Il diario da Venezia 81 (2024), episodio 0: un Buttafuoco frizzante; ma con juicio
27/08/2024 news di Giovanni Mottola
Auspici e preoccupazioni per il nuovo Presidente della Biennale
Solo il Barbiere rossiniano, con il suo “Largo al factotum”, aveva esordito in maniera tanto brillante e scanzonata come Pietrangelo Buttafuoco. La cavatina con cui è entrato in scena nei panni di nuovo Presidente della Biennale resterà degna di quella di Figaro.
Cavatina è per l’appunto, nel gergo lirico, l’aria con cui un personaggio si presenta: ed egli si è presentato – per dirla con Luca Cupiello – come comanda Iddio, co’ tutti i sentimenti: conciliando la cultura e l’arguzia che gli sono proprie con un’arte diplomatica di cui, invece, non lo sapevamo provvisto.
Il tutto è avvenuto lo scorso aprile, in occasione dell’inaugurazione del Padiglione Italia, consistente in un’installazione composta di tubi di metallo con al centro un catino pieno di acqua e fango a getto continuo. Non stiamo scherzando: si tratta davvero dell’opera scelta come manifesto artistico della Nazione che diede i natali, limitandosi a un paio di nomi del posto, a Giovanni Bellini e Giambattista Tiepolo. Vittorio Sgarbi, che lo aveva visto in anteprima alla vigilia, aveva definito il Padiglione “un orrore contro l’umanità”.
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, evidentemente perplesso come il noto critico d’arte (e come noi), come avrebbe fatto un Pierino in vena di dispetti ha introdotto le mani nel catino per schizzare divertito gli astanti, tra cui il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e lo stesso artista Massimo Bartolini.
Quest’ultimo, risentito, ha invitato il sindaco ad avere rispetto per l’arte. Brugnaro, sempre più deciso a sedersi dalla parte dei fruttaroli delle Vacanze Intelligenti o del ragionier Fantozzi della Potemkin, dei semplici insomma, anziché incassare ha rilanciato: “Il Padiglione Italia non mi piace. Non parla alla gente. L’arte si deve poter discutere“,
A evitare che le due primedonne si dessero alla zuffa è intervenuto Buttafuoco con una frase – “Bravo Sindaco: hai fatto i baffi alla Gioconda” – che è valsa a lui il primo camerino.
Ha salvato capra e cavoli – paragonando Bartolini a Leonardo (!), ma lasciando intendere che stava con Brugnaro (“il dissenso è importante”) – grazie a un’abilità oratoria fuori dal comune, alla quale aggiunge come spezia l’ironia tipica di un uomo che sa mescolare alto e basso, discettando di Heidegger e di Franco e Ciccio con la medesima competenza. Il gusto per la provocazione lo accompagna da sempre.
Nei primi anni Ottanta, militante nelle file della destra, decise di aprire una libreria a Leonforte (si chiamava Libreria del Mastro), ben sapendo che l’azzardo era doppio: sia perché in tutta la provincia di Enna non esisteva alcuna libreria, sia perché il mondo editoriale non avrebbe avuto simpatia per un missino. Infatti fallì quasi subito e si diede allora completamente alla politica, per poi abbandonarla negli anni Novanta a vantaggio del giornalismo.
Il colpaccio che gli portò la definitiva notorietà fu un’intervista a Norberto Bobbio sulla sua adesione giovanile al fascismo, pubblicata nel 1999 su Il Foglio. Fu accusato di aver teso una trappola al Professore, il quale intervenne invece in sua difesa, confermando tutto e sgomentando una seconda volta quelli che Sciascia chiamerebbe i professionisti dell’antifascismo.
I venticinque anni trascorsi da allora non hanno modificato il temperamento di Pietrangelo Buttafuoco, sempre avvezzo a utilizzare la sua intelligenza e la sua cultura per creare scompiglio. Per questo, nonostante la brillantezza dell’esordio veneziano, nutriamo qualche perplessità nel vedergli vestire questi nuovi panni reali e curiali.
Sulla rivista Il Candido Giovanni Mosca e Giovannino Guareschi inventarono la rubrica “Visto da destra – visto da sinistra”. In essa, dietro i rispettivi pseudonimi di Caesar e Spartacus, affrontavano ironicamente un argomento dalle due opposte prospettive.
Rifacendoci a quella trovata potremmo affermare che le perplessità su Buttafuoco come Presidente della Biennale non le abbiamo perché lo guardiamo “da sinistra”. Queste le lasciamo a quei detrattori sciocchi che, con pregiudizio, lo ritengono usurpatore della carica per il solo fatto di non appartenere alla solita compagnia di giro.
Noi pensiamo invece, guardandolo “da destra”, cioè dal lato di chi ne ammira la verve e la libertà di pensiero, che egli sia l’uomo giusto al posto sbagliato. Nonostante l’ultimo mandato sia stato eseguito da Roberto Cicutto, viene naturale identificare La Presidenza della Biennale con la figura di Paolo Baratta, per via dei 15 anni, pur non consecutivi, che su quella poltrona ha trascorso.
Un tempo così lungo da far venire voglia di utilizzare il suo nome proprio come nome comune per quella carica (“il baratta di quest’anno sarà Buttafuoco”). Trattamento analogo a quello toccato alla Perpetua manzoniana, quantunque tra i personaggi dei Promessi Sposi il democristiano Baratta ricordi piuttosto il Conte Zio: è infatti l’inclinazione a sopire e troncare il requisito fondamentale per resistere a lungo su scranni istituzionali.
Scopriremo il prossimo anno, quando non si ritroverà più a guidare una Biennale impostata dal predecessore ma dovrà tracciare lui la strada, il vero stile Buttafuoco. Per ora di lui, più che la presenza nel nuovo incarico, si avverte l’assenza da un dibattito politico e culturale dov’era una delle poche voci acute e fuori dal coro. I suoi ragionamenti sottili hanno sempre scardinato le ovvietà ammuffite del chiacchiericcio mediatico come il piede di porco dello scassinatore scardina le saracinesche.
Forse per questo, per i suoi pezzi giornalistici, Pietrangelo Buttafuoco aveva scelto come pseudonimo Dragonera, il nome del brigante interpretato da Domenico Modugno nella commedia musicale Rinaldo in campo. Bandito, in relazione all’ambiente intellettuale, si è quindi sempre considerato anche da solo. Nel senso del sostantivo. Ci dispiacerebbe scoprire che l’assegnazione di questo ruolo istituzionale lo abbia reso, o lo renderà, tale anche nel senso del participio.
A noi piacerebbe un Buttafuoco frizzante come quello della cavatina per tutto l’arco del mandato. Purtroppo temiamo che, se lo sarà senza juicio, durerà poco. Se invece si fingerà un Baratta, o peggio lo diventerà, allora avremo nostalgia di entrambi: il Baratta originale e il Buttafuoco prima maniera. E saremo autorizzati a pensar male: cioè che chi lo ha nominato, con l’acquiescenza di lui stesso, abbia voluto Barattare un libero e fastidioso pensatore con un incarico prestigioso ma sterile.
Di seguito la presentazione integrale della Mostra del Cinema di Venezia 2024, cui ha naturalmente partecipato anche Pietrangelo Buttafuoco:
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