Una piccola ma doverosa riflessione sul pubblico che frequenta la manifestazione. Poi gli intervistati di oggi e i film visti in sala, con la prima grossa delusione
Arrivati al fatidico giro di boa del Festival, ci sembra giusto dire qualche parola sul pubblico che frequenta le sale. Essendo una manifestazione incentrata sul cinema fantastico, horror e di fantascienza, quindi generi che generalmente piacciono molto o non piacciono quasi per nulla allo spettatore ‘medio’, chi richiede un accredito, compra un abbonamento o chi semplicemente acquista un solo ticket online per una serata fuori porta lo fa perchè è davvero molto molto molto interessato a queste filmografie. E questa passione si riflette non solo fuori dalle sale, alla fine delle proiezioni, dove tutti, ragazzi e ragazze (si, ci sono anche molti esponenti di sesso femminile, sorpresi?) si scambiano opinioni più o meno colorite su quanto appena visto, ma anche durante la visione dei film stessi, con applausi a scena aperta, risate o fischi quando sullo schermo appare una sequenza che colpisce in un modo o nell’altro. Un clima rilassato e da grindhouse, che ci rimette in pace col mondo del cinema e ci piacerebbe vedere più spesso. Viene da chiedersi perchè un evento di questo tipo non venga organizzato anche da noi (è vero che si sono Festival come quello di Trieste, lo sappiamo, ma non è lontanamente paragonabile). Vedere le code lunghe decine di metri e le sale praticamente sempre piene a qualsiasi ora del giorno e della notte fa pensare. Sarà un caso, ma in Spagna, patria di questo evento, le pellicole di genere prodotte non si contano e sono pure di buona fattura (come si può ben vedere in questi giorni). Avvicinare gli spettatori fin da giovanissimi (sorprendentemente, visto il tipo di opere trattate, qui ogni giorno passano anche delle scolaresche) a filmografie diverse o lontane attraverso questo tipo di manifestazioni non può che giovare a tutti. Invece ci stupiamo che in Italia escano solo commedie, con il 90% dei film che passano da Sitges (ma potremmo citare un qualsiasi altro Festival del mondo, da Toronto a Austin, da Londra e San Sebastian) che nemmeno vengono presi in considerazioni dai distributori nostrani.
Sul fronte delle visioni, l’unica che ci ha convinto è stata la prima, ovvero El ataúd de cristal/The Glass Coffin del regista basco Haritz Zubillaga, al suo primo lungometraggio. Thriller metacinematografico in cui una star del cinema (Paola Bontempi) viene sequestrata e si ritrova intrappolata all’interno della limousine che la sta portando a una serata di gala in suo onore in balia di un misterioso individuo che sembra conoscere molto bene lei e il suo passato, regala una certa tensione per tutto la durata, spingendo verso la fine anche sul pedale della violenza fisica (prima è più che altro psicologica). Un finale un po’ così, ma come esordio si è visto di molto peggio.
La prima delusione di questo Festival è arrivata invece nel pomeriggio, con Let Me Make You A Martyr dei debuttanti Corey Asraf e John Swab. Nonostante il cast preso di peso da Sons of Anarchy (Niko Nicotera e Mark Boone Junior), cui si aggiunge un mefistofelico, ma con pochissimo minutaggio Marilyn Manson (anche lui in SoA), la pellicola – che racconta la vicenda di due fratelli adottati che si innamorano e mettono a punto un piano per uccidere il loro violento padre – non decolla proprio mai, rimanendo un film di vendetta troppo estremamente cerebrale.
Ah, per chi se lo chiedesse, oggi non ha piovuto (è addirittura uscito il sole in mattinata!!). In compenso un vento gelido ha sferzato senza tregua la città, abbassando drasticamente le temperature… A lamentarsi non viene mai nulla di buono vero??
A domani per la nuova pagina del nostro diario iberico.