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Intervista a Fabrice du Welz, da Message from the King alle difficoltà di Calvaire e Alleluia

03/05/2017 news di Alessandro Gamma

All'ultimo BIFFF abbiamo incontrato il regista belga, col quale abbiamo provato ad approfondire la sua intera filmografia

fabrice du welz bifff 2017

Fabrice du Welz è un nome noto tra gli appassionati del cinema ‘di genere’ già da molti anni, quando Calvaire suscitò grande scalpore al momento della sua uscita, sancendo anche la nascita di un nuovo regista da tenere d’occhio, che negli ultimi 10 anni ha saputo realizzare pellicole altrettanto complesse ma ugualmente significative.

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con il regista nella sua città natale, durante l’ultimo BIFFF di Bruxelles, ripercorrendo con lui le tappe più importanti della sua carriera, dall’esordio del 2005 a Message from the King, in uscita nei prossimi mesi.

Message from the King posterPartiamo dal tuo nuovo film, Message from the King: com’è stato l’impatto con l’America e il cast statunitense? Oltretutto è il primo film di cui non hai scritto la sceneggiatura se non erro …

Mi hanno contatto qualche tempo fa chiedendomi di leggere uno script e dopo che l’ho letto mi hanno chiesto di andare a Los Angeles per incontrare tutti quanti e cominciare i casting. Così sono andato là, mi sono trovato bene e dopo due settimane ho firmato il contratto. È stato tutto molto veloce. Sono stato contattato altre volte da produzioni americane a diversi livelli, ma è sempre stato un po’ complicato …

Questa volta invece no, grazie anche a William Morris Endeavor della mia agenzia. Chadwick Boseman era già stato confermato, ma aveva delle scadenze precise, visto che ad aprile avrebbe dovuto lasciarci per andare a girare Captain America: Civil War per la Marvel, quindi abbiamo avuto tempi molto stretti. Sono quindi tornato a Los Angeles e iniziato a lavorare.

A livello produttivo invece, come ti sei trovato? Immagino sia stata un’esperienza diversa dalle tue precedenti  

Si, decisamente. È un altro mondo. Tutti quanti lo sanno, ma devi capire davvero quanto sia diverso dall’Europa. L’industria cinematografica là è diversa. Tutto è regolato dai sindacati, dalle agenzie ecc. La tua voce in qualche modo conta meno. Ho avuto però la possibilità di girare quanto mi ero prefissato nel modo in cui l’ho pensato e ho avuto un certo controllo sulla produzione. La post-produzione invece è stata più difficile, tutto un altro gioco, a causa delle molte voci che interferiscono, dai sindacati alla DGA (Directors Guild of America).

Hai a disposizione 10 giorni per realizzare la tua directors’cut, dopodiché subentrano i produttori, che guardano il materiale e decidono. Inoltre devi occuparti del montaggio, comprensivo del suono e della colonna sonora, quindi non c’è modo di fare le cose con calma passo per passo … A un certo punto comunque, i produttori prendono il sopravvento e tutto diventa un molto complicato. Questa cosa però va accettata, perché funziona così da quelle parti.

Ti ritieni quindi soddisfatto del risultato finale?

Va bene … Sai, comincio ad avere una certa esperienza alle spalle e cerco di essere un po’ più diplomatico e fare qualcosa che si avvicini il più possibile alla mia visione, sebbene ovviamente non sarà mai uguale al 100%. In ogni caso va bene così, è un film molto forte con grandi personaggi. Ho alcuni rimpianti riguardo a certe sequenze qua e là che mi sarebbe piaciuto implementare, ma torno a dire che è un gioco le cui regole vanno accettate. Mi hanno assunto per un lavoro, io l’ho fatto al mio meglio anche se qualche volta abbiamo avuto delle divergenze di opinioni nella post-produzione.

Message from the King du welzTi sei stupito quando ti hanno chiamato dagli Stati Uniti?

In realtà no, perché ho ancora diversi progetti americani in piedi. Inoltre, con David Lancaster – che è il produttore di Message from the King e in precedenza ha prodotto film come Drive e Whiplash – avevo già lavorato in passato a un progetto che poi purtroppo era stato accantonato. È lui in sostanza che ha spinto perché accettasi questo film.

Cosa ti è piaciuto della sceneggiatura di Message from the King?

Mi ha colpito il fatto che fosse molto semplice, ‘old school’ e umana. Fondamentalmente è un revenge movie. A volte sento la gente commentare che sia qualcosa di molto comune e già visto, ma se è ben realizzato non ci vedo niente di male … Senza contare che a mio parere è qualcosa di molto diverso da quello che si gira in America negli ultimi tempi … non c’è CGI, è girato per le strade di Los Angeles che in qualche modo diventano protagoniste assieme ai luoghi filmati … La mia unica riserva riguardava lo sviluppo del rapporto tra Kelly [Teresa Palmer] e King [Boseman], quindi ho lavorato duramente per implementare quella trama e smussare certi aspetti. Sono soddisfatto della maggior parte del film e ho imparato molto da questa esperienza.

Una curiosità personale: Message from the King è anche il primo tuo film il cui titolo non è composto da una sola parola …

È vero, perché non è completamente un mio film. È un film dei produttori. Ma sai, sono un regista e la mia volontà è quella di girare delle pellicole, quindi ogni tanto mi piace affrontare l’ignoto e provare nuove esperienze e continuerò a farlo.

calvaire du welz posterIl fatto che le tue precedenti opera abbiano una sola parola nel titolo ha un significato particolare?

No, è una coincidenza. È solo più facile così! [ride]

Ripercorrendo i tuoi film, che ricordi ha del tuo esordio, Calvaire del 2005?

Essendo il mio primo lavoro è stata una sorta di catarsi riuscire a girarlo. È passato molto tempo ora … È stato un grande risultato poterlo realizzare. Ci abbiamo messo quasi 5 anni a trovare i fondi, fu molto complicato. Nessuno voleva che riuscissimo a terminarlo … Un processo estremamente faticoso. Ora per qualcuno Calvaire potrà pure sembrare un film di culto, ma credimi, all’epoca le reazioni della stampa furono terribili. Ho sempre avuto problemi coi giornalisti … Adesso ho guadagnato un po’ più di rispetto, mi invitano per delle conferenze e delle masterclass o organizzano retrospettive, ma la maggior parte della stampa – per motivi che non mi sono chiari – mi ha sempre trattato un po’ male …

locandina alleluia du welzPassando ad Alleluia del 2014, non solo non è mai arrivato in Italia, ma mi è parso di capire che anche qui in Belgio ha avuto problemi di distribuzione

Forse nelle Fiandre, ma onestamente non lo so … Penso che il problema con Alleluia, che era andato bene nei Festival di settore e per una volta aveva avuto la stampa favorevole, sia stato che la gente ne ha avuto un po’ paura, pensando forse che fosse troppo gore o pieno di sesso, non so come mai … Dal mio punto di vista si è trattato di un’avventura divertente. Il film ha avuto molti problemi a ottenere una distribuzione dignitosa, persino in Francia.

So però che è uscito in Giappone, il che è buono … Forse un giorno, e questo vale anche per Calvaire, se mai otterrò un grande successo commerciale, verranno riscoperti e visti per quello che valgono. Anche il mercato è cambiato moltissimo negli anni … Non lo so nemmeno io, non conosco bene queste dinamiche … Ora per esempio c’è nei cinema un horror intitolato Raw / Grave [la nostra recensione] che è stato ben distribuito e sta ottenendo un buon successo. Non sono sicuro che sarebbe successa la stessa cosa 2 anni fa … Magari è questione di essere al posto giusto al momento giusto.

Venendo a Vinyan del 2008, che ricordi hai della tua seconda regia?

È stata meno difficile dell’esordio, fu più facile trovare i soldi ma un po’ più complesso il casting. Inoltre non è stato semplice girare in Thailandia. Perdemmo circa 1 milione di euro poco prima di iniziare le riprese a causa del ‘black friday’ inglese quell’anno … Non ricordo bene cosa accadde, ma il budget venne ridotto in modo significativo, quindi fui costretto a fare certe scelte. Vinyan resta però un film molto speciale per me, perché ho affrontato un’avventura cinematografica incredibile, quasi una febbre portarlo a termine, fu molto intensa la lavorazione. 

È un’opera che significa molto per me, la tengo molto vicina al cuore, anche se purtroppo non venne esattamente ben accolto. Ne riconosco i limiti, ma ugualmente si può imparare molto da un film. Inoltre era il mio secondo film, quindi le aspettative erano molto alte – come sempre del resto, ma ora che ne ho girati cinque ho maggior esperienza e abilità tecnica.

vinyan posterNel 2014 è arrivato l’action / crime francese Colt 45

Si, è stata un produzione molto complicata, un disastro … Tanti litigi e problemi … Quindi quando l’ho terminato mi sono sentito un sopravvissuto. Mi dissi che per riprendermi avrei dovuto dedicarmi a qualcosa di più intimo e completamente libero e così ho realizzato Alleluia, la mia rinascita.

Cosa mi puoi dire della relazione tra AlleluiaI killers della luna di miele di Leonard Kastle?

Alleluia è una sorta di mia interpretazione di The Honeymoon Killers, un modo molto differente – a mio parere – per affrontare quella storia. Ho provato a sviluppare qualcosa di diverso.

Tutti i tuoi film sono connotati da emozioni e sensazioni viscerali e profonde, spesso oscure. Raramente c’è spazio per la leggerezza.

I miei lavori sono molto organici. Prima di essere un filmmaker sono un cinefilo, amo profondamente e ossessivamente i film, ma quando devo girare tutto cresce in modo organico, passo dopo passo, non c’è una mappa precisa. Per farti un esempio, è successo così anche per il mio prossimo progetto, Adoration, le cui riprese dovrebbero iniziare a dicembre, che chiuderà la mia personale piccola trilogia sull’amore nelle Ardenne.

Cerco sempre di scavare per portare a galla qualcosa riguardante le relazioni umane, l’alienazione, la follia o l’amore, soggetti molto potenti che tutti devono affrontare. Nelle mie pellicole poi è sempre presente anche un aspetto grottesco. Cerco di non essere un regista realista, ma di virare sempre verso l’astrazione in qualche modo.

colt 45 du welzLa sceneggiatura di Adoration è opera tua?

Si, l’ho scritta io.

Visti i molti problemi che hai quasi sempre dovuto affrontare, è facile convincere un produttore a scommettere sul tuo prossimo film?

È sempre difficile fare un film. Bisogna essere estremamente determinati e concentrati, ma è vero che nel mio caso spesso è più difficile,

sono cinico. Naturalmente se vuoi girare una commedia stupida è molto più facile, perché il sistema rema dalla tua parte. Per me non ha senso girare pellicole del genere però, perché io vedo il cinema come un modo di vivere esistenzialista e diversamente sarebbe dura. Certo, possiedo della doti tecniche e qualche produttore ogni tanto mi chiama per propormi un lavoro, potrei lavorare su film altrui, non c’è niente di male in quello. Devo però riuscire a ritagliarmi anche uno spazio personale e quindi devo provare a sopravvivere tra questi due mondi.

Di seguito il trailer di Calvaire:

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