Al Pacino e Dan Stevens sono al centro di un'opera che tenta una ricostruzione seria di un esorcismo ma inciampa tra cliché, interpretazioni fiacche e un’estetica incerta
L’Esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual si inserisce nel filone del cinema horror legato agli esorcismi ispirati a fatti realmente accaduti, e in particolare si basa sulla vicenda di Emma Schmidt, un caso documentato di presunta possessione demoniaca che ha alimentato per decenni l’immaginario religioso e popolare.
Diretto da David Midell (The Killing of Kenneth Chamberlain) e interpretato da Al Pacino e Dan Stevens, The Ritual aspira a essere una rievocazione storica seria, un film di esorcismi con ambizioni autoriali, ma il risultato finale è un prodotto cinematografico che fatica a trovare la propria voce, imprigionato tra l’ossessione per la verosimiglianza e la ripetizione meccanica dei codici di genere.
Fin dalla sequenza iniziale, dichiara di essere tratto da eventi reali, come molti horror contemporanei che sfruttano la leva del “based on a true story” per generare suggestione, ma la ricostruzione dei fatti – invece di sostenere la tensione – sembra appesantire la narrazione con una lentezza cronachistica che svuota il racconto di energia drammatica.
La possessione di Emma Schmidt, figura chiave del film, viene rappresentata con tutti gli elementi più abusati del cinema di esorcismo: urla in lingue arcane, contorsioni del corpo, vomito oscuro, levitazioni accennate e pareti graffiate. Ma ciò che dovrebbe spaventare finisce per apparire ripetitivo e prevedibile, mentre il tono gravemente serio non lascia spazio né all’ironia né alla vera angoscia.
Dan Stevens, nei panni del giovane prete Joseph, appare trattenuto, quasi anestetizzato, incapace di imprimere al personaggio un’evoluzione emotiva credibile. Abigail Cowen, nei panni della posseduta Emma, è la più intensa tra i protagonisti, ma le viene negata ogni complessità psicologica: The Ritual evita accuratamente ogni lettura alternativa alla possessione, ignorando del tutto le ipotesi legate a disturbi mentali, traumi infantili o repressione sessuale – elementi che avrebbero potuto rendere il racconto stratificato, disturbante, tragico.
Così, il film resta prigioniero di una struttura lineare, monocorde, che si affida a un’estetica visiva priva di coerenza: la fotografia oscilla tra tinte terrose e innaturale nitidezza digitale, i volti del convento sono inspiegabilmente levigati come da filtro social, e la regia adotta movimenti di macchina invasivi, come lo zoom a scatto o la camera a mano tremolante, che sembrano più adatti a un mockumentary satirico che a un dramma metafisico.
L’intenzione di realismo è compromessa non solo dal trucco eccessivamente pulito, ma anche da scelte narrative discutibili, come l’abbandono improvviso della protagonista da parte di tutti i religiosi nel momento culminante dell’esorcismo, una soluzione che sfida la logica interna del film e spezza l’immersione dello spettatore.
La regia di David Midell, che in passato ha trattato con rigore storie vere di violenza sistemica, sembra qui rinunciare all’analisi critica per rifugiarsi in una spiritualità opaca, dove il male è solo una forza esterna da espellere e mai un riflesso delle nostre ossessioni culturali.
Sul piano della costruzione del ritmo, The Ritual non riesce a capitalizzare l’intensità progressiva tipica dei migliori horror religiosi: l’esorcismo si protrae senza variazioni tonali o sorprese visive, e ciò che dovrebbe essere un crescendo di tensione diventa una lunga agonia narrativa, priva di veri picchi emotivi o visivi.
In un panorama dove il cinema di possessione ha già dato i suoi capolavori e i suoi flop, The Ritual si colloca purtroppo in quella zona grigia dei prodotti horror che non spaventano, non provocano e non emozionano. Anche la scelta del titolo, già usato in decine di pellicole precedenti, contribuisce a una sensazione generale di deja-vu, come se tutto fosse già stato visto, già raccontato, già esorcizzato.
Nonostante l’uso reiterato di parole chiave come “film ispirato a fatti realmente accaduti”, “esorcismo reale”, “l’horror con Al Pacino”, The Ritual non riesce a trasformare questi elementi in un discorso cinematografico vivo.
Fallisce non solo come horror ma anche come ritratto umano o spirituale, rimanendo una liturgia estetica stanca, ripetitiva, svuotata di ogni sacralità. In conclusione, The Ritual è un esempio emblematico di come un film horror ispirato a una storia vera, anche con un grande cast, possa diventare un’occasione mancata: privo di suspense, povero di visione, troppo serio per divertire e troppo rigido per inquietare davvero.
Di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di The Ritual, nelle nostre sale il 29 maggio: