Non il peggiore tra gli ultimi lavori del regista, certamente il più deludente. Eva Green evita il tracollo.
Miss Peregrine – La Casa dei Ragazzi Speciali (Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children) è un film destinato a sfidare l’idea che tutto sia già stato scoperto, che il mondo sia stato completamente privato delle sue meraviglie. Se tale messaggio si presenta come poco convincente, forse è perché il regista Tim Burton ha trascorso gran parte degli ultimi 15 anni a riconfezionare alcune delle più logore storie nella cultura occidentale e, a questo punto, il suo coinvolgimento nel presente progetto suona come se John Lasseter facesse un film che lamenta il declino delle animazioni disegnate a mano, o Zack Snyder che lamentasse la perdita di intrattenimento di qualità nei blockbuster attuali.
Beh, non lo è. (Non è un caso che dopo il flop di settembre negli Stati Uniti, la Fox abbia deciso di provare a correre ai ripari rinviandone l’uscita in Italia sotto le festività natalizie, un destino che lo accomuna peraltro a Il GGG di Steven Spielberg).
Al contrario, questa fantasiosa storia di loop temporali, bambole kewpie volteggianti a mezz’aria e mondi incantati che esistono appena oltre la vista è la somma di un milione di cose diverse, già viste e accuratamente approfondite. Burton non reinventa (e nemmeno rivitalizza) il genere young adult, o almeno la sua innovazione non va oltre all’inserire un filtro Snapchat personalizzato, come se un surplus di grandi occhi potesse compensare la mancanza di grandi idee.
Il romanzo potrà pure essere derivativo già di suo, ma il film fa tutto il possibile per aggravare quella sensazione di eccessiva familiarità, che va ben oltre i confini del suo genere, al fine di prendere in prestito topoi riconoscibili da una vasta gamma di recenti successi. Rubacchiando liberamente da Jumper e Inception così come, in modo più evidente, da Harry Potter e X-Men, Miss Peregrine è un’ode vuota alle meraviglie e alle stranezze, che suggerisce che stiamo pericolosamente per rimanere a corto di entrambe.
In opere come questa, l’eroe è spesso il personaggio meno interessante (tanto meglio per favorire l’identificazione con il Prescelto e accentuare quanto strane siano le cose dentro all’armadio …), ma Miss Peregrine porta il concetto a un livello completamente nuovo. Cresciuto nel deserto culturale della Florida contemporanea, il sedicenne Jake è noioso quanto il grande magazzino in cui lavora, e rimane un guastafeste totale anche dopo essere stato misteriosamente guidato verso una strana isola del Galles alla ricerca dei magici orfanelli che popolavano le fiabe della buonanotte, che suo nonno Abe (Terence Stamp, ucciso nella sua prima scena) gli raccontava quando era piccolo.
Quando il tremolante adolescente passa attraverso un portale che lo riporta negli anni ’40 – nuovamente al giorno prima che l’orfanotrofio dalla fattura gotica di Abe venisse cancellato da un attacco aereo nazista – è difficile immaginare il motivo per cui tutti gli eccentrici amici d’infanzia del nonno siano così desiderosi di farlo rimanere lì con loro. Certo, questo gruppo eterogeneo di disadattati è disperatamente – e comprensibilmente – alla ricerca di nuovi amici dopo essersi nascosto all’interno di un ciclo infinito di 24 ore per oltre 70 anni, ma Jake è davvero noioso.
E tuttavia, i miserabili residenti della scuola di Miss Peregrine per Giovani Dotati – ops … per ‘ragazzi speciali’ – non sembrano considerare affatto l’alternativa. I bambini vanno da scarti degli X-Men, a comparse di Beetlejuice, a una ragazza che sembra uscita da una pubblicità di Steve Madden imbevuta di Weird Science in cui tutte le donne hanno grandi scarpe, fianchi stretti e teste giganti, ciascuno dei quali subisce un trattamento così burtonesco che è difficile credere che fossero stati tutti concepiti in tal guisa per il libro di Riggs.
Sì, anche la compassata bimba che divora il cibo con una coppia di mostruose ganasce che si nascondono sotto i riccioli nella parte posteriore del suo cranio. Sì, anche l’interesse amoroso da favola di Jake (Ella Purnell), destinata ad essere la copia di un’adolescente in piena pubertà ricorda in maniera inquietante le nubili protagoniste femminili di quasi tutti gli altri film di Burton.
È un argomento più facile da affrontare in quelle pellicole che si rifiutano di farlo, nei film in cui mutanti con superpoteri spettacolari sono ampiamente rappresentativi di sottogruppi emarginati e temuti dalla cultura mainstream. Qui, all’interno di una bolla in cui non si fa altro che ripetere quanto sia meglio essere diversi, troviamo un ragazzo che non può parlare senza che centinaia di api volino fuori dalla sua bocca. Che bel dono.
Quando Samuel L. Jackson e il suo gruppo di instancabili Mangiamorte si presentano e iniziano a cercare di uccidere gli speciali per poterne mangiare i bulbi oculari e raggiungere così l’immortalità, il suo piano malvagio assomiglia più che mai a un’opera di pietà.
Grazie al cielo però c’è Eva Green.
Santa patrona dei film brutti con (e / o su) ragazzi adolescenti, la Green interpreta Miss Peregrine in persona, un personaggio che avrebbe potuto facilmente essere ridotto a “sexy Albus Silente“, se non fosse per la vitalità e la presenza dell’attrice che la interpreta. Donna magica che può trasformarsi in un uccello – un falco pellegrino blu, ovviamente – e che è in grado di suggerire un mistero di gran lunga maggiore di quello che il lungometraggio riesce a garantire da sé, lei è l’unica persona qui che sembra non abbia mai sentito questa storia (bisogna dar credito a Jackson per averci provato, dando al suo scostante e goffo cattivo un trattamento completo alla Nicolas Cage, mentre perdeva la guerra contro una sceneggiatura che lo invitava a essere ridicolo pur avendo la necessità che fosse anche stupido).
Mentre la trama si fa più vacua, si comincia però a sentire quasi la mancanza di questi dettagli – bisogna dire che c’è un bel momento in cui Jake tira la bionda Emma lungo la spiaggia mentre lei galleggia in alto come un palloncino per esempio, e apprezzabile è l’omaggio dark agli scheletri di Gli Argonauti di Ray Harryhausen – mentre la fotografia di Bruno Delbonnel rimane rigogliosa anche durante l’insensata battaglia finale (evitate tranquillamente il 3D, troppo scuro anche per Burton).
Al tempo stesso irrimediabilmente banale e singolarmente burtoniano, Miss Peregrine – La Casa dei Ragazzi Speciali afferma con forza che il mondo è pieno di meraviglia e di magia che ci potrebbero riempire di propositi, se solo potessimo vederli. Proposito lodevole, anche se questo film non ha idea di dove dovremmo guardare per cercarle.
Di seguito il trailer italiano di Miss Peregrine – La Casa dei Ragazzi Speciali: