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Intervista ad Alejandro Amenábar, da Tesis a Regression, passando per lo studio della metafisica (esclusivo)

18/04/2017 news di Alessandro Gamma

Abbiamo incontrato il regista nel corso del BIFFF 35, ripercorrendo tutte le tappe della sua carriera ventennale all'interno del 'genere'

alejandro amenabar bifff

Nato a Santiago del Cile da padre cileno e da madre spagnola, Alejandro Amenábar è noto forse ai più per essere il regista del thriller sovrannaturale The Others, suo primo film in lingua inglese del 2001 che gli ha fatto vincere ben otto premi Goya, ma nella sua filmografia – ricordiamo che è anche sceneggiatore e compositore di musiche – vanno senza dubbio annoverati anche il suo film d’esordio Tesis (1996), Apri gli occhi (1997) – che ha ottenuto addirittura un rifacimento hollywoodiano con Tom Cruise (Vanilla Sky) -, Agora (2009) e infine Regression (2015), suo ultimo lavoro ad oggi.

Abbiamo incontrato il filmmaker al recente BIFFF di Bruxelles, cogliendo l’occasione per riparlare con lui di tutti i suoi lavori (anche di Mare Dentro del 2004, Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia, che pur non essendo prettamente ‘di genere’, non potevamo non menzionare) e scoprirne alcuni interessanti retroscena:

Partendo dal presente, a cosa ti sei dedicato negli ultimi due anni lontano dal set?

Innanzitutto mi sono sposato! [ride] Ho scritto molto, cercando qualcosa di nuovo, qualche storia interessante, e ora penso di averne trovate un paio per le quali spero di poter cominciare le pre-produzione il prossimo anno. Posso dirti solo che dovrei girare in Europa e che la sceneggiatura è mia, niente di più.

tesis poster amenabarA questo proposito, ti sei occupato degli script di ogni tuo film finora, ma hai mai preso in considerazione l’idea di girare qualcosa scritto da altri o di ‘prestare’ le tue sceneggiature affinché le mettesse in scena un collega regista?

Mi piacerebbe molto, ma quello che ho capito con gli anni è che, sebbene riconosca il valore di molti registi e sceneggiatori, in qualche modo preferisco sempre occuparmene io stesso. Quando penso a quale sarà il mio prossimo film finisce sempre che vado a ripescare cose che ho già scritto. Sarei comunque contento se ricevessi una sceneggiatura che sentissi vicina alle mie corde tanto da poterla girare, perché a volte il processo creativo e di scrittura di una storia è doloroso, ma penso di non poterci fare nulla.

In ogni caso, quando dirigo una mia sceneggiatura riesco completamente a distaccarmi dal mio ‘Io sceneggiatore’ e quando lavoro sul set con gli attori non sono uno di quelli che pensano che lo script non possa essere mai cambiato. La stessa cosa vale per il montaggio, che resta per me un processo completamente separato. Non mi innamoro mai di una certa scena che ho diretto, se c’è da tagliare, taglio.

Per quanto riguarda le musiche, dacché ti sei occupato di alcune colonne sonore, ma non sempre, come funziona invece il processo?

A volte mi viene un’idea, altre volte è qualcosa su cui rimugino tutto il giorno, ma il processo vero e proprio arriva dopo aver completato il montaggio in genere, è lì che comincio a lavorare sulle musiche. E visto che non è successo negli ultimi due film, ho capito che come regista è rilassante non doverci pensare, perché è motivo di grande stress dover anche provvedere alla soundtrack entro i tempi previsti.

Sono passati 20 anni da Tesis. Che ricordi hai del tuo primo lungometraggio?

Naturalmente è stata una grande esperienza per me, ha avuto grande successo e vinto molti premi in Spagna e ora ho capito che, specie da quelle parti, è una pellicola molto rispettata, una cosa a cui non pensi e che non puoi sapere quando stai girando un film, persino se poi all’uscita si dimostra un insuccesso. Magari qualcuno in futuro lo potrebbe rivalutare! Nel caso di Tesis, ci sono state moltissime persone ad averlo apprezzato in tutto questo tempo, quindi è una bella sensazione ripensarci.

Era collegato all’edificio in cui avevo davvero studiato all’Università – tanto che quest’anno ci sarà una proiezione speciale proprio lì, dove tra l’altro hanno dipinto su un muro una grande pubblicità per il film -, e considerando che non ho mai completato il mio percorso di studi perché ero un cattivo studente, tornare là e presentarlo sarà decisamente divertente.

apri gli occhi amenabarDimmi qualcosa invece su Apri gli occhi (Abre los ojos) e su come hai vissuto il remake americano, che tra l’altro vede protagonista sempre Penelope Cruz

E’ stato strano, perché mi invitarono a vedere una copia del remake che ancora non era stato ultimato e io mi sentivo piuttosto insicuro del mio stesso film … Quando vedete Vanilla Sky per la prima volta si ha la sensazione che si somiglino, anche se Cameron Crowe ha dato un’interpretazione personale e ho apprezzato che non abbiano voluto realizzare il classico stupido remake, ma invece abbiano preso il materiale originale molto seriamente. Senza contare che Tom Cruise aveva molto amato la storia narrata.

Tuttavia, penso che ci siano delle cose che potendo rifarei in altro modo in Abre los ojos, così come ritengo che viceversa alcune sequenze del rifacimento andrebbero fatte in modo diverso. Non lo rivedo da un po’, ma è stata una sensazione strana. Un paio di anni fa l’ho rivisto in vista dell’edizione in Blu-Ray e devo ammettere di non averlo apprezzato troppo … Cambierei probabilmente alcune cose che avevo scritto, anche se terrei la struttura principale. Inoltre, all’epoca tenevo in grande considerazione il processo di lavoro con gli attori, quindi credo che lavorerei con loro in modo diverso, anche se Eduardo Noriega è stato magnifico, questo perché eravamo molto amici e c’era grande fiducia reciproca, ma potendo tenterei di focalizzarmi sulla regia e su come muovermi con gli attori in modo differente.

the others amenabarVeniamo ora a The Others, la tua prima grande hit internazionale

Il successo è qualcosa che non mi aspettavo. E’ stato come per Tesis, una sorpresa. Naturalmente ogni regista vuole che il suo film diventi una hit, che raggiunga il maggior numero di persone possibile e che incassi bene. Ricordo che durante la pre-produzione – ero a Venezia – uscì un’altra pellicola, Il Sesto Senso, che scoprimmo avere un finale molto simile a quello della mia.

Fu una vera tortura mentre giravo, ma per fortuna nessuno tra i produttori andò nel panico per questo, stabilendo che saremmo rimasti fedeli alla sceneggiatura originaria, anche se io ero molto preoccupato dal fatto che gli spettatori avrebbero potuto intuire il finale perché avevano già visto l’altro film. Quando improvvisamente divenne un enorme successo al botteghino ne rimasi ovviamente contento, anche se non ci stavo davvero pensando, perché era stato un processo molto lungo portarlo a termine e avevo pensato solo a concluderlo.

Quindi non si pensò mai a un finale alternativo di ripiego?

No. Ci furono delle proiezioni test negli Stati Uniti e a Londra, durante le quali vennero fatte domande precise al pubblico, per capire se stessero intuendo il colpo di scena finale, e basandosi sulle risposte abbiamo capito che dare loro pochi indizi non sarebbe stato affatto un problema.

Cos’è successo dopo? Immagino ti abbiano chiesto di girare altri film dello stesso genere come spesso accade …

Il mio rapporto con l’industria di Hollywood si era fatto naturalmente più stretto, avevano allargato le braccia per accogliermi visto che ero giovane e avevo girato un film di successo, quindi cominciai a domandarmi cosa volessi davvero. Fin a quel momento avevo girato film fondamentalmente per ricavarci uno stipendio con cui poter vivere, ma lì capii che i film erano in realtà qualcosa che utilizzavo per poter esprimere me stesso e cominciai così a pensare a una storia su cui avevo riflettuto molto a lungo, qualcosa di molto emozionante e serio, e decisi di seguire questa sensazione.

Ricordo che quando presentai Mare Dentro a Los Angeles, qualcuno nel pubblico mi chiese perché avessi fatto un passo indietro e fossi tornato in Spagna per girare qualcosa di così diverso da The Others, ma io gli risposi che io mi muovevo sempre in avanti e che quella pellicola era il mio modo di farlo.

agora amenabar posterPoi è arrivato Agora, qualcosa di ancora diverso

Facendo un piccolo passo indietro, The Others è un film sull’agnosticismo. Io sono cresciuto in una famiglia cattolica, ho frequentato una scuola cattolica, quindi fin da molto giovane ho cominciato a pormi domande sulla religione ecc. The Others parla del mio processo interno come agnostico, con Mare Dentro e Agora ho invece capito di essere ateo. Questi ultimi due film sono quindi in qualche modo collegati a questo concetto, e approfondendolo, cercando di capirne di più, mi sono appassionato all’astrofisica, che è qualcosa di molto spirituale in realtà. Così Agora è in qualche modo la mia risposta all’ateismo di Mare Dentro. E’ un film che parla dell’universo e di noi stessi che ci poniamo domande.

Come sei arrivato a Ipazia?

Ho cominciato con Albert Einstein e la teoria della relatività e ne sono rimasto terribilmente affascinato, ma questa ricerca mi ha condotto poi a Isaac Newton. Una cosa che mi ha colpito dell’astrofisica è che un genio mette sempre in discussione il genio che l’ha preceduto. Einstein stava infatti cercando di risolvere questa piccola cosa che Newton non era stato capace di risolvere, che a suo volta stava cercando di capire come risolvere quesiti precedenti.

Indietro fino a Galileo Galilei. Ad un certo punto avevamo pensato a una storia che comprendesse queste tre figure, ma poi mi imbattei da qualche parte in Ipazia e capii che la sua la vicenda era perfetta da raccontare, sia per il personaggio – oltretutto una donna – che per il momento storico, perché non solo avrei potuto realizzare un film sull’astrofisica, ma anche che parlasse di molte cose che stanno accadendo negli ultimi tempi.

Quanto è stato difficile convincere i produttori a finanziare un film del genere con un budget piuttosto alto?

La parte difficile era che Agora doveva essere ambientato ad Alessandria d’Egitto nel 4° secolo e che era mia intenzione riprodurre per bene la città. Per questo servivano molti soldi. Penso che ora sarebbe un film praticamente impossibile da realizzare. Forse una mini-serie per la TV, ma non qualcosa per il cinema. Ricordo che ai tempi però il budget originale doveva essere di 80 milioni di euro, ma fummo costretti a tagliarlo a 50 milioni. In poche settimane fummo così costretti a ripensarlo con 30 milioni in meno, altrimenti non lo avremmo girato. E così abbiamo dovuto inventarci soluzioni che penso siano risultate interessanti.

regression amenabarCon Regression sei tornato invece al thriller, un’altra sterzata netta

Volevo ritornare al ‘genere’ e inoltre avevo intenzione di stabilire una sorta di collegamento con quei film degli anni ’70 che amo, come Omen – Il PresagioL’Esorcista e Rosemary’s Baby e ricreare la loro atmosfera. Quindi ho cominciato a pensare molto seriamente alle vicende riguardanti il satanismo, senza trovare nulla di realmente interessante in quello che leggevo. Quello che ho trovato era invece collegato piuttosto all’auto-inganno, all’avere visioni o all’autoipnosi e così ho finito per girare un film sulla mente. All’inizio avrebbe dovuto essere incentrato sul satanismo, ma più ti ci addentri più capisci che ruota tutto intorno alla paranoia.

Come hai scelto i due protagonisti, Emma Watson ed Ethan Hawke?

Quando scrivo un film non ho mai in mente dei volti precisi. A volte però è l’attore o l’attrice stessa a sentirsi particolarmente connesso al dato materiale. Per quanto riguarda Emma, se ci pensi bene non sarebbe la scelta più lampante, ma si presentò dicendo che era molto interessata a lavorare con me, quindi penso di essere stato molto fortunato. Ethan – che ammiro da molti anni – aveva scritto alcuni romanzi e si trovava in Europa, così ho pensato che potesse essere un buon alleato, e fortunatamente è salito a bordo del progetto.

Stai seguendo le carriere dei registi di lingua spagnola che stanno lavorando a Hollywood?

Posso dirti che sono molto curioso di vedere cosa sta realizzando Juan Antonio Bayona con Jurassic World 2.

Domandona finale: da cosa ti fai ispirare per quello che scrivi?

Da ogni cosa che ha a che fare con la vita, ovviamente anche dai libri. Non si sa mai da cosa possa provenire un’idea, quindi penso che si debba tentare di stabilire un procedimento preciso, cercando di farsi venire in mente qualcosa, magari seduti dietro alla propria scrivania guardando fuori dalla finestra e prima o poi qualcosa salterà fuori!

Di seguito il trailer di Tesis:

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