Come l'adattamento nostrano del 1920 del classico di Mary Shelley potrebbe essere connesso con il filone incentrato sul Sansone incarnato da Luciano Albertini
Film perduto rimasto nella storia come il primo horror italiano, Il mostro di Frankenstein di Eugenio Testa è anche il terzo adattamento in assoluto del romanzo di Mary Shelley Frankenstein, o il Prometeo moderno (1816). La pellicola, di cui però non si ha più traccia alcuna, uscì nel 1920, quando già il cinema italiano si era costruito una fama a livello mondiale grazie ai Peplum, quali Quo Vadis (1913) di Enrico Guazzoni, Gli ultimi giorni di Pompei di Eleuterio Ridolfi (1913) e Cabiria di Giovanni Pastrone, e ai drammi d’impronta teatrale, come Assunta Spina (1915) di Francesca Bertini (che incarnava anche la protagonista) e Gustavo Serena. Tuttavia, mentre la produzione in costume era assai diffusi nella cinematografia nostrana sin da principio, assai meno coltivato era il fantastico in tutte le sue declinazioni. Certo, vi sono alcuni casi come Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola (1913), antesignano del viaggio fantascientifico e tratto dal francese Viaggi straordinarissimi di Saturnino Farandola (Voyages très extraordinaires de Saturin Farandoul) di Albert Robida del 1879, che nel panorama filmico muto del Belpaese rimane altresì una vera e propria rarità.
Uno scienziato riesce a fabbricare un uomo con una formula chimica di sua invenzione, ma la creatura (Guarracino) si ribella al suo creatore e commette ogni sorta di disastri fino a quando sarà ridotto all’impotenza da Sansone (Albertini). (Mereghetti 1994: I, 131)
Affine dunque all’originale letterario nel punti cardine della narrazione, Il mostro di Frankenstein vedeva quindi il Barone Von Frankenstein – ossia lo scienziato- , il quale era alla ricerca della formula per dare la vita alla materia morta. Dopo vari tentativi, questi metteva insieme le parti di più cadaveri creando un corpo che poi riusciva ad animare: la creatura però si rivelava una vera e propria calamità. Non si tratta altresì dell’adattamento fedele del classico letterario; anzi, fatto singolare, compare nello svolgimento una vera e propria icona del coevo cinema italiano, Sansone, personaggio di matrice classica e prototipo del forzuto che male si abbinava al gotigheggiante testo di Mary Shelley, di tutt’altra natura. Interessante dunque è interrogarsi sul motivo per cui un elemento all’apparenza tanto stridente sia stato inserito e una delle ipotesi più credibili è che lo strano abbinamento sia da ricercarsi nella coeva filmografia italiana, nella fattispecie in quella legata all’Antica Roma. L’origine sta nel successo conquistato da Maciste, capostipite dei nerboruti paladini, che fece la sua comparsa poco più di un lustro prima, nel 1914 in Cabiria, in cui era impersonato da Bartolomeo Pagano. Grazie al successo del film di Pastrone, il tipo divenne ricorrente nel sottogenere con numerosi cloni, fu declinato in molteplici maniere, interpretato da innumerevoli attori e fu una figura centrale in molti altri Peplum. Simbolo inoltre di italianità, era costruita su di lui una consistente propaganda bellica che inneggiava alle virili virtù del maschio italico durante la Prima Guerra Mondiale e sotto l’ascesa del fascismo. Sansone, come Maciste, era al centro di tale filone, in cui un personaggio mitologico dalle origini latine affrontava vicissitudini e temibili nemici, mettendo in mostra le proprie straordinarie doti.
Molte sono in conclusione le incognite legate a Il mostro di Frankenstein di Eugenio Testa. Tuttavia non esiste nessuna certezza, ma solo qualche ipotesi, dacché d’improvviso tutte le sue copie svanirono nel nulla lasciandosi solo alle spalle qualche poster e un’unica immagine che catturava il mostro interpretato da Umberto Guarracino. Una delle teorie possibili a riguardo è che la censura, particolarmente stringente negli anni ’20 in Italia, abbia ritenuto il film ineducativo o troppo scioccante – in alcune scene o in toto – e abbia così deciso di tagliarne via via sempre più sequenze finché non ne rimase nulla, o di eliminare direttamente tutte le copie in circolazione. All’estero, in qualche magazzino parigino o in qualche cantina belga, potrebbe essere però ancora nascosto un esemplare esistente, che speriamo sempre un giorno riaffiori …