Nel 2003 Eric Bana e Jennifer Connelly erano i protagonisti di un film di supereroi diverso dal solito
Sembrano passati secoli. E, in effetti, 19 anni non sono proprio pochissimi. Arrivato nei cinema nel 2003, Hulk – provate a ricordare – rappresentava il film di supereroi più coinvolgente da quando Superman lasciò tutti a bocca aperta nel 1978. Prendendosi il suo tempo per sviluppare personaggi e situazioni, il secondo film del Marvel Cinematic Universe faceva ciò che tanti action/avventurosi hollywoodiani non riuscivano più a fare: permettere agli spettatori di provare davvero sentimenti per i protagonisti.
Il regista Ang Lee, ancora fresco del clamoroso successo di La tigre e il dragone, reimmagina il Golia Verde come una figura tragica intrappolata dal destino e dall’arroganza degli altri nel mostrare la bestia interiore ogni volta che la rabbia lo travolge. In verità, Hulk ha una maggiore sinergia con i film di mostri classici come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, Frankenstein e (soprattutto) King Kong rispetto ai ‘cugini’ Spider-Man o X-Men.
Sia Stan Lee (che, insieme a Jack Kirby, ha creato il personaggio sulla carta) che Lou Ferrigno (l’interprete del personaggio del titolo nella serie TV di fine anni ’70/inizio anni ’80, L’incredibile Hulk) hanno, giustamente, dei veloci cameo.
Hulk inizia con un breve prologo nel 1966 in cui un giovane Bruce Banner osserva suo padre sconvolto, uno scienziato militare screditato, commettere un atto indicibile. Salto in avanti di circa 35 anni. Bruce (Eric Bana) è ora uno scienziato che lavora al Berkeley Nuclear Biotechnical Institute insieme alla sua ex ragazza, Betty (Jennifer Connelly). Il loro attuale progetto ha incontrato alcuni ostacoli, ma ciò non ha impedito allo squallido dirigente d’aziendae Talbot (Josh Lucas) di interessarsene.
A osservare la situazione con occhio attento c’è anche il padre di Betty, il generale Ross (Sam Elliot), che si chiede se il progetto possa avere anche applicazioni militari. Poi, un giorno, un incidente di laboratorio espone Bruce a una massiccia dose di radiazioni. Non solo l’uomo sopravvive, ma non risulta nemmeno ferito.
Mentre è sdraiato nel suo letto d’ospedale, riceve la visita di un vecchio brizzolato che afferma di essere suo padre, David Banner (Nick Nolte). Il distratto David parla per enigmi e mezze verità, ma Bruce ne comprende il significato quando, in un successivo impeto di rabbia, si ritrova trasformato in Hulk: un colosso alto oltre 4 metri con la pelle verde smeraldo, una forza immensa e una quasi invulnerabilità alle armi convenzionali. All’improvviso, tutti vogliono qualcosa. Bruce e Betty cercano una cura. Ross e Talbot discutono se uccidere Bruce o farselo amico. E David ha in mente qualcosa di sinistro.
Gli aspetti alla Jekyll e Hyde di Hulk sono abbastanza palesi. Le allusioni a Frankenstein implicano la convinzione di David Banner di poter migliorare l’umanità e “andare oltre i confini fissati da Dio”. Vede Bruce come una sua creazione. Ma il film a cui Hulk assomiglia di più è, come detto, King Kong. Come la scimmia gigante, Hulk è uno scherzo della natura, braccato dalle autorità. La sua battaglia contro un trio di cani mutanti ricorda i combattimenti tra i dinosauri di Kong e la scena in cui Hulk si scontra con gli elicotteri ricorda l’ultima resistenza dell’enorme primate. C’è anche un tocco di La Bella e la Bestia, con Betty in grado di calmarlo. C’è anche una scena in cui la prende delicatamente tra le mani.
Sebbene Ang Lee introduca molta filosofia e tragedia nel film (il tono è insolitamente cupo per un ‘popcorn movie’, anche se non così cupo da soffocare il divertimento), non dimentica mai che Hulk è un personaggio dei fumetti. La sua regia è spesso selvaggiamente esagerata, con movimenti cinetici della mdp e un’ampia varietà di angoli di ripresa e distanze. Inoltre ricorre spesso allo split screen così da dividere l’area visiva in una tela a più pannelli che assomiglia molto alla pagina di un fumetto. Ci sono momenti in cui le tecniche visive del regista possono sembrare sembrano eccessive, ma smettono presto di essere pretenziose o irritanti.
La recitazione è solida. L’australiano Eric Bana, al tempo ancora poco conosciuto, fa un lavoro fenomenale nei panni di Bruce Banner, una classica figura meditabonda e tragica. Jennifer Connelly, che interpreta ancora una volta la fidanzata di un supereroe (l’ultima volta lo aveva fatto in Le avventure di Rocketeer del 1991), trasforma Betty in una donna forte e compassionevole.
Il Golia Verde è – di fatto – un’entità interamente generata dal computer (sebbene prenda molto in prestito dai lineamenti di Eric Bana) e il risultato della CGI impiegata è ben sopra alla media del periodo. Il volto è pienamente espressivo (ci sono dei primi piani notevoli), il corpo si muove in modo realistico e le interazioni con persone e oggetti reali sono impeccabili. Certo, c’è qualcosa di ‘esagerato’ in Hulk, ma questo è, dopo tutto, un cinecomic da 137 milioni di dollari di budget.
È infine interessante notare che sia Hulk che i contemporanei X2 e Spider-Man sono stati diretti da registi le cui radici affondano nel cinema indipendente. C’è ovviamente una ragione: si tratta di filmmaker in grado di raccontare una storia. Non sono ‘shooters’ qualsiasi messi lì dallo Studio.
La visione di Hulk fornita da Ang Lee era qualcosa di fresco ed eccitante. Peccato che il pubblico non lo abbia capito, pregiudicando di fatto la messa in cantiere di un sequel.
Di seguito trovate una scena di Hulk: