Dark comedy dall'ilarità demenziale che cela in realtà un lato ben più acuto e satirico di ciò che mostra di primo acchito
Nel taiwanese The Village of No Return (健忘村) di Yu-Hsun Chen un’incontenibile verve comica, smaccatamente asiatica e contraddistinta da una buona dose di fisicità da slapstick nelle molteplici gag è fusa con un latente cinismo di fondo sull’umanità e sui suoi fini.
Questo è il brevissimo preambolo, ma per gran parte del tempo è lasciato in secondo piano, confuso tra il un susseguirsi vorticoso di eventi. Anzitutto giunge la notizia che il treno stia arrivando anche in quello sperduto luogo e, attratto dai guadagni il capo villaggio Wang (Gu Baoming) cerca in ogni modo di trovare le risorse per costruire una stazione. Intanto la più bella del paese, l’infelice Zhang Qiurong (la star taiwanese Shu Qi) attende con una caviglia incatenata l’inviso marito, che non è altri che Zhu Dabing, ma quella sera stessa lo trova morto, parrebbe avvelenato; lei ovviamente è la principale sospettata. Nel frattempo, compare nella notte un singolarissimo individuo, scarrozzato dai suoi due servitori su una rotata portantina rossa con una lampada di carta penzolante nella parte anteriore: questi si dichiara essere il monaco Tian Gui (Wang Qianyuan). Il sedicente religioso si propone di risolvere la situazione e tira fuori da un contenitore ligneo uno strano armamentario, “un antico manufatto della dinastia Zhou” dice, chiamato “Elimina Crucci” capace di cancellare per l’appunto le preoccupazioni di coloro a cui è posto sul capo e che al contempo permette di rivelare i loro ricordi.
Sviluppo dalla coerenza narrativa piuttosto dubbia, su questi presupposti si sviluppa poi un magmatico susseguirsi di inganni e scenette comiche, la forza della surreale pellicola di Yu-Hsun Chen sta proprio nelle trovate irriverenti, non certo in un’impalcatura più di tanto ben congegnata. Si tratta di un continuo reiterarsi di tradimenti a catena che rivelano un quadretto antropologico meschino e avido, seppure sempre rielaborato in ottica picaresca. Prima viene giocato Tian Gui, che si ritrova legato dopo essere stato fatto ubriacare dagli autoctoni per derubarlo del congegno e venderlo. Poi il succitato si allea al capo villaggio, per poi tradirlo e prendere il potere.
Certo, The Village of No Return non vuole essere una ricostruzione sensata di un periodo storico, ancor meno delle psicologie dei personaggi, che paiono più che altro delle maschere comiche, né ancora presuppone una sceneggiatura particolarmente articolata, o scambi verbali eccessivamente arguti, l’ironia è più immadiata e pirotecnica, eppure non mancano le sequenze che fanno ridere di gusto. Infine dietro a una certa leggerezza e un’estetica luminosa e patinata, la dark comedy cela un lato satirico e truce, che ammantato da un’aura solare vuole mostrarsi inoffensivo, ma è molto più pungente di ciò che appare.
Di seguito il trailer originale: