Mediocre visivamente quanto nella trama, l'opera prima del regista è un thriller incapace di originalità o reale suspense, che ricade nel nutrito calderone delle opere presto dimenticabili
Negli ultimi tempi si sta assistendo al proliferare di piattaforme e canali pay per view di varia natura, tra Netflix, Amazon e così via, e, direttamente proporzionale alla crescita, vi è anche l’aumento esponenziale di produzioni dagli alterni risultati, per soddisfare la richiesta in continua espansione. Se per la legge dei grandi numeri vi sono ovviamente pellicole di tutto rispetto, tra le molte realizzate è per lo più vero il contrario e la stragrande maggioranza di quanto girato orbita nella triste galassia della più ignava mediocrità.
Certo, è capace di intrattenere lo spettatore che non troppa della sua attenzione vuole impegnare nel seguire gli sviluppi della vicenda, alquanto prevedibili quasi subito per amor di onestà; eppure se si vuole semplicemente essere cullati da un racconto senza particolari pretese, o privo di immagini ed eventi particolarmente traumatici e scioccanti, alloro si tratta della scelta perfetta.
Thriller destinato al consumo di massa, e perciò privo di criticità incisive, segue le peripezie vissute da una giovane coppia; prototipo dell’hypster, Noah (Edi Gathegi) lavora in un open space, sembrerebbe in un settore connesso a un settore creativo vista la divisa naiff, non si tratta del prototipo di impiegato in cravatta schiavo del sistema, Emma (Erin Cahill) è una stilista in erba con un gusto un po’ retrò, da boutique di Brooklyn per intenderci. Dopo un tragico lutto, una gravidanza dal tragico epilogo, i due decidono di trasferirsi per ricominciare daccapo nei dintorni di Los Angeles, in un tranquillo quartiere non troppo caro, eppure, come più volte sottolineato da lui, in cui hanno investito tutti i loro risparmi, forse anche ciò che non posseggono.
L’utilizzo ultimo di tutti i loro averi è una villa di epoca roosveltiana, come asserisce l’agente immobiliare, dotata di un fascino un po’ fané e, soprattutto, con una storia assai sinistra: dei precedenti inquilini, degli anziani cinesi, la consorte è morta in misteriose circostanze dopo essersi ammalata ed essere divenuta folle, mentre il marito sembra scomparso.
Nelle fosche letterine un misterioso autore suggerisce caldamente ai nuovi proprietari di abbandonare la loro nuova proprietà, o un terribile morbo coglierà la giovane e ambedue saranno sempiternamente seguiti da una maledizione. Ammonizioni o carteggio a senso unico ad opera di uno squinternato? Questo è il dilemma a cui vengono lasciati i protagonisti, come il pubblico; dubbio che si acuisce quando si intravede la sagoma di un corvo, sinistro presagio più volte menzionato nelle suddette epistole, che si aggira per le stanze. Sarà un spettrale presenza o solo un maniaco? Questo l’arduo quesito, sebbene la soluzione sia in fondo meno oscura di quanto si possa pensare, nonché meno fantasiosa. Certo la fattispecie filmica non esula dal Rasoio di Occam…
Ordunque un ossesso umano o meno ha una predilezione per la scrittura di epistole, nonché per l’invio di pacchi dei più svariati generi, dal cibo per gatti all’arredamento, ma ciò non distoglie Emma e un più recalcitrante Noah a stringere amicizia col vicinato. D’altro canto il loro novello stalker, sempre che sia in carne ed ossa, perché mai dovrebbe risiedere nel quartiere. Tra coloro che abitano nel circondario, si imbattono dunque in una strana individua, Jeanne (Denise Crosby) e nel figlio, il quale parrebbe essere portatore di una qualche tipologia di menomazione psichica non ben chiarita e che sembra prediligere la casetta sull’albero come suo rifugio e nascondiglio; entrambi paiono inoltre essere poco propensi al rispetto della proprietà privata e anzi, si palesano spesso e senza avviso nelle altrui mura domestiche.
L’altra quota di terrore dovrebbe essere comunicata dalle ambientazioni e dai dettagli, ma ad eccezione di uno sparuto gracchiare di corvo, un enorme pennuto corvino che vagola goffamente e il povero vecchino asiatico che, all’improvviso, spunta in casa con una mazza – non sono chiare né la provenienza, né le motivazioni, sembra solo alzeimerato – non si assiste ad apici indiscussi di incontrollabile paura, nemmeno a qualche passaggio particolarmente gore, solo esigui schizzi di sangue qua e là che faticherebbero a far conseguire un V.M. 14.
Intanto il tedio avanza e perfino quelli che avrebbero dovuto essere due twist ad effetto, uno a tre quarti del minutaggio, l’altro sul finale, sono deludenti e scontati, mediocri quanto l’emisfero visivo, la regia, la trama e la recitazione degli interpreti.
Film tra tanti, che presto cadrà nel dimenticatoio, The Watcher non lascia alcuna traccia nella memoria di chi l’ha visto, solo la sensazione che avrebbe potuto impiegare meglio quel tempo perduto.
Di seguito il trailer: