Intervista a Lee Ho-jae, regista di Sori: Voice from the Heart, secondo classificato al FEFF18
09/05/2016 news di Sabrina Crivelli
Il regista coreano ha approfondito con noi i diversi aspetti di una pellicola densa di spunti e sentimenti, lontana dal concetto classico di fantascienza
Nell’ultima giornata del Far East Film Festival 2016 abbiamo intervistato il coreano Lee Ho-jae, regista di Sori: Voice from the Heart, che si è aggiudicato il secondo posto di questa edizione.
La pellicola, a carattere latamente fantascientifico, vede protagonista Sori, un’Intelligenza Artificiale che, dietro l’apparenza di comune satellite, è stato in realtà costruito per intercettare le telecomunicazioni di tutta l’umanità, per spiarne e controllarne le azioni. Sviluppando una propria consapevolezza e comprendendo che la funzione da lei svolta ha portato all’attacco di civili inermi, il robot decide di schiantarsi sulla Terra e smettere di registrare le altrui conversazioni. Nel precipitare, il piccolo protagonista metallico s’imbatte in Hae-gwan (Lee Sung-min), un padre che ha perduto anni prima la figlia in un incendio nella metropolitana – della quale però non è mai stato trovato il cadavere – e che quindi la cerca disperato senza sosta. I due formano così un’improbabile coppia, tesa a scoprire la verità sulla ragazza scomparsa ma braccata nell’impresa dalla NSA, dalla NASA e dai servizi di intelligence coreani.
Molteplici sono le problematiche interessanti che il film approfondisce; anzitutto è centrale la questione del controllo e delle interferenze sulla vita privata dei comuni cittadini da parte degli USA, o di altre superpotenze più in generale. A riguardo il regista ha detto:
Sono critico rispetto a tale sistema, il fatto di sorvegliare, di controllare tutte le chiamate non è una cosa bella, è poco umano. Quindi anche se siamo arrivati a un livello [di sviluppo tecnologico] in cui siamo in grado di controllare ogni cosa, ci sono limiti che non dovremmo superare.
In secondo luogo, altro punto essenziale è la questione della possibile evoluzione in chiave antropomorfa dei computer e delle I.A., aspetto portato in evidenza di uno dei personaggi centrali, ossia la meccanica Sori, che sviluppa una tale coscienza di sé e di ciò che è sbagliato da definirsi come femminile e da abbandonare la sua missione spaziale perché ritenuta sbagliata. Interrogato a riguardo, Lee Ho-jae ha affermato:
“A mio avviso in un futuro, sebbene non così imminente, esisteranno dei robot dotati di coscienza propria”, aggiungendo poi che per incontrare “un individuo come Sori, che sembra avere sentimenti umani”, simile a quello incontrato nel film dovremo aspettare parecchi anni, ma che secondo lui “arriverà quel giorno” ed è per questo motivo “molto interessato a questo argomento” concludendo che “dovremo porre dei limiti all’utilizzo di tali tecnologie”.
Trattando del piccolo automa e della sua animazione, ci ha spiegato:
Abbiamo cercato di limitare la tecnica CGI al 99.9 per cento. E’ stato creato tutto manualmente senza utilizzare effetti speciali. I movimenti del robot sono piuttosto limitati, muove un po’ la testa e usa principalmente la sedia a rotelle con questo joystick, che nel film sembra comandato da lui, ma è in realtà comandato attraverso un telecomando.
Esistono poi “trucchetti nel film di cui lo spettatore non si accorge; ad esempio, nella sequenza conclusiva nel deserto tre persone hanno spinto Sori con un lungo bastone, che è stato cancellato durante il montaggio”.
Andando più a fondo nelle fonti che hanno ispirato la creazione di Sori, alcuni potrebbero pensare allo spielberghiano E.T. – L’extraterrestre come possibile spunto per la scena dove il robottino viene vestito con una felpa col cappuccio. Non vi era alcun modello specifico, ci ha ragguagliati il regista, sostenendo: “la felpa rappresenta il miglior indumento per nascondere qualcosa, coprendo tutto”; tuttavia ha anche ammesso che il film del 1982 era uno dei suoi preferiti da giovane, asserendo: “può darsi che nel mio inconscio è rimasta questa scena di E.T. e quindi senza rendermene conto forse l’ho trasmessa anche nel mio film“.
Tuttavia, le varie declinazioni della tematica tecnologica non sono l’unico argomento trattato, ma anche le dinamiche e le tragedie familiari sono descritte con notevole sensibilità. In particolare, tramite diversi flashback, è approfondito il problematico rapporto tra il protagonista e la figlia ventenne Yoo-Joo (Chae Soo-Bin) con cui – poco prima della sua scomparsa – aveva litigato. Approfondendo dunque la relazione filiale, molto importante nell’economia filmica secondo il regista, questi ci ha rivelato inoltre:
Ho una figlia di 12 anni, ancora troppo piccola. Ho avuto però l’esperienza di tenere qualche lezione all’università, dove ho conosciuto diverse studentesse dell’età della protagonista e ho notato che arrivate a quell’età le ragazze sviluppano un sentimento duplice verso il padre. Nonostante l’affetto, non riescono più ad avvicinarsi come per un distacco improvviso, hanno difficoltà ad avere un dialogo con lui.
Molti sono dunque i temi affrontati nel complesso e poetico Sori: Voice from the Heart, che celano un regista dallo sguardo sensibile e critico, capace di mostrarci un modo personalissimo e drammatico di trattare il genere fantascientifico.
Di seguito il trailer ufficiale sottotitolato:
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