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The Accountant: la recensione del film diretto da Gavin O’Connor, con Ben Affleck

Il regista di Warrior mette insieme un film d’azione multistrato in cui i pezzi però non si annodano mai

Più Colt che contabilità. Christian Wolff (Ben Affleck), autistico ad alto funzionamento, già da piccolo mostra un acume matematico fuori dal comune. Ma non si tratta di Will Hunting, e nemmeno di Rain Man. Cresciuto, anziché le porte del MIT, gli si spalancano quelle di uno studio di contabilità. Il suo. In realtà non si tratta di un lavoro tranquillo; dietro alle mirabolanti detrazioni fiscali per coppie di vecchietti ansiosi di ottimizzare il debito fiscale (ogni mondo è paese, e una furtiva lacrima scende sulla gota dello spettatore quando sente pronunciare “Modelli Unici”: miracoli del doppiaggio italiano), si nasconde incessante una losca attività.

Non ci è dato sapere subito perché, ma Christian accetta spesso e volentieri incarichi da tesoriere o revisore contabile per organizzazioni criminali. Al contempo, vediamo che il ragazzone tira niente male, novello Rambo grazie all’educazione di stampo militar vietnamita ricevuta dal padre; lo vediamo infatti tutto contento a sfracellar meloni disegnati a mo’ di emoticon nel prato della coppia di vecchietti a lui grati per il risparmio fiscale.

Poi, la sceneggiatura scritta da Bill Dubuque (The Judge) si perde in mille trame sbocconcellate, senza che nessuna abbia una tensione narrativa corposa o almeno emotiva, tutto è abbozzato e buttato via, non ci si addentra in nulla. È come ascoltare tutte insieme le prime battute di altrettante canzoni di media qualità, la disarmonia nell’opera diretta da Gavin O’Connor – apprezzatissimo per Warrior del 2011 (la recensione) – è totale e il disinteresse galoppante.

Gli stessi attori sembrano appiccicati alla scena, non restituendo nessuna credibilità. Ben Affleck che corruga la fronte e abbassa lo sguardo per esprimere il tormento di un’infanzia segnata dal disagio psichico non convince, il disegno del suo personaggio adulto è totalmente incoerente, la sua interpretazione procede a sussulti e sbalzi.

La coprotagonista Dana Cummings (Anna Kendrick), contabile pure lei, ha un’espressione sempre sospesa fra Rooney Mara e Annamaria Franzoni e dalla sua petulanza non traspare mai un’intenzione chiara: è un’impicciona, è solo una che cerca un fidanzato, non si capisce. Non è credibile nello spavento, nella sorpresa, negli approcci. Si salva solo l’ottimo J.K. Simmons (Ray King), ma è davvero troppo poco per salvare il film.

Di seguito il trailer ufficiale italiano di The Accountant:

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Published by
Teresa Scarale