Samara Weaving brilla, ma il debutto del regista arranca tra inseguimenti e toni confusi
Eenie Meanie è il classico caso di film che promette più di quanto mantenga. L’esordio alla regia di Shawn Simmons – che guarda un po’ a Refn e un po’ a Wright – parte bene, ma si perde strada facendo. Il prologo con la giovane Edie costretta a guidare per salvare i genitori introduce un trauma credibile e dà motivo alla futura “regina del volante”; l’ellissi fino all’età adulta la ritrova decisa a cambiare vita, lavoro in banca, corsi serali, nessuna voglia di tornare al crimine. Fin qui la costruzione funziona.
Quando però il passato la tira di nuovo dentro – gravidanza inattesa, un ex disastroso, debiti con il boss Nico – il film dovrebbe ingranare la marcia: inseguimenti, colpo al casinò da tre milioni, rivalità tra piloti. Invece la seconda parte rallenta vistosamente, accumula dialoghi prolissi e deviazioni melodrammatiche che spezzano il respiro della storia.
Sul piano spettacolare, gli inseguimenti girati hanno fisicità, soprattutto l’uscita dal casinò con l’auto espositiva trascinata tra sale da gioco, vetri in frantumi e slot sventrate: è la sequenza vertice di Eenie Meanie, complice una messa in scena pratica e una macchina da presa che restituisce peso e inerzia. Ma non basta: altrove la fotografia è corretta senza essere memorabile, e il montaggio, quando dovrebbe serrare, si fa nervoso o confuso, togliendo impatto a più di un colpo di scena.
Inoltre, scelte di messa in quadro che scivolano dall’esaltazione all’incoerenza (un gesto “spaccone” che contraddice la prudenza stabilita un attimo prima), segnali di un registro che fatica a tenere insieme adrenalina, umorismo nero e dramma familiare.
Il nodo resta però la scrittura dei personaggi. Eenie Meanie vorrebbe essere un heist movie dal cuore tragico, ma spesso dimentica la sua protagonista. Edie, interpretata da una Samara Weaving (Finché morte non ci separi) energica e precisa, dovrebbe guidare le scelte etiche e l’azione; troppo spesso, invece, reagisce ai guai maschili: l’ex John, impulsivo e infantile, attira su di sé una quantità di spazio drammatico che la sottrae al centro emotivo del racconto.
Il risultato è uno sbalzo continuo: il finale è imbevuto di malinconia e consapevolezza, in cui i destini inchiodati dei personaggi pesano davvero, ma sta forse proprio qui l’occasione mancata, perché questa verità arriva tardi e smentisce il film “promesso” dal materiale promozionale.
Karl Glusman (The Neon Demon) tratteggia un John credibile nella sua incoscienza, capace di suscitare irritazione più che empatia, come la storia richiede; Andy Garcia, in poche inquadrature, si diverte come gangster untuoso e minaccioso; Randall Park si ritaglia un gustoso cameo; Marshawn Lynch, pilota rivale, è più figura-simbolo che antagonista pienamente sfruttato; Steve Zahn, padre fallito nel prologo e nella ripresa del personaggio, dona spessore in poche scene, confermando quanto Eenie Meanie avrebbe guadagnato lavorando prima e meglio sui legami familiari.
Proprio in questo si avverte l’incrinatura tematica: maternità, cicli di dipendenza affettiva, possibilità (o impossibilità) di cambiare rotta sono temi forti, ma restano spunti intermittenti; quando emergono, colpiscono, però la sceneggiatura non li integra nel meccanismo del colpo al casinò, li accatasta.
Sul versante del ritmo, la struttura “a sandwich” è lampante: avvio scattante, lungo centro che si arena tra pianificazioni e riconciliazioni ripetute, impennata finale con inseguimento esteso fino alla pista, quindi uno scioglimento che lascia un retrogusto di occasione sprecata. Tale andamento potrebbe sembrare una scelta coerente con la morale amara – per uscire da certi schemi serve cambiare davvero, e quasi nessuno ci riesce; più semplicemente, però, si tratta di un errore di pesi, con settanta minuti poveri d’azione in un film venduto come una corsa a perdifiato.
Insomma, Eenie Meanie ha una protagonista all’altezza, un paio di set automobilistici tesi e leggibili, lampi di tenerezza che danno umanità ai comprimari, ,a paga una identità incerta, un registro che ondeggia tra commedia criminale, mélo di relazioni tossiche e tragedia morale, senza fondere davvero le componenti, pagando anche caratterizzazioni abbozzate, spesso affidate a dialoghi compiaciuti che suonano più come esercizi di stile che come voci vive.
Ne esce un film di rapina che vale una sosta per l’odore di gomma bruciata del suo terzo atto e per la tenuta di Samara Weaving, ma che non trova la traiettoria per trasformare buone idee e ottimi presupposti in una corsa convincente dall’inizio alla fine.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Eenie Meanie, in esclusiva su Disney+ dal 22 agosto: