L'ultimo lavoro di Beat Takeshi è un'opera estremamente matura e riflessiva sulla criminalità, che, mancando quasi completamente di azione, potrebbe però risultare troppo statica ai più
Ultimo capitolo della trilogia degli Outrage (dopo Outrage del 2010 e Beyond Outrage del 2012), Outrage Coda di Takeshi Kitano risulta un intricato film sulla Yakuza che a limitatissime parentesi di azione preferisce lunghe e machiavelliche riflessioni sui meccanismi della criminalità organizzata.
Lo schieramento ha l’occasione di ordire segretamente i propri intrighi quando, provvidenziale, Hanada ha un violento incontro con due prostitute al servizio di Hotomo, ma, invece di pagare lo scagnozzo coreano di quest’ultimo, inviato il giorno dopo per riscuotere una cifra quale risarcimento, lo uccide. Così si accende una faida tra la cosca di Mr. Chan e la florida Hanabishi-kai, frangente perfetto per le macchinazioni di Nomura (Ren Osugi), capo assoluto di quest’ultima, che segretamente ordisce per eliminare il suo secondo Nishino (Toshiyuki Nishida), mettendo in scena diversi attentati e cercando di dare la colpa a questi e ai coreani per metterli l’uno contro l’altro. Nel frattempo, Otomo torna in Giappone, per vendicare infine i suoi compagni giustiziati ingiustamente dagli Hanabishi.
Se la trama appare come potrete capire tutt’altro che immediata già nella sua più o meno breve descrizione, ancor più contorta e complicata è la sua messa in scena su pellicola. Siamo assai lontani dai caratteri kitaniani manifestati sin dal suo debutto con Violent Cop nel 1989 (la recensione), univa a uno svolgimento oltremodo violento a una componente altamente drammatica, che lui stesso, quale protagonista/giustiziere, portava in scena con grande pathos. In Outrage Coda gli scontri a fuoco o a fil di spada sono pressoché inesistenti, mentre vigono l’incastro certosino di mille differenti tasselli e personaggi e un’intricata riflessione sui codici d’onore, vigenti o meno, vecchi e nuovi. Ne segue dunque una certa nostalgia, quasi il rimpianto di una criminalità più corretta, più integra, in via di estinzione, rappresentata dal protagonista, con cui in qualche modo non si può che empatizzare.
Ormai stanco e in declino, il vecchio gangster ricorda il più giovane Murakawa di Sonatine (la recensione), sempre incarnato dal regista, il quale ugualmente cercava inutilmente di uscire indenne dalla criminalità organizzata e che allo stesso modo veniva tradito. Nell’ultimo lavoro, Kitano riserva però al suo personaggio ben poco spazio, mentre la diegesi si muove rapida tra i doppi giochi, i complotti e gli infiniti dialoghi tra i molteplici altri membri dello Hanabishi-kai. Anche la polizia, assai corrotta, è peraltro coinvolta nelle lotte di potere.
L’approccio riflessivo allo yakuza eiga, rivela in Outrage Coda un’estrema maturità che certo renderà apprezzabile il film di Kitano per il suo meticoloso intreccio e la densa indagine, quasi filosofica, del mondo criminale giapponese e dei suoi meccanismi; coloro però che nel regista nipponico apprezzavano la pirotecnica crudezza di alcune precedenti pellicole, potrebbero risentire del decrescere esponenziale di ritmo e più dell’immediatezza, che lo rendono a tratti un po’ indigesto.
Di seguito il trailer internazionale di Outrage Coda in cui sono concentrate pressoché tutte le sparatorie del film: