La Blumhouse sforna un prodottino innocuo, che non spaventa e che prova solo vagamente a essere almeno inventivo
Imaginary è un prodotto a marchio Blumhouse in tutto e per tutto. Una volta ogni tanti, il modello ormai tipico dello studio capitanato da Jason Blum si traduce in un’esperienza horror onestamente inventiva ma, il più delle volte, i suoi film a budget minimo e dallo spirito ‘usa e getta’ finisco presto sepolti nei meandri dei ricordi degli spettatori insieme ai vari assassini, jump scare, fantasmi e demoni assortiti che li popolano.
Quest’ultima uscita presenta tutte le caratteristiche richieste dal ‘marchio’ che si porta dietro: un cast di emeriti sconosciuti, una sceneggiatura cui sembra mancare qualcosa, un regista vagamente familiare a chi bazzica il genere, pochi soldi per spaziare con la fantasia e un rating PG-13 adattissimo solo per i teenager.
A essere onesti, Imaginary cerca di essere un po’ diverso da quanto l’ha preceduto, giocando col concetto di percezione distorta della realtà, ma la necessità di includere troppi cliché del cinema horror si traduce inevitabilmente in una trama confusa (e a volte confusionaria). Anche il trailer ci vende un’opera diversa, ma quello è colpa del reparto marketing, non del regista.
Mentre esplora il seminterrato, Alice scopre l’orsacchiotto di peluche di Jessica, Teddy. Tra la bambina e il suo amico immaginario si forma un legame immediato. Inizialmente, Jessica vede questo sviluppo positivo e concentra la sua attenzione sul diventare una figura materna per Taylor, che è nella classica fase di ribellione.
Teddy però non è un oggetto inanimato benigno e la fissazione di Alice di accompagnare l’entità soprannaturale in un luogo chiamato “Mai e poi mai” mette in allarme Jessica, soprattutto perché rievoca aspetti della sua infanzia ricordati in modo nebuloso.
Il divario tra ciò che Imaginary vorrebbe essere e ciò che invece ottiene è ampio. Il regista Jeff Wadlow potrà pur aver avuto intuizioni grandiose a monte, ma ciò che arriva sullo schermo è un collage di idee solo parzialmente concretizzate – alcune buone, altre molto meno – che sono minate da una recitazione modesta, da dialoghi legnosi e da una conclusione financo imbarazzante.
Le allusioni a Nightmare (e ad altri film migliori – come Labyrinth – Dove tutto è possibile, Coraline e persino Hellraiser 2 – che giocano coi confini tra immaginazione/fantasia e realtà) sono sicuramente intenzionali, ma la loro inclusione in questo contesto risulta quasi offensiva.
Lo stereotipo del ragazzino in pericolo è comune nell’horror moderno, ma deve essere maneggiato con attenzione. In questo caso, è più inquietante che efficace, in gran parte perché la sceneggiatura di Imaginary gioca solo a creare empatia con Alice. Una scena in cui la bambina quasi si trafigge la mano su un chiodo arrugginito potrebbe causare angoscia in alcuni spettatori, specie chi ha figli piccoli.
Per quanto riguarda gli aspetti più convenzionali del genere, anche se il mostro è trattato come quello di Lo Squalo e di Alien (tenuto perlopiù nell’ombra e raramente mostrato per intero), il suo aspetto grottesco è insuperabile e rimanda a un’epoca che si pensava perduta in cui era palese che ci fosse un uomo dentro a un costume.
Come detto, il cast è popolato da attori per lo più mai sentiti. DeWanda Wise ha pure un lungo curriculum, anche se la maggior parte del suo lavoro riguarda la televisione e lo streaming (è stata la protagonista del reboot di She’s Gotta Have It di Spike Lee). Comunque, questa performance in Imaginary non le garantirà chiamate dai piani alti di Hollywood.
Questo è il terzo film di Jeff Wadlow per la Blumhouse. Sebbene sia sostanzialmente terribile, è in qualche modo il migliore dei tre: gli altri erano Obbligo o verità (la recensione) e Fantasy Island (la recensione). Fate voi le proporzioni.
L’amore del regista per gli spaventi di stampo PG-13 è una grossa parte del problema col risultato finale: si intuisce che c’è del materiale Rated R nascosto da qualche parte sotto la superficie, che tuttavia viene sempre spietatamente castrato per renderlo accessibile ai più giovani.
Per Jason Blum, Imaginary è solamente un altro numero in una serie apparentemente infinita di titoli. Ormai non gli servono sforzi particolari per andare in attivo coi costi sostenuti (la soglia è bassissima) e, dato l’attuale zeitgeist del cinema horror americano, anche stavolta avrà di cui essere soddisfatto.
A parte le mere considerazioni commerciali comunque, non c’è nulla di immaginario su quanto questo film sia un fiasco creativo anche per gli standard della Blumhouse.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Imaginary, nei nostri cinema dal 14 marzo: