Il regista spagnolo debutta con un horror straniante e visionario, dove la realtà e l'allucinazione si fondono e sono radicate nell'oscura storia degli scontri fratricidi nella ex Jugoslavia
Passato e presente si fondono nel fosco The Maus, esordio alla regia di un lungometraggio dello spagnolo Yayo Herrero, che concretizza l’incubo della guerra civile nella ex Iugoslavia nel presente, tra incubo, ricordo e realtà.
Denso di palpabile tensione, The Maus riesce a costruire un crescendo di angoscia e al contempo a mantenere lo spettatore sospeso nel dubbio che quanto Selma paventa non sia reale, ma solo il frutto di una sua paranoia. Molte sono allora le sequenze scioccanti di estrema violenza, uno stupro, una fucilazione, immagini vivide davanti agli occhi sconvolti e terrorizzati della donna, che poi si rivelano un’allucinazione ad occhi aperti o un incubo. Così, un dettaglio osservato nel mondo circostante apre un mondo infernale, nutrito di ricordi scioccanti e di fobie, di una atra immaginazione radicata negli orrori bellici che invade il tangibile. Le tenebre pervadono la foresta, in cui è stata liberata una misteriosa creatura dalle preghiere della donna, che in apertura del film invoca protezione tramite un amuleto spaventata da una minaccia che presagisce tra alberi dai contorni oscuri.
L’orrore di The Maus allora è insieme sovrannaturale, surreale e concreto. Da una parte infatti un’entità mostruosa senza volto si materializza, agghiacciante spirito guardiano di Selma con letali intenti. Dall’altra c’è una continua confusione tra ciò che realmente accade e ciò che lei stessa immagina; rimane in dubbio se sia solo la proiezione di spaventose memorie o paranoie, come crede Alex sminuendo il pericolo, oppure la premonizione di un’imminente tragedia. Infine, c’è l’inquietante realtà, due uomini torvi che nelle opere sembrano essere solidali, ma nella mimica e nei gesti suggeriscono tutt’altra natura. Così viene costruita nel minutaggio una narrazione straniante, impossibile è capire quale in fondo sia la verità, che emerge con forza solo nell’ultimo quarto. Si principia da motivi riconoscibili, da una convenzionale impalcatura che richiama Un tranquillo weekend di paura (Deliverance, 1972) John Boorman, su cui però s’innesta una componente onirica e mentale. Non solo, a rendere più complesso e pregevole l’insieme c’è l’elemento fortemente caratterizzante e unico delle reminiscenze dei massacri. L’horror è inscindibile dalla storia dei luoghi in cui è girato, degli evocativi e oscuri cunicoli in cui i personaggi si inseguono, ma anche in cui decadi prima avvennero delle inumane carneficine. Il dubbio, il sospetto, allo stesso modo discendono dai trascorsi di un popolo, o meglio molti popoli, divisi da un odio indicibile che ancora nel presente si percepisce. Alex non può comprendere ciò che allora prova Selma; impossibile è per uno straniero calarsi in tali atri meandri del tempo.
Perfettamente bilanciato nello svolgimento, fusione di molteplici variegate suggestioni e decisamente ansiogeno, Yayo Herrero ci regala un horror inedito e coinvolgente, che non si limita alla sola sensazione, ma che indaga sui più profondi turbamenti che hanno le proprie fondamenta nella nera storia di una nazione profondamente divisa.
Di seguito trovate il trailer originale di The Maus: