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Voto: 6/10 Titolo originale: 健忘村 , uscita: 26-01-2017. Regista: Chen Yu-hsun.

[recensione BIFFF 35] The Village of No Return di Yu-Hsun Chen

12/04/2017 recensione film di Sabrina Crivelli

Dark comedy dall'ilarità demenziale che cela in realtà un lato ben più acuto e satirico di ciò che mostra di primo acchito

Nel taiwanese The Village of No Return (健忘村) di Yu-Hsun Chen un’incontenibile verve comica, smaccatamente asiatica e contraddistinta da una buona dose di fisicità da slapstick nelle molteplici gag è fusa con un latente cinismo di fondo sull’umanità e sui suoi fini.

The Village of No ReturnLa vicenda è ambientata in Cina nel 1914, il momento è delicato poiché, crollata l’ultima dinastia la Repubblica Popolare si sta affermando, ma come in ogni momento di passaggio la confusione regna. La scena, immediatamente connotata da una buona dose di grottesco declinato al dark, si apre con Zhu Dabing (Ban Zan), eletto suo infiltrato da un perfido signorotto locale (Zeng Zhiwei) che ha mire espansionistiche verso Yuwang, piccolo centro in cui il primo abita, volendo approfittare della latitanza di un potere centrale. Dunque al messo, non particolarmente avveduto e analfabeta, sono affidati tre piccioni con rispettivo numero di messaggi da inviare, uno che dice di partire, uno di aspettare, uno di desistere, così che lui possa poi allertare il suo misterioso complice; inoltre gli viene data una grossa carica di dinamite e gli è promesso un congruo tributo. Dunque il sempliciotto parta alla volta delle campagna ove la sua destinazione è locata.

Questo è il brevissimo preambolo, ma per gran parte del tempo è lasciato in secondo piano, confuso tra il un susseguirsi vorticoso di eventi. Anzitutto giunge la notizia che il treno stia arrivando anche in quello sperduto luogo e, attratto dai guadagni il capo villaggio Wang (Gu Baoming) cerca in ogni modo di trovare le risorse per costruire una stazione. Intanto la più bella del paese, l’infelice Zhang Qiurong (la star taiwanese Shu Qi) attende con una caviglia incatenata l’inviso marito, che non è altri che Zhu Dabing, ma quella sera stessa lo trova morto, parrebbe avvelenato; lei ovviamente è la principale sospettata. Nel frattempo, compare nella notte un singolarissimo individuo, scarrozzato dai suoi due servitori su una rotata  portantina rossa con una lampada di carta penzolante nella parte anteriore: questi si dichiara essere il monaco Tian Gui (Wang Qianyuan). Il sedicente religioso si propone di risolvere la situazione e tira fuori da un contenitore ligneo uno strano armamentario, “un antico manufatto della dinastia Zhou” dice, chiamato “Elimina Crucci” capace di cancellare per l’appunto le preoccupazioni di coloro a cui è posto sul capo e che al contempo permette di rivelare i loro ricordi.

Sviluppo dalla coerenza narrativa piuttosto dubbia, su questi presupposti si sviluppa poi un magmatico susseguirsi di inganni e scenette comiche, la forza della surreale pellicola di Yu-Hsun Chen sta proprio nelle trovate irriverenti, non certo in un’impalcatura più di tanto ben congegnata. Si tratta di un continuo reiterarsi di tradimenti a catena che rivelano un quadretto antropologico meschino e avido, seppure sempre rielaborato in ottica picaresca. Prima viene giocato Tian Gui, che si ritrova legato dopo essere stato fatto ubriacare dagli autoctoni per derubarlo del congegno e venderlo. Poi il succitato si allea al capo villaggio, per poi tradirlo e prendere il potere.

The Village of No ReturnTuttavia l’aspetto davvero valido è la trovata di fondo, il fulcro dell’azione stessa, il singolare marchingegno che cancella la memoria, con un fastidioso effetto collaterale tuttavia, quello di lasciare chi è sottoposto al trattamento in uno stato di smemoratezza perenne. Le implicazioni comiche, meglio demenziali, sono allora infinite, i più non riescono a tenere a mente il proprio nome per più di cinque minuti, così gli viene scritto in fronte un appellativo provvisorio, quale Mr. A, Mr. B e così via. Il monaco fraudolento, forte dell’ormai potere conquistato dalla cancellazione delle memorie inizia a inventare storie sulle sue opere eroiche e sulla tragica morte delle mogli e dei cari – mai esistiti – dei membri del villaggio e questi iniziano a piangerli disperati. Uno di loro, quello che prima era il letterato locale, viene colpito da una freccia, il nuovo capo ha però la cura: non togliergli dal braccio ciò che lo trafigge, ma fargli scordare d’esser stato trafitto! Si tratta di un insieme di scenette farsesche e, nella loro elementarità, esilaranti. In ultimo, personaggio tragicomico particolarmente riuscito è la postina locale (Lin Meixiu), ovvero il leader dei briganti incaricati dell’invasione del villaggio, buffa signora cicciottella che si porta sulle spalle enormi sacchi pieni della corrispondenza da consegnare nella zona, ovviamente a piedi. Assoldata dal già citato signorotto locale, le viene donato un “Destriero di Ferro”, ovvero una bicicletta, ma ovviamente lei non sa pedalare. Così cade davanti a due contadini, questi ridono e lei gli staglia la testa con uno spadone; poco dopo si trova ad attraversare il letto di un fiume, sospesa avanza in sella al suo nuovo mezzo con le mani a una corda, un estraneo le intralcia la via e chiede di cedere il passo, in tutta risposta lei gli taglia le mani e quello precipita con un sonoro tonfo. L’antitesi tra l’aspetto della donna e la sua perfidia sono certo ilarizzanti!

Certo, The Village of No Return non vuole essere una ricostruzione sensata di un periodo storico, ancor meno delle psicologie dei personaggi, che paiono più che altro delle maschere comiche, né ancora presuppone una sceneggiatura particolarmente articolata, o scambi verbali eccessivamente arguti, l’ironia è più immadiata e pirotecnica, eppure non mancano le sequenze che fanno ridere di gusto. Infine dietro a una certa leggerezza e un’estetica luminosa e patinata, la dark comedy cela un lato satirico e truce, che ammantato da un’aura solare vuole mostrarsi inoffensivo, ma è molto più pungente di ciò che appare.

Di seguito il trailer originale: