Dall'India arriva uno stupefacente horror che affonda le proprie radici nella mitologia locale e crea un affascinante mondo sotterraneo fatto di mostri, tesori nascosti e avidità che porta alla rovina
Sovente, gli horror, spesso basati su un immaginario ormai da tempo usurato, possono risultare per gli appassionati del genere piuttosto ripetitivi, scontati, poco originali. Ogni tanto si è portati a pensare, da estimatori, che tutto sia già stato detto, visto, che non sia ormai più possibile venire stupiti. Ebbene, ci sono rare volte in cui tali certezze vengono incrinate, di norma si tratta del frutto di culture lontane, che serbano notevoli tesori. E’ proprio questo il caso di Tumbbad, film del terrore indiano diretto dai debuttanti Rahi Anil Barve e Adesh Prasad, sotto la supervisione di Anand Gandhi, presentato all’ultimo Festival del cinema di Venezia e poi a Sitges, che affonda il proprio visionario universo nella mitologia e nel folkrore autoctoni (e con un fondo di verità).
Molti sono gli aspetti intriganti di questa inquietante favola dark. Anzitutto, l’uso del mito, di figure ultraterrene, rappresenta in Tumbbad un eccezionale bacino sia in termini narrativi, che visivi. Veniamo condotti in questo mondo alternativo in cui l’avidità prende la forma di Hastar; il dio, di cui in realtà non si fa menzione nella religione Indù a cui il film rimanda, è stato tramutato in un demone e condannato alla damnatio memorie per punire la sua sete di ricchezze e rinchiuso per l’eternità nell’utero della madre, dea della prosperità (che ricorda nell’iniziale descrizione la greca Gaia). E’ proprio in questo antropomorfico limbo ricoperto di molli tessuti carnosi (catturati dalla fotografia crepuscolare di Pankaj Kumar) che si cala Vinayak alla ricerca di un leggendario bottino su cui aleggia una terribile maledizione. Proprio qui, dalle tenebre, emerge una figura mostriforme, una sorta di ghoul deforme che gattona fulmineo sulle pareti rosse di sangue dell’antro, in preda a un’eterna e insaziabile fame e pronto a divorare qualsiasi cosa trovi lungo la sua strada.
Davvero agghiacciante e insieme del tutto inedita, intravediamo quest’entità inumana, dai tratti ferini, che attacca chiunque si avventuri nel suo dominio e che ricorda per alcuni tratti le creature delle profondità rocciose al centro di The Descent – Discesa nelle tenebre di Neil Marshall, a cui viene conferita al contempo un’estetica oscuramente fiabesca e dalle magiche virtù. Un ottimo uso della CGI e degli effetti speciali visivi ad opera di Sean Wheelan conferiscono un’incredibile vividezza alla surreale e spaventosa apparizione. Inoltre, come sovente accade nella tradizione fiabesca, anche l’oro di Hastar porta alla rovina, dello spirito oltre che del corpo, che prima o poi tange chiunque ne venga a contatto e se ne appropri. Ulteriore e acuto epicentro di paura è allora il concretizzarsi della maledizione stessa, di cui abbiamo un agghiacciante assaggio sin dalle prime sequenze in cui è mostrata la vecchia, decrepita nonna, che giace incatenata e avviluppata da un perenne sonno, interrotto solo dal bisogno impellente di nutrirsi, momento in cui emette sibili infernali e diviene oltremodo aggressiva.
Poi la smania, come una calamità dilaga tutto intorno a lui; si trasmette al figlio, che vuole seguirlo nelle pericolose missioni per impossessarsi del bottino misterioso; oppure viene attratto dalla profusione di monete dall’origine segreta il ricettatore Raghav (Deepak Damle), che con lui condivide la medesima cupidigia e che decide di tradirlo. Sullo sfondo dell’amaro ritratto antropologico, sono inquadrate le sterminate campagne indiane battute dalla pioggia, o la suggestiva e decadente cittadella fortificata di Tumbbad, su cui la rovina tangibilmente incombe. In ultimo, tocco di verismo appena percepibile, s’intravede un’India che si libera dal giogo della dominazione inglese e i cui contorni e la cui società perciò stanno cambiando.
Sfaccettato, unico e sorprendente, Tumbbad è un fanta-horror dall’estetica profondamente fantastica che affonda le proprie radici in una figurazione tetra e immaginifica, ma è contemporaneamente un’incursione dalla grande concretezza nei lati più oscuri dell’animo umano.
Di seguito trovate il full trailer ufficiale: