Un viaggio tra le produzioni degli ultimi 20 anni che hanno raccontato le storie dei poliziotti e dei detective che ogni giorno pattugliano le strade americane, a volte al limite della legge
Antoine Fuqua + David Ayer: nasce il poliziesco americano del nuovo millennio. Il poliziesco puro, non contaminato con altri generi, è ormai cosa abbastanza rara. Lontani sono i tempi d’oro degli anni Sessanta e soprattutto Settanta, dove storie di sbirri imperversavano sul grande e piccolo schermo. Un periodo d’oro che oltre a sfornare alcuni epocali capolavori (Bullitt, Ispettore Callghan – Il caso Scorpio è tuo, Il braccio violento della legge) e un numero impressionante di classici del genere (citiamo almeno Mani sporche sulla città, Squadra speciale, Una strana coppia di sbirri e Rapporto al capo della polizia), vede anche la nascita di diverse serie di culto come Kojak, Colombo e Starsky & Hutch.
Nei due decenni successivi, il genere perde d’importanza e d’attrazione, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta. I gusti del pubblico si spostano su generi d’azione più “muscolari” (i vari Schwarzenegger, Stallone, Willis) oppure il poliziesco con tocchi leggermente comici come Una perfetta coppia di svitati (John Hyams, 1986) e la serie di Arma Letale (Richard Donner, 1987-1998).
Escono comunque capolavori come Vivere e morire a Los Angeles (William Friedkin, 1985) e Heat – La sfida (Michael Mann, 1995), che riesce addirittura nell’impresa di raccontare sia la vita dello sbirro sia quella del criminale. Vanno citati però anche un serie di film notevoli come 8 milioni di modi per morire (Hal Ashby, 1986), Cop – Indagine ad alto Rischio (James B. Harris, 1988), Colors – Colori di guerra (Dennis Hopper, 1988), Affari sporchi (Mike Figgis, 1990), Punto d’impatto (John MacKenzie, 1990), L.A. Confidential (Curtis Hanson, 1997), Phoenix (1998, Danny Phoenix) e pochi altri.Il poliziesco tradizionale sopravvive e trova nuovi sbocchi in televisione con prodotti tra loro anche molto diversi, ma di immensa importanza, sia per l’estetica sia per il tipo di narrazione, come Miami Vice (1984-1990) e Hill Street Blues (1982-1987). Gli anni Novanta si segnalano invece per due pesi massimi della serialità come NYPD Blues (1995-2005) e Homicide (1993-1999), nonché il poco conosciuto Brooklyn South (1997-98).
Pellicole in cui la componete del criminale, come personaggio, prende il sopravvento sono state escluse. Film di rapina, gangster, investigatori privati o thriller per riflesso mostrano sempre poliziotti, ma raramente ne fanno il centro del racconto (ancora una volta è Heat, la gloriosa eccezione). Sono elementi di contorno, non la forza motrice della storia in questione (per esempio Inside Man, The Departed, American Gangster, The Town). Allo stesso tempo l’ambientazione temporale deve essere contemporanea (escludendo così film come Gangster Squad). In questo la selezione è stata molto restrittiva. Il terzo e ultimo criterio di inclusione è semplicemente basato sull’idea personale di quali pellicole, tenendo a mente i due criteri precedenti, possano realmente entrare nel genere. Di conseguenza questo approfondimento non ha nessuna pretesa di completezza.
Parliamo dunque del film di Fuqua, che oggi viene forse ricordato soprattutto per il premio Oscar come miglior protagonista a Denzel Washington. Training Day (2001) ebbe un notevole riscontro di pubblico, ma anche di critica. La premessa è semplice, ma funzionale. Il giovane Jake Hoyt (Ethan Hawke), alla sua prima giornata di lavoro, viene affiancato dal rispettato detective Alonzo Harris (Washington). Quest’ultimo ha il compito di valutarne il possibile inserimento nella squadra narcotici. Hoyt, fresco di accademia, segue le regole alla lettera, ma nel corso della giornata scopre non solo che le regole della strada sono ben diverse da quelle del manuale di polizia, ma anche che Alonzo è in realtà uno sbirro sadico e corrotto.
Training Day è una discesa agli inferi coinvolgente, ma perde colpi nel finale abbastanza scontato e moralista, che lascia un po’ l’amaro in bocca. L’influenza dello scandalo Rampart (forse il distretto più corrotto nella storia della polizia di Los Angeles) è percepibile e presente in tutta una serie di pellicole (come Crash – Contatto fisico e Cellular) alcune qui discusse. Il capolavoro televisivo The Shield (2002-2008), prende ispirazione direttamente dallo stesso scandalo (tanto che inizialmente la serie si doveva proprio chiamare Rampart). Fatto sta che Training Day ha dato il via alla rinascita del genere. Anche se il numero di uscite di film, così come quì definiti, rimane ridotta, il poliziesco ritorna finalmente di moda.
Il vero capolavoro del nuovo millennio però esce l’anno seguente, Narc – Analisi di un delitto (2002). La seconda regia di Joe Carnahan guarda senza mezzi termini ai classici di William Friedkin (incluso il suo documentario del 1965 The Thin Blue Line, da cui prende direttamente spunto per la trama) e Sidney Lumet (Serpico, Il principe della città, Q&A – Terzo Grado), dimostrandosi all’altezza dei suoi modelli. Narc racconta la storia dell’omicidio di un agente dell’antidroga e dei poliziotti, Tellis (Jason Patric) ed Oak (Ray Liotta) che vengono incaricati di risolvere il caso. I due non vanno tanto per il sottile e presto si trovano risucchiati dalla realtà dell’indagine, mentre la linea di confine con i criminali che incontrano si fa sempre più sottile.
Passato clamorosamente inosservato in Italia (è uscito direttamente in DVD), Narc è senza dubbio il migliore poliziesco americano degli ultimi 20 anni.
continua …
Il trailer di Narc: