Esclusivo | Intervista a Giuliano Piccininno sui fumetti dei Masters of the Universe e di Bravestarr
08/05/2017 news di Alessandro Gamma
Abbiamo fatto una chiacchierata con il disegnatore campano, tra i pochissimi italiani ad aver lavorato sugli adattamenti a fumetti delle due storiche serie animate degli anni '80
Giuliano Piccininno è un nome noto agli appassionati del fumetto italiano. Ultimamente ha lavorato su Zagor (L’araldo di Cromm è attualmente in edicola), ma nel suo illustre passato ci sono collaborazioni importanti – tra i molti – anche su Alan Ford, Arthur King, Tiramolla e Dampyr.
Abbiamo però deciso di concentrarci su un momento ben preciso e piuttosto particolare della sua carriera, quello che tra il 1987 e il 1989 l’ha visto impegnato sulle versioni a fumetti destinate al mercato italiano delle avventure dei Masters of the Universe e di Bravestarr, personaggi molto amati protagonisti delle omonime serie animate della Filmation e delle linee di giocattoli della Mattel di quegli anni, cercando di fare un po’ di chiarezza e approfondire il suo contributo.
Hai cominciato a lavorare prima su Bravestarr o sui Masters?
Prima sui Masters.
Conoscevi già la serie animata/i giocattoli dei MOTU quando hai cominciato a lavorare ai fumetti?
In realtà no. Non guardavo la televisione in quel periodo, ma avevo notato i personaggi in edicola. Da “orfano” delle pubblicazioni Marvel-Corno non potevano non interessarmi.
Ti aveva sorpreso questa richiesta di lavorare sul fumetto italiano delle avventure di He-Man? Chi ti aveva commissionato il lavoro? La Mattel?
Nessuna sorpresa, nel 1985 ero appena approdato alla Epierre di Gianni Bono. Il mio amico Raffaele Della Monica aveva già disegnato delle storie dei MOTU, ma si stava spostando sulla produzione bonelliana e così gran parte di quel lavoro ricadde su di me. Fortunatamente avevo un solido background supereroistico che mi ha permesso di riprendere i lavori di George Tuska e Alfredo Alcala nella prima fase. Raffaele invece amava John Buscema, come pure il disegnatore tedesco Michael Gotze, che veniva pubblicato sul mensile dei Masters; terminate le loro storie ho preso in mano i personaggi. All’epoca la pubblicazione era edita da Mondadori.
Ricordi a quanti numeri/progetti dei MOTU hai lavorato? Se li ricordi potresti elencarmeli (non si trovano molte informazioni online purtroppo e vorrei fare ordine)
Dunque, nel 1987 ho lavorato sui numeri 2 (LA VIA DELLA SPADA), 14 (LE MASCHERE DEL POTERE), 15 (I MISTERI DELL’OBELISCO), 21 (L’ENTITA’ DISTRUTTIVA) e sul diario annuale. Nel 1988 e ’89 ho disegnato invece tutte le storie presenti all’interno del mensile Magic Boy dal numero 1 al 21, a esclusione del 4.
Come ti sei approcciato ai protagonisti? Ti sei ispirato a qualche modello particolare per ritrarli?
Fino a quando la pubblicazione era a cura della Mondadori ci si preoccupava di imbastire delle storie sviluppando quanto era stato prodotto negli Stati Uniti; quando siamo passati alla Mattel Italia con Magic Boy la richiesta più pressante è diventata quella di inserire nelle avventure determinati personaggi, partendo dai cataloghi. Ricordo che nel periodo di passaggio ho discusso con Alfredo Castelli (che lavorava anche lui alla Epierre) della difficoltà di “muovere” dei personaggi di cui sapevamo ben poco, oltre agli evidenti superpoteri.
Scrivevi anche i testi ogni tanto giusto? Avevi carta bianca o seguivi delle direttive?
Prima dell’arrivo di Sauro Pennacchioli come sceneggiatore fisso ho dovuto realizzare in gran fretta delle storie; a parte le indicazioni sui personaggi da usare, le uniche direttive erano quelle di consegnare un certo numero di tavole in tempi assai ristretti. Fortunatamente avevo già una discreta esperienza di scrittura, i miei testi venivano supervisionati da Castelli senza grosse correzioni.
Quale era l’aspetto più divertente e quale il più difficile di un simile lavoro (oltre al poco tempo)?
Divertente era poter sperimentare e vedere in tempi brevissimi il risultato del mio lavoro pubblicato. Vere e proprie difficoltà non ne ho incontrate, i tempi erano stretti ma ero ben organizzato. Ho affrontato con la giusta convinzione anche il restyling di He-Man, ma dopo aver realizzato le prime 6 storie ho preferito cambiare genere, nonostante la fantascienza mi piacesse tanto quanto il genere fantasy.
Avevi un personaggio favorito?
Mi piaceva disegnare Skeletor, Hordak e tutti i cattivi, fra gli eroi direi Teela.
Sei sorpreso del successo che ancora oggi hanno i MOTU?
Ho una certa età e queste cose non mi sorprendono più da tempo. I miei figli hanno conosciuto e apprezzato gran parte degli eroi della mia infanzia. Non avrei mai pensato, per fare un esempio, che Scooby Doo ridiventasse così popolare. Più che di persistenza parlerei di corsi e ricorsi storici.
Passando a Bravestarr, lo conoscevi già? Quando hai cominciato a lavorarci?
Ho conosciuto Bravestarr alla Epierre nel 1987, mi è sembrato subito un personaggio dalle buone potenzialità, forse un po’ troppo “avanti” per i tempi.
Chi ti aveva commissionato il lavoro?
Anche per Bravestarr la commissione arrivava direttamente dalla Mattel, che era interessata al lancio dei personaggi.
Ricordi a quanti numeri/progetti di Bravestarr hai lavorato?
Ho disegnato soltanto tre storie, tutte nel 1987, presenti sul mensile Masters e il team dell’avventura. Si tratta dei numeri 17 (UNO SPORCO IMBROGLIO), 18 (DUE PERFIDI COMPLOTTI) e sullo speciale (L’IDOLO TRAFUGATO).
Anche qui, ti sei ispirato a qualche modello particolare per ritrarli? Avevi carta bianca o seguivi delle direttive?
Essendo un prodotto più recente, per Bravestarr arrivarono dei model sheet dalla Filmation, quindi i personaggi erano meglio definiti, anche dal punto di vista delle diverse personalità e questo facilitava molto la stesura delle storie.
Cosa ricordi delle tue storie?
Non ho disegnato molte storie di Bravestarr. Con il passaggio a Magic Boy sono rimasto fisso sui Masters, il personaggio è andato spegnendosi pian piano fino a scomparire dalle pagine del mensile, in parte rimpiazzato da Capitan Power, che aveva forse una riconoscibilità di genere più immediata e tecnologica. Ma io adoravo comunque il “meticciato” di Bravestarr.
Come mai secondo te Bravestarr non ha avuto un seguito ed è stato un po’ dimenticato con gli anni?
Difficile dirlo. Penso che la collocazione western, seppur fantascientifica, abbia costituito una barriera generazionale. Credo che i ragazzini degli anni ‘80 non avessero più il mito della frontiera come poteva essere per i baby boomers. Il personaggio di Woody, il pupazzo sceriffo di Toy Story (film di qualche anno dopo) può riassumere la parabola discendente di un certo immaginario.
Di seguito la storica sigla italiana del cartone animato di He-Man e i Dominatori dell’Universo:
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