L'opera d'esordio dei due registi non convince, troppo incerta sulla propria identità, nonostante le ottime prove dei protagonisti Mark Boone Junior e Marilyn Manson
Se uno come Troy Duffy dovesse realizzare un southern drama dal sapore gotico- criminale influenzato da Quentin Tarantino e David Gordon Green, il risultato sarebbe probabilmente vicino a quello di Let Me Make You A Martyr. Il film rappresenta il -a volte ambizioso, anche se per lo più senza direzione – esordio alla regia di Corey Asraf e John Swab che, nonostante la splendida fotografia di Jeff Melanson e un cast di talento, su cui spiccano in particolare il sempre grande Mark Boone Junior e il non di meno sorprendente Marilyn Manson, è un’opera tanto irrequieta quanto ostentata, ma in fin dei conti terribilmente noiosa, la quale passa più tempo a cercare di trovare la sua propria voce che a raccontare una storia coerente o almeno avvincente. Mai abbastanza sorprendente e / o abbastanza violento per avere un impatto duraturo e non abbastanza sottile per diventare stratificato e significativo, il risultato è goffo, grezzo e un po’ banale, rimanendo nel limbo di una specie di western moderno indefinito che non va al di là delle sue ispirazioni.
Ma la notizia arriva facilmente alle orecchie di Larry, e lui non è uno che si fa uccidere facilmente. Larry allora riprende i contatti con qualcuno che non vede a oltre 20 anni: Pope (Manson), un killer abilissimo che vive lontano nei boschi, con la speranza che quest’ultimo riesca ad ammazzare i suoi figli prima che loro arrivino a lui. Ma questo compito non sarà naturalmente facile. Pope non ama avere a che fare con gli affari di famiglia, ma questo non vuol dire che non possa essere convinto spingendo sulle giuste corde. Con un killer ora sulle loro tracce, Drew e June si trovano presto impigliati nelle trame del loro padre adottivo.
Come un’oscura farsa dei Fratelli Coen messa in una friggitrice per troppo tempo, a Let Me Make You A Martyr mancano l’arguzia, il fascino e la visione per poter strutturare un racconto morale contorto e dall’anima malinconica. Risulta disordinato quando vuole semplicemente sviarti ed è noioso oltre la semplice noia, in particolare nelle tematiche e nel messaggio. La sceneggiatura frustrantemente deforme di Swab manca di una sua propria voce ferma, con la conseguenza di presentare dialoghi del tipo “Non si può combattere il destino; io vi dico che, se Dio è in questa stanza, è un tipo decisamente pazzo”, o in momenti che vogliono disperatamente attirare l’attenzione. Proprio come in The Boondock Saints di Duffy, Asraf e Swab hanno trascorso la maggior parte del loro debutto cercando di essere cool, invece che trovare davvero il modo di esserlo. Che si traduce poi in un film senza scopo e senza sicurezza, senza la forza di ergersi oltre ai propri pari o almeno di essere vagamente all’altezza dei film che hanno influenzato chiaramente i due registi.
Per fortuna di Asraf e Swab, i due possono contare sull’aiuto di un grande cast per raddrizzare un po’ le cose. Boone, come accennato prima, è quello che fa davvero pesare la sua burbera personalità e l’aria pericolosa, sia che si trovi in scena o meno. Ed è anche attraverso i dolorosi occhi luccicanti di Nicotera che più tardi veniamo risucchiati dalle sue motivazioni e da ciò che ha vissuto. Allo stesso modo, la performance profondamente sentita della Quartin spesso compensa agli occhi dello spettatore la depravazione del suo personaggio, anche se i suoi demoni giungono presto a tormentarla. E l’adorabile Gracie Grenier, nei panni della struggente e innocente Rooney, non solo ricorda molto la Carrie Henn di Aliens, ma restituisce anche la stessa simpatia emotiva, nonostante una prova del tutto muta.
In definitiva Let Me Make You A Martyr lascia sempre ben evidenti le sue influenze anni ’90, ma non sa proprio come proseguire dopo averle svelate. Vuole essere un drama adulto, meditabondo, vizioso, audace e maturo, ma non è altrettanto intelligente e tagliente come vorrebbe suggerire. E i segni di qualcosa di più riflessivo sparsi qua e là non fanno che rendere più frustrante la visione, vedendo poi che non portano da nessuna parte. La promessa c’è, ma prima di tutto Asraf e Swam dovranno riuscire a togliersi dalla propria strada.
Di seguito il trailer internazionale: