L'attore 44enne torna dietro alla mdp per un'opera intimista, che sfrutta uno scenario post apocalittico per approfondire sentitamente il rapporto tra un padre solo e una figlia giovanissima che deve crescere molto in fretta
Sebbene in termini pratici Light of my Life rappresenti il secondo film di Casey Affleck come regista e sceneggiatore, dopo il delirante I’m Still Here del 2010 (quell’esercizio narcisistico, elaborato e semi-documentaristico incentrato sullo stato psicologico convulso dell’amico Joaquin Phoenix), la verità è che questo appare proprio come il suo vero debutto, perché accumula senza dubbio tutte le caratteristiche che per antonomasia di solito presenta l’opera prima di un attore che decide di fare il grande passo dietro alla macchina da presa: si ricorre a una scusa qualsiasi, qui un contesto post apocalittico in cui una misteriosa pandemia ha ridotto la popolazione femminile quasi all’estinzione, per offrire al pubblico una storia minimalista basata più sullo sviluppo di personaggi e sulle dinamiche affettive che su una classica progressione retorica.
Collocabile da qualche parte tra I Figli degli Uomini (2006), The Road (2009) e It Comes at Night (2017, la recensione), Light of My Life offre nelle sue 2 ore di durata un’esperienza sincera e piacevole, che tuttavia non si allontana troppo dagli stereotipi del filone del thriller indie sul ‘tramonto dell’umanità’ e che non raggiunge il livello di virulenza che possedeva per esempio The Survivalist (2015), optando piuttosto per privilegiare un approccio umanistico che enfatizza il rapporto tra padre e figlia, sia per quello che attiene alle diverse enclave fuori dall’ordinario della storia (ovvero le molteplici minacce che i due devono affrontare per gentile concessione di terzi che appaiono dal nulla), sia in termini di substrato più ordinario e ‘banale’ (gli svantaggi di un uomo che deve allevare una quasi adolescente da solo e, come se non bastasse, che deve spostarsi costantemente, anche in pieno inverno e quasi sempre a piedi).
Casey Affleck combina l’elemento drammatico delle inquadrature fisse e dei dialoghi profusi con la suspense tipica delle ambientazioni collegate all’isolamento di certe regioni agresti, ottenendo eccellenti momenti di cinema in entrambi i casi (si vedano le meravigliosamente imbarazzanti chiacchiere sul sesso e la pubertà con Rag e il febbrile – frenetico e travolgente – risultato nel suo insieme).
Il nucleo della trama del film sta tutto in una conversazione tra i due protagonisti, in cui l’uomo dice alla ragazza che sua madre aveva molto apprezzato i momenti condivisi della coppia – come le vacanze – e li aveva chiamati “avventure amorose”, abbracciando contemporaneamente le piacevoli e tortuose minuzie della condivisione del grande viaggio della vita insieme, proprio come Rag e suo padre fanno quotidianamente.
Di seguito trovate il trailer in versione italiana di Light of My Life, nei nostri cinema dal 21 novembre: