L'olandese Diederik Van Rooijen dirige un horror demoniaco prevedibile e pasticciato, cui giova solo la breve durata
I film incentrati sulla possessione demoniaca imperversano ormai da decadi sul grande schermo. Dopo il seminale L’esorcista (The Exorcist, 1973) di William Friedkin, uno stuolo di cloni ci ha riproposti sventurate in preda a convulsioni o torsioni innaturali, che con voce baritona bestemmiano mentre contorcono la testa o fluttuano a metri dal suolo; frattanto di norma uno o più preti professano l’usuale Vade retro Satana, cercando di scacciare il maligno a suon di preghiere, crocifissi e acqua santa. The Exorcism of Emily Rose, The Vatican Tapes, Il rito, Liberaci dal male e The Possession sono solo alcuni dei titoli recentemente distribuiti nei cinema sull’ormai usurato soggetto, di cui sembra ormai essere stato detto tutto e oltre.
A essere sinceri, la trama non è poi così ritrita come ci si aspetterebbe dal titolo, ma non fatevi illudere, non si tratta di un bene, anzi. Bisogna anzi chiarirlo subito: l’esorcismo promesso nel titolo occupa sì e non cinque minuti in apertura e raggiunge gradi di grottesco non indifferenti. Basti dire che, per cospargere di acqua santa l’indemoniata, viene usato un arnese assai più simile ad uno scopettone per il bagno che ad un tradizionale aspersorio. Sorvolando su questo dettaglio, per il quarto d’ora successivo lo spettatore sarà, però, piacevolmente sorpreso di non trovarsi davanti alla solita fenomenologia da indiavolamento, ma a qualcosa di differente (la sensazione sarà purtroppo solo passeggera).
Sono trascorsi tre mesi (come da didascalia), Megan Reed (Shay Mitchell) è un’ex poliziotta che ha subìto un grave trauma mentre era in servizio, ha abusato di alcol e di farmaci ed è ora in cerca di un nuovo lavoro per rimettersi in carreggiata. La sua sponsor, un’infermiera (Stana Katic), le raccomanda di accettare un posto notturno nell’obitorio dove lei lavora.
L’esorcismo di Hannah Grace non è incentrato sul ‘solito’ rituale (come il titolo italiano lascia ingannevolmente intendere), ma ciò non gli impedisce di essere lo stesso estremamente prevedibile nelle dinamiche. Ogni colpo di scena, ogni jumpscare dovuto a un personaggio che compare a caso facendoci saltare sulla sedia oppure – giustamente – suscitato dalla mostruosa creatura, è talmente scontato che chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le dinamiche tipiche del film horror saprà in anticipo cosa sta per succedere. E ciò che invece non è intuibile ex ante non ha alcun senso logico in generale. Chi viene o non viene ucciso, il perché la soprannaturale villain torni a ‘dormire’ a intervalli ciclici, alcuni dettagli sul lasso di tempo trascorso da quando era in vita e molteplici altri dettagli restano del tutto oscuri, buttati lì a caso, senza alcuna coerenza.
Non tutto è da buttare però. La regia è modesta ma diligente, ci sono alcuni momenti che – seppur anticipabili – sortiscono un certo effetto, e la collocazione nei glabri corridoi grigiastri dell’asettico obitorio, con le luci al neon che si accendono e spengono a intermittenza, riesce a incutere un’ancestrale angoscia se ci si immedesima il giusto. La sventurata Shay Mitchell, lanciata dalla serie Pretty Little Liars e presente anche nella recente You di Netflix, se la cava dignitosamente, specie tenendo conto del materiale su cui deve lavorare, mentre la mimica – e il make-up – da posseduta e/o rediviva della giovane Kirby Johnson sortiscono l’effetto sperato. Si tratta comunque di minimi, trascurabilissimi meriti (assieme ai soli 85 minuti di durata), del tutto offuscati da una narrazione estremamente stereotipata, che spaventa poco e confonde molto. Avanti il prossimo.
Di seguito il trailer italiano e quello internazionale (per meglio apprezzare le voci originali) di L’esorcismo di Hannah Grace, nei nostri cinema dal 31 gennaio: