Will Smith e Joel Edgerton sono la strana coppia di protagonisti di un'opera piuttosto derivativa e parziale, che ha nella sua insolita e inedita veste fantasy un grande punto di forza
Ci sono un poliziotto umano di colore integerrimo che non sa come sbarcare il lunario, un orco rinnegato dalla sua stessa gente che sogna fin da bambino di pattugliare le strade e far rispettare la legge e una giovane donna elfo dai capelli bianchi in fuga con una bacchetta magica … No, non si tratta dell’inizio di una qualche curiosa barzelletta, ma dei protagonisti di Bright, kolossal fantasy originale costato a Netflix ben 90 milioni di dollari e affidato al regista David Ayer (Suicide Squad).
Inizialmente scettici, i due agenti si ricredono in fretta quando capiscono che sulle tracce del potentissimo oggetto magico ci sono i soggetti più disparati (ma tutti ugualmente pericolosi), dai colleghi corrotti alle gang locali armate fino ai denti, dai federali che si occupano di affari legati alla magia ai membri degli Inferni, una setta elfica capeggiata dall’inarrestabile Leilah (Noomi Rapace), che intende riprendersi ciò che le appartiene. L’improbabile trio si ritrova così a fuggire da un quartiere all’altro, nel tentativo di sopravvivere alla notte e di trovare alleati di cui fidarsi, per scongiurare il ritorno sulla Terra del Signore Oscuro, portatore di caos e distruzione sconfitto millenni prima.
Bisogna partire da un presupposto importate: Ayer non soltanto è dietro alla sceneggiatura di Indagini sporche – Dark Blue e di Training Day (film e serie TV), ma ha scritto e diretto anche Harsh Times e End of Watch. Questa premessa doverosa per dire che il quasi cinquantenne è uno che sa molto bene come trattare un film drammatico ambientato a L.A. con sbirri, vita di strada e bande sul piede di guerra. Bright però è stato pensato da Max Landis, uno che ha in curriculum roba come American Ultra e che si trova molto più a suo agio con il fantastico e lo scherzo. Dalla fusione di questi due mondi esce fuori – con le dovute proporzioni – una sorta di Bad Boys 3 in fieri ambientato in una fantasylandia specchio deformato del nostro mondo, una città tutt’altro che da fiaba e fortemente metaforica.
E’ così allora che i pochi uomini (non donne attenzione) bianchi presenti sono tutti – nessuno escluso – dei bastardi, i neri si trasformano in orchi dalla pelle bluastra – pestati senza problemi e senza pietà dai poliziotti, i ricchi al potere si tramutano in elfi dai vestiti firmati che vivono in quartieri extra lusso e i messicani … beh, i messicani restano i messicani, dal cuore d’oro e vessati un po’ da tutti i lati, ma non troppo. A dirla tutta, gli orchi – per loro stessa natura cattivi da sempre – nel corso del film vengono associati un po’ a qualsiasi criminale medio che si possa immaginare, dal ladruncolo al neo-nazi, ma vediamo anche gang composte da neri e latinos umani. Il tutto a tempo di musica rap e hip-hop naturalmente (fatta eccezione per la scena nel club, dove vige stranamente lo speed metal).
La carta del buddy movie – non esattamente nelle corde del regista – non è praticamente mai giocata invece fino all’ultimissima parte, perchè Smith e Edgerton sono tutt’altro che amiconi e quindi lo spazio riservato alle battute e alle prese in giro reciproche di rito risulta piuttosto limitato. Anche il lato ‘magico’ non risulta predominante, preferendo spesso e volentieri furibonde sparatorie, risse a calci e pugni e inseguimenti in macchina a incantesimi e colpi di Expecto Patronum del caso. Questo porta Bright ad essere piuttosto realistico nella messa in scena della violenza mostrata da Ayer, che non lesina su sgozzamenti, crivellamenti e schiacciamenti. A far guadagnare alla pellicola l’R-Rating concorrono infine diverse scene di nudi femminili. L’unico elemento che un po’ a sorpresa non entra mai in gioco sono le droghe …
Vengono buttati lì riferimenti a conflitti millenari con il tale Signore Oscuro (ogni riferimento a Sauron è puramente voluto) risolti solamente grazie alla magia, cacce apparentemente immotivate alle povere fatine svolazzanti e l’odio congenito verso gli orchi (che comunque vivono in mezzo agli altri senza grossi problemi …), senza contare la questione centrale dei Bright del titolo, creature di qualsiasi razza – pare – uniche però in grado di maneggiare una bacchetta magica (anche qui, quante ce ne sono? sono rare? a cosa servono esattamente?). Questi per non focalizzarsi su aspetti come la struttura esatta della società di questo mondo nel quale veniamo scaraventati e di cui ci vengono dati solo pochi brandelli di informazione sparsi. Un potenziale davvero enorme che meriterebbe senz’altro di essere approfondito.
E’ stato stroncatissimo dalla critica americana, che probabilmente preferisce remake, reboot e sequel sempre e comunque. In ogni caso, un seguito è già stato confermato e auspicabilmente non potrà che andare a colmare le caselle lasciate vuote qui in vista di un disegno più grande e che richiede tempo. Così oltreoceano potranno cominciare ad apprezzarlo serenamente.
Di seguito il trailer in italiano della pellicola, a catalogo Netflix dal 22 dicembre: