Azione & Avventura

Eden: la recensione del film biografico filosofico di Ron Howard

Ana De Armas, Jude Law e Sydney Sweeney sono tra i protagonisti di un survival thriller cupo e implacabile ambientato nelle Galápagos

C’è un’innegabile novità nel fatto che Ron Howard diriga un film come Eden, e sarebbe disonesto non menzionarlo. Il regista ha avuto – secondo tutti i parametri ragionevoli: fama, incassi, premi dell’industria – una delle carriere più celebrate della storia di Hollywood, eppure è ampiamente snobbato dalla critica (quando Paul Thomas Anderson ha indicato il precedente film di Howard, Tredici Vite, come il suo preferito del 2022, la cosa è stata accolta come una bizzarria inspiegabile, tipo Terrence Malick che ama Zoolander).

Come si addice a qualcuno con un successo così costante, non è mai stato messo in dubbio il suo talento dietro la macchina da presa; è un classico regista artigiano, alla vecchia maniera degli studios, che ha diretto film in quasi tutti i generi e il cui stile – che tende a “nascondere le pennellate” – è sempre al servizio della storia, senza voler attirare attenzione su di sé.

Il punto è sempre stato il suo istinto, costantemente enfatico, e il suo gusto per tematiche a volte stucchevoli (anche quando ha provato ad “andare nel cupo”, come nel dimenticato western The Missing, sembrava sempre un esercizio performativo).

Perciò dire che Eden, un crime drama basato su eventi reali ambientato nelle Galápagos, non assomiglia affatto a un’opera di Ron Howard può essere visto come un elogio misurato ma anche un po’ ingiusto verso un regista che meriterebbe riconoscimento per l’evoluzione artistica (per quanto tardiva).

Individuare cosa esattamente lo renda così diverso è la parte più difficile. Non basta dire “è pieno di sesso e violenza esplicita”, come se Howard prima fosse un puritano (in The Missing ci sono mutilazioni e violenza sessuale, e in Rush gente bellissima che salta da un letto all’altro).

Piuttosto, Eden è concentrato con precisione chirurgica nel rappresentare eventi grotteschi accaduti a tre gruppi di europei che, negli anni ’30, tentarono di colonizzare Floreana, un’isola disabitata al largo dell’Ecuador. E forse sentendosi liberato dal vincolo del lieto fine, Howard qui non cerca alcuna redenzione per attenuare la tragedia.

Si apre con l’audio di Adolf Hitler sotto titoli che inquadrano l’ascesa del fascismo (una nota iniziale poco promettente per un regista incline all’ovvietà), poi presenta il filosofo tedesco Dr. Friedrich Ritter (Jude Law, che si diverte nel ruolo di filosofo autoritario) e la sua compagna Dore Strauch (Vanessa Kirby, elegantemente sottoutilizzata). Convinti che il mondo stia per crollare, si rifugiano sull’isola, sperando che il clima tropicale curi la sclerosi multipla di Dore e offra a Friedrich l’isolamento necessario per scrivere il suo manoscritto, un tomo filosofico che aspira a “salvare il mondo dai suoi impulsi oscuri”.

Ma i resoconti epistolari di Friedrich, pubblicati sulla stampa tedesca, ispirano il veterano Heinz Wittmer (Daniel Brühl) e la giovane moglie Margret (Sydney Sweeney, unica americana del cast e perciò bersaglio facile per il suo tentativo di accento tedesco) a emularli, portando anche il figlio di Heinz da un matrimonio precedente.

Sperano in un’accoglienza fraterna, ma Friedrich li respinge con disprezzo, relegandoli in un’area arida dell’isola. L’ultima pedina in gioco è la baronessa Eloise von Wagner Bosquet (Ana de Armas), truffatrice e aspirante imprenditrice, che vuole costruire un resort per milionari senza mezzi né esperienza.

Entra in scena portata in braccio dall’oceano dai suoi due assistenti/amanti (Felix Kammerer e Toby Wallace) e viene ritratta come personaggio frivolo e sessualmente manipolativo, ma privo di sostanza, come dimostrano le sue frasi fatte tipo “la differenza tra paura e coraggio è la convinzione”.

Quando cerca di sedurre Friedrich, lui la accoglie con il pene di fuori – una scelta registica che rifiuta ogni forma di pudore. Da lì si scatena una guerra psicologica e territoriale fra caotico bene e caotico male, con i Wittmer nel mezzo, incerti su chi sostenere.

Friedrich, che predica principi morali incorruttibili, si rivela moralmente ambiguo, mentre la penuria di risorse acuisce le tensioni. La Baronessa, incapace persino di mangiare cibo coltivato sull’isola, è un simbolo vivente dell’inadeguatezza e della decadenza.

Eppure Heinz e Margret prosperano (relativamente) solo coltivando la terra e mantenendo un profilo basso. Ma l’isola non basta per tutti, e si arriverà al punto in cui qualcuno deve essere eliminato.

La scelta più discutibile del cast è Sydney Sweeney, interprete moderna e magnetica, che qui è chiamata a incarnare il centro morale del film in un contesto storico e culturale lontano da lei. Eppure, ha senso: il fascino della Baronessa non funziona su Heinz proprio perché Margret è interpretata da Sweeney.

Ma è anche una questione di fisicità: l’attrice rende benissimo il panico e l’angoscia fisica, come dimostra in una scena di parto sotto attacco che include cani selvatici e saccheggiatori armati. Quel momento è emblematico dello sguardo di Howard: un’ossessione impassibile per la brutalità.

L’isola, nel Queensland ma visivamente cupa, è una distopia travestita da paradiso. Gli animali divorano altri animali, le ossa sbiancate punteggiano il paesaggio. Ma la vera ferocia è umana: i personaggi, con tutte le loro idee elevate, sono ridotti a sospetti, intrighi, barbarie.

È un racconto antico quanto il mondo, ma Howard fa scelte precise e potenti, tra cui una scena di lotta all’arma bianca degna di La promessa dell’assassino e un’esecuzione così spettacolare da suscitare il compiacimento del pubblico. Persino l’epilogo, macabro e punitivo, affonda ulteriormente la lama.

Eden potrebbe sembrare un racconto già scritto, che avrebbe funzionato anche con un altro regista. Ma forse Howard ha scoperto un lato oscuro in sé stesso e l’ha lasciato emergere. E in questo gesto di libertà, si avverte il tocco di un autore che non sente più il bisogno di piacere a tutti.

Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Eden, nei nostri cinema dal 10 aprile:

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