Un noir che tenta di esplorare memoria e colpa, ma resta intrappolato in cliché e scelte narrative prevedibili
Sleeping Dogs si presenta come un thriller noir che vorrebbe giocare con i temi della memoria, dell’identità e della colpa, ma che finisce per scivolare in un territorio di convenzioni logore e scelte narrative prevedibili. Diretto da Adam Cooper e tratto dal romanzo Il libro degli specchi di E.O. Chirovici, il film si affida quasi interamente al carisma di Russell Crowe, attore capace di reggere da solo la scena, ma costretto qui a farsi carico di una scrittura debole e di un impianto registico poco incisivo.
Il protagonista Roy Freeman è un ex detective colpito dal morbo di Alzheimer, che tenta di ricostruire i tasselli di un caso irrisolto legato all’omicidio di un professore universitario, Joseph Wieder. Fin dalle prime immagini, con le note adesive sparse per casa che gli ricordano il suo nome e la sua malattia, il film sottolinea senza sfumature il disagio mentale del personaggio. Cooper insiste su simboli e metafore ridondanti – il puzzle da completare, le fotografie spezzate, le note scritte a mano – trasformando l’Alzheimer da tragedia umana in un comodo espediente narrativo che si attiva o si disattiva a seconda delle esigenze della trama.
Il paragone con Memento di Christopher Nolan non sorge casuale: Sleeping Dogs sembra ricalcarne l’impianto tematico, ma senza la stessa forza innovativa né la coerenza narrativa. L’amnesia diventa più un ostacolo artificiale che un reale strumento di tensione drammatica, mentre le soluzioni visive (grandangoli, lenti deformanti, flashback insistiti) cercano di restituire la confusione mentale del protagonista, ma finiscono per risultare più didascaliche che evocative.
Russell Crowe, con barba bianca e cappello calato sugli occhi, interpreta Freeman con misura, evitando gli eccessi e offrendo un ritratto malinconico di un uomo diviso tra la necessità di ricordare e la paura di ciò che potrebbe riaffiorare. La sua performance è l’elemento più convincente del film, capace di trasmettere fragilità e rabbia represse. Attorno a lui, però, gli altri personaggi rimangono abbozzati: Karen Gillan non riesce a dare spessore alla sua Laura, ridotta a una femme fatale di maniera, mentre Harry Greenwood e Tommy Flanagan si muovono tra stereotipi già visti.
L’opera di Cooper cerca di intrecciare noir, melodramma e riflessione filosofica sulla natura della memoria. Tuttavia, l’eccesso di spiegazioni, i dialoghi appesantiti da frasi-slogan e i continui rimandi a traumi rimossi finiscono per appiattire ogni tensione. Anche l’elemento scientifico – la sperimentazione di una terapia capace di cancellare i ricordi dolorosi – appare più come un pretesto che come un tema realmente indagato.
Alla fine, Sleeping Dogs resta prigioniero delle proprie ambizioni: vorrebbe essere un’indagine esistenziale e insieme un thriller serrato, ma non trova mai un equilibrio tra i due poli. Ciò che rimane è soprattutto la prova solida di Russell Crowe, capace di portare dignità e umanità anche in un contesto narrativo fragile. Per il resto, si tratta di un film che non riesce a lasciare un segno, condannato a svanire dalla memoria dello spettatore con la stessa rapidità con cui i ricordi sfuggono al suo protagonista.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Sleeping Dogs, finito dritto su Prime Video il 22 agosto: