Nonostante la frammentazione evidente tra le sequenze più atmosferiche e quelle marcatamente gore – separate anche da una discontinuità autoriale legata alla produzione – Il Treno riesce a mantenere una sua coerenza tonale grazie a una fotografia curata e a un ritmo che alterna momenti di sospensione e accelerazioni improvvise. Il film si muove così tra citazionismo colto e delirio visivo, con omaggi più o meno espliciti a Il Presagio, La Casa e persino al cinema di John Carpenter. I personaggi, poco approfonditi e spesso stereotipati, fungono da carne da macello in una struttura narrativa che non cerca l’empatia ma l’effetto.
La figura di Beverly si pone al centro di questa danza macabra come possibile catalizzatore di un’ideologia arcana: la sua verginità, il marchio sul ventre, il suo isolamento emotivo e linguistico rappresentano i segni di un destino scritto da altri. Tuttavia, il film le concede una forma di agenzia nel finale, ribaltando i presupposti del rituale attraverso una soluzione tanto ovvia quanto inaspettata, che svela una consapevolezza ironica delle regole del genere.
Il Treno non è un film coeso né pienamente riuscito, ma proprio nella sua natura disorganica e nel suo accostare stili e registri divergenti risiede il suo fascino. È un esempio paradigmatico di come il cinema di genere italiano abbia saputo sfruttare budget limitati, location esotiche e contaminazioni narrative per creare esperienze visive disturbanti, eccessive e profondamente radicate in una poetica dell’instabilità.
La sua collocazione all’interno del filone folk horror gli conferisce una dimensione mitico-rituale, mentre il suo cuore pulsante, fatto di decapitazioni, autocombustioni e morti assurde, lo ancora saldamente nel territorio dello splatter artigianale più sfrenato.
Per gli appassionati di horror sovversivo e di cinema italiano d’exploitation, Il Treno resta quindi un oggetto filmico imperfetto ma imprescindibile, capace di incarnare al tempo stesso la decadenza di un sistema produttivo e la vitalità anarchica della creatività di genere.
Di seguito trovate il trailer di Il Treno:
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