Serialità pianifica e paura di osare stanno impedendo alle grandi produzioni di sacrificare un protagonista o vederlo almeno fallire ogni tanto. Ma è davvero la scelta migliore?
Di questi tempi, complici internet, gli spoiler, ma ancor di più la serializzazione dei blockbuster, è sempre più raro che una grossa produzione hollywoodiana sia in grado di tenerci sul filo del rasoio ed essere capace di creare una vera e propria suspense. Eccezion fatta per Rogue One: A Star Wars Story in cui, non essendo prevista alcuna diretta filiazione, le morti sono – come plausibile in una missione fondamentalmente kamikaze – copiose, forse vi sarete accorti che nell’ultimo periodo – o per meglio dire, anni – è oltremodo difficile che venga in noi suscitato anche il più superficiale sospetto che uno dei personaggi principali di un film ad alto budget, di cui sovente sono previsti sequel a oltranza, possa subire danni o perdite seri nell’affrontare l’avventura del momento, mai viene palesata una seria sconfitta, messa seriamente in dubbio l’onnipotenza dell’eroe di turno, o ancor più che la sua sopravvivenza per proseguire poi con l’ennesimo seguito; lo stesso vale per i personaggi principali che lo affiancano.
Se ci concentriamo al contrario su alcuni degli ultimi grossi titoli usciti al cinema, in pochissimi casi è valido lo stesso principio. E’ vero, nel sopracitato spin-off di Star Wars, come ha sottolineato Gareth Edwards, non v’era certezza alcuna per i ribelli partecipanti alla pericolosa missione di recupero dei piani della Morte Nera di riuscire a scappare incolumi e, stranamente per un capitolo di un franchise Disney / Lucas Film, il tono, così come l’epilogo, è decisamente più fosco del solito; ma è una sparuta eccezione nel panorama cinematografico americano del giorno d’oggi e dovuta solo, come detto, all’assenza di un qualunque spazio per possibili sviluppi, di conseguenza… nessun vincolo! Tornando invece ai casi contrari, immediatamente viene alla mente Star Trek Beyond di Justin Lin, dove, nonostante le terribili minacce e la situazione disperata, l’epilogo positivo è talmente scontato da non farci vacillare nemmeno per un attimo, tutti alla fine rimarranno illesi e l’unica vera ‘vittima’, la USS Enterprise, distrutta all’inizio del film verrà prontamente ricostruita in chiusura, una volta tornati al sicuro nella stazione spaziale USS Yorktown. Perfino lo spauracchio dell’abbandono dell’equipaggio da parte di Kirk viene accantonato, lui sceglie ovviamente di restare con gli amici e nemmeno una nuvola offusca il lieto finale del 13° capitolo della lunga saga stellare.
E’ indiscutibile, eliminare da una saga plurimilionaria un beniamino del pubblico si potrebbe rivelare una scelta economica e di marketing alquanto avventata o suicida, eppure il cinema dovrebbe essere anche capace di stupire e l’imprevedibilità di tanto in tanto potrebbe risultate una bella novità… o no?