Il disaster movie coreano distribuito da Netflix spreca l'interessante premessa nucleare e la critica alle istituzioni locali con personaggi sottili ed eccedendo nel melodramma
Sebbene non sia un fenomeno nuovo nel cinema coreano, il genere del disaster drama è stato particolarmente popolare nel 2016, tanto che gli strascichi si vedono ancora nel nuovo anno con Pandora, pastiche a tema nucleare diretto da Park Jung-woo. Prodotto dallo stesso studio che ci ha regalato quel gioiellino clamoroso di Train to Busan e potendo contare sia sul regista che sul protagonista del successo del 2012 Deranged, il film ha un pedigree di tutto rispetto, senza contare la particolarità di essere stato la prima opera cinematografica del paese asiatico a vendere i suoi diritti a Netflix, che lo ha messo a catalogo da oggi.
Seguendo le orme di precedenti disaster movie locali di successo come Haeundae (2009) e The Tower (2012), e di classici americani come L’inferno di cristallo e Armageddon, Pandora dedica buona parte dei suoi primi minuti a sviluppare legami melodrammatici all’interno del suo vasto cast di abitanti della città. Le sequenze luminose, le battute giocose e la messa in scena semplicistica non sarebbero troppo fuori luogo in un dramma televisivo coreano. Aggiungete al mix diverse figure irresponsabili e conniventi nell’impianto e all’interno delle sale della Casa Blu della capitale, e i riflettori sono pronti per una storia in cui dei poveri innocenti coreani che lavorano sodo sono in balìa dei cattivi che tengono le redini del potere.
Non certo considerabile un espediente narrativo particolarmente innovativo, i recenti blockbuster coreani hanno spesso fatto cenno alla sconsideratezza e al menefreghismo della classe politica, con il già citato film diretto da Yeun Sang Ho e The Tunnel che – al di là degli effettivi meriti – per ultimi hanno beneficiato della rabbia montante degli spettatori per raccogliere enormi incassi in patria lo scorso anno. Eppure, a differenza di questi due titoli, che sono stati attenti a bilanciare le emozioni forti e la componente drammatica, stuzzicando l’ira del pubblico attraverso giustapposizioni precise, Pandora allinea i pezzi bianchi e neri prima ancora di appoggiare sul tavolo la scacchiera del disastro.
Pandora si scontra anche con le sue ignave sequenze nella Blue House, nonostante la presenza del sempre affidabile Lee Kyoung-young (Inside Men) che impersona l’intrigante primo ministro. Portando sullo schermo il reticente presidente, Kim Myung-min (Deranged) affonda in secondo piano e non riesce mai a guadagnarsi troppa attenzione. Data l’attuale crisi politica che attanaglia la Corea del Sud, gli spettatori occidentali potrebbero trovarsi in difficoltà nell’essere persuasi che il suo cordiale presidente possa alla fine decidere di combattere il clientelismo dilagante nel suo ufficio e fare così finalmente la cosa giusta.
Va decisamente meglio per le sequenza della centrale nucleare, in particolare quelle con Jung Jin-young (The King and the Clown), determinato capo ingegnere che combatte con tutte le forze i suoi superiori codardi. Le scioccanti risposte dei pezzi grossi dell’impianto e degli esponenti del governo nel tentativo di nascondere la pietra dello scandalo suonano fin troppo vere visti gli ultimi avvenimenti (ogni riferimento al tragico affondamento del traghetto Sewol nel 2014 è puramente casuale). Sebbene un po’ accantonato per la gran parte della sezione centrale, Kim Nam-gil (The Pirates) fa un lavoro dignitoso con il protagonista che incarna, anche se pure lui viene risucchiato dall’eccesso melodrammatico del terzo atto.
In definitiva, se Pandora risulta essere un’aggiunta ragionevolmente efficace al genere dei disaster movie provenienti dalla Corea del Sud, una mano più solida in regia e una sceneggiatura meno retorica avrebbero potuto senza dubbio garantire un taglio più incisivo sulle reali preoccupazioni della sua premessa.
Di seguito il trailer ufficiale di Pandora: