Il regista coreano ha approfondito con noi i diversi aspetti di una pellicola densa di spunti e sentimenti, lontana dal concetto classico di fantascienza
Nell’ultima giornata del Far East Film Festival 2016 abbiamo intervistato il coreano Lee Ho-jae, regista di Sori: Voice from the Heart, che si è aggiudicato il secondo posto di questa edizione.
Molteplici sono le problematiche interessanti che il film approfondisce; anzitutto è centrale la questione del controllo e delle interferenze sulla vita privata dei comuni cittadini da parte degli USA, o di altre superpotenze più in generale. A riguardo il regista ha detto:
In secondo luogo, altro punto essenziale è la questione della possibile evoluzione in chiave antropomorfa dei computer e delle I.A., aspetto portato in evidenza di uno dei personaggi centrali, ossia la meccanica Sori, che sviluppa una tale coscienza di sé e di ciò che è sbagliato da definirsi come femminile e da abbandonare la sua missione spaziale perché ritenuta sbagliata. Interrogato a riguardo, Lee Ho-jae ha affermato:
Trattando del piccolo automa e della sua animazione, ci ha spiegato:
Abbiamo cercato di limitare la tecnica CGI al 99.9 per cento. E’ stato creato tutto manualmente senza utilizzare effetti speciali. I movimenti del robot sono piuttosto limitati, muove un po’ la testa e usa principalmente la sedia a rotelle con questo joystick, che nel film sembra comandato da lui, ma è in realtà comandato attraverso un telecomando.
Andando più a fondo nelle fonti che hanno ispirato la creazione di Sori, alcuni potrebbero pensare allo spielberghiano E.T. – L’extraterrestre come possibile spunto per la scena dove il robottino viene vestito con una felpa col cappuccio. Non vi era alcun modello specifico, ci ha ragguagliati il regista, sostenendo: “la felpa rappresenta il miglior indumento per nascondere qualcosa, coprendo tutto”; tuttavia ha anche ammesso che il film del 1982 era uno dei suoi preferiti da giovane, asserendo: “può darsi che nel mio inconscio è rimasta questa scena di E.T. e quindi senza rendermene conto forse l’ho trasmessa anche nel mio film“.
Ho una figlia di 12 anni, ancora troppo piccola. Ho avuto però l’esperienza di tenere qualche lezione all’università, dove ho conosciuto diverse studentesse dell’età della protagonista e ho notato che arrivate a quell’età le ragazze sviluppano un sentimento duplice verso il padre. Nonostante l’affetto, non riescono più ad avvicinarsi come per un distacco improvviso, hanno difficoltà ad avere un dialogo con lui.
Molti sono dunque i temi affrontati nel complesso e poetico Sori: Voice from the Heart, che celano un regista dallo sguardo sensibile e critico, capace di mostrarci un modo personalissimo e drammatico di trattare il genere fantascientifico.
Di seguito il trailer ufficiale sottotitolato: