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Titolo originale: Il Mostro di Frankenstein , uscita: 01-01-1921. Regista: Eugenio Testa.

Riflessione | Il Mostro di Frankenstein di Eugenio Testa: primo horror italiano o clamoroso peplum?

21/06/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Come l'adattamento nostrano del 1920 del classico di Mary Shelley potrebbe essere connesso con il filone incentrato sul Sansone incarnato da Luciano Albertini

Film perduto rimasto nella storia come il primo horror italiano, Il mostro di Frankenstein di Eugenio Testa è anche il terzo adattamento in assoluto del romanzo di Mary Shelley Frankenstein, o il Prometeo moderno (1816). La pellicola, di cui però non si ha più traccia alcuna, uscì nel 1920, quando già il cinema italiano si era costruito una fama a livello mondiale grazie ai Peplum, quali Quo Vadis (1913) di Enrico Guazzoni, Gli ultimi giorni di Pompei di Eleuterio Ridolfi (1913) e Cabiria di Giovanni Pastrone, e ai drammi d’impronta teatrale, come Assunta Spina (1915) di Francesca Bertini (che incarnava anche la protagonista) e Gustavo Serena. Tuttavia, mentre la produzione in costume era assai diffusi nella cinematografia nostrana sin da principio, assai meno coltivato era il fantastico in tutte le sue declinazioni. Certo, vi sono alcuni casi come Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola (1913), antesignano del viaggio fantascientifico e tratto dal francese Viaggi straordinarissimi di Saturnino Farandola (Voyages très extraordinaires de Saturin Farandoul) di Albert Robida del 1879, che nel panorama filmico muto del Belpaese rimane altresì una vera e propria rarità.

Tornando invece al nostro Il mostro di Frankenstein, che anticipa di più di un trentennio I vampiri di Riccardo Freda e Mario Bava (1956) – conosciuto dai più come il primo horror italiano – , poche sono le notizie a noi pervenute, mentre non esistono più copie in circolazione da anni. Eppure la sua storia è assai più interessante e complessa di quella di un’intrigante opera smarrita nei meandri della storia… Ma procediamo con ordine. Sappiamo anzitutto che fu prodotto dalla Albertini Cinematografica e che il copione non originale fu scritto da Giovanni Drovetti, intellettuale poliedrico nato a Sesto San Giovanni nel 1879, il quale si dedicò a poesia, saggistica e teatro, con qualche sporadica incursione nella nascente Settima Arte. Oltre al sopracitato film scrisse anche il soggetto della commedia Champagne caprice (1919) diretta da Achille Consalvi. Ci sono stati tramandati inoltre i nomi dei protagonisti di Il mostro di Frankenstein: Luciano Albertini (alias Francesco Vespignani) vestiva i panni dell’eroico Sansone, mentre Umberto Guarracino incarnava il terrificante mostro; al loro fianco si ricordano anche Linda Albertini e Aldo Mezzanotte. Oltre ai componenti del cast, le tracce a noi rimaste consistono in una foto di scena e un pugno di locandine, che ne documentano la proficua distribuzione tra il 1922 e il 1926 all’interno del territorio italiano. Non solo, a quanto pare l’horror ante litteram ebbe un seguito internazionale, in particolare approdò in Egitto, in Belgio e in Francia, dove arrivò con il titolo di Le Monstre.

A sopravvivere fu anche la trama, che viene riportata da Mereghetti:

Uno scienziato riesce a fabbricare un uomo con una formula chimica di sua invenzione, ma la creatura (Guarracino) si ribella al suo creatore e commette ogni sorta di disastri fino a quando sarà ridotto all’impotenza da Sansone (Albertini). (Mereghetti 1994: I, 131)

Affine dunque all’originale letterario nel punti cardine della narrazione, Il mostro di Frankenstein vedeva quindi il Barone Von Frankenstein – ossia lo scienziato- , il quale era alla ricerca della formula per dare la vita alla materia morta. Dopo vari tentativi, questi metteva insieme le parti di più cadaveri creando un corpo che poi riusciva ad animare: la creatura però si rivelava una vera e propria calamità. Non si tratta altresì dell’adattamento fedele del classico letterario; anzi, fatto singolare, compare nello svolgimento una vera e propria icona del coevo cinema italiano, Sansone, personaggio di matrice classica e prototipo del forzuto che male si abbinava al gotigheggiante testo di Mary Shelley, di tutt’altra natura. Interessante dunque è interrogarsi sul motivo per cui un elemento all’apparenza tanto stridente sia stato inserito e una delle ipotesi più credibili è che lo strano abbinamento sia da ricercarsi nella coeva filmografia italiana, nella fattispecie in quella legata all’Antica Roma. L’origine sta nel successo conquistato da Maciste, capostipite dei nerboruti paladini, che fece la sua comparsa poco più di un lustro prima, nel 1914 in Cabiria, in cui era impersonato da Bartolomeo Pagano. Grazie al successo del film di Pastrone, il tipo divenne ricorrente nel sottogenere con numerosi cloni, fu declinato in molteplici maniere, interpretato da innumerevoli attori e fu una figura centrale in molti altri Peplum. Simbolo inoltre di italianità, era costruita su di lui una consistente propaganda bellica che inneggiava alle virili virtù del maschio italico durante la Prima Guerra Mondiale e sotto l’ascesa del fascismo. Sansone, come Maciste, era al centro di tale filone, in cui un personaggio mitologico dalle origini latine affrontava vicissitudini e temibili nemici, mettendo in mostra le proprie straordinarie doti.

Luciano Albertini, prima di Il mostro di Frankenstein, aveva incarnato Sansone in una nutrita serie di film inaugurata da Sansone contro i Filistei del 1918, a cui erano seguiti nell’ordine Sansone e la ladra di atleti di Amedeo Mustacchi (1919), Sansone muto (1919), I figli di Sansonia (1920) e Sansone burlone tutti per la regia di Filippo Costamagna (1920), Sansonette amazzone dell’aria (1920), Sansonette danzatrice della prateria e Sansonette e i quattro arlecchini di Giovanni Pezzinga (1920), Sansone e i rettili umani di Amedeo Mustacchi (1920), in ultimo Sansone l’acrobata del Kolossal di Adriano Giovannetti (1920). E’ lecito pensare per diversi motivi che Il mostro di Frankenstein facesse parte proprio di tale saga. Anzitutto, il paladino classico sembrava – almeno stando alle fonti a cui abbiamo accesso – essere investito nel film di Testa del solito ruolo di salvatore degli indifesi. Non solo, l’eroe come sempre era interpretato da Albertini, che in questo caso era anche il produttore con la sua Albertini Film (fondata nel 1920). Era peraltro presente anche la moglie, Linda Albertini, in molti capitoli della saga comparsa come Sansonette. Non abbiamo purtroppo alcuna certezza, poiché impossibile è visionare la pellicola. Eppure non è così folle domandarsi se il primo horror del cinema nostrano fosse in verità un Peplum con un mostruoso antagonista, una sorta di estroso mash-up, o di avventura fantastica del beneamato eroe. Altro indizio che supporta in maniera piuttosto palese tale ipotesi è che, come potete vedere nella locandina sovrastante, viene chiaramente citata come protagonista Sansonia, la stessa di  I figli di Sansonia del 1920 e che più volte era stata interpretata da Linda Albertini, anche in questo caso nel cast (benché non sia possibile risalere con certezza a chi incarnasse, è piuttosto ovvio fare supposizioni).

Molte sono in conclusione le incognite legate a Il mostro di Frankenstein di Eugenio Testa. Tuttavia non esiste nessuna certezza, ma solo qualche ipotesi, dacché d’improvviso tutte le sue copie svanirono nel nulla lasciandosi solo alle spalle qualche poster e un’unica immagine che catturava il mostro interpretato da Umberto Guarracino. Una delle teorie possibili a riguardo è che la censura, particolarmente stringente negli anni ’20 in Italia, abbia ritenuto il film ineducativo o troppo scioccante – in alcune scene o in toto – e abbia così deciso di tagliarne via via sempre più sequenze finché non ne rimase nulla, o di eliminare direttamente tutte le copie in circolazione. All’estero, in qualche magazzino parigino o in qualche cantina belga, potrebbe essere però ancora nascosto un esemplare esistente, che speriamo sempre un giorno riaffiori …