Najarra Townsend è una serial killer morbosa e sanguinaria nella versione femminista di 'Maniac'
Morbosità e omicidi a matrice sessuale sono stati a lungo prerogativa del sesso maschile, almeno nella maggior parte delle loro trasposizione cinematografiche. Da Hannibal Lecter a Zodiac, da l’Enigmista a Norman Bates, reali o inventati i più celebri assassini del grande schermo sono perlopiù uomini, soprattutto per ciò che riguarda i crimini più cruenti e macabri. Eppure, può esistere anche un corrispettivo femminile di predatrice sadica che raccoglie ‘trofei’ dai cadaveri delle proprie vittime. È il caso di The Stylist, scritto e diretto da Jill Gevargizian (al suo debutto alla direzione di un lungometraggio dopo diversi corti – tra cui quello da cui è tratto questo – e un segmento breve per Dark Web).
L’ossessione è in tributo d’amore che in pochi sanno apprezzare, ancor più accettare. Inoltre, se non ricambiata si tramuta in qualcosa di estremamente pericoloso. Non se ne rende conto in principio la popolare – e un po’ superficiale – Mandy, quando decide di dare più confidenza del dovuto alla sua schiva e un po’ singolare air stylist. Il tutto inizia con un messaggio, un invito a cena e qualche confidenza scambiata sorseggiando un bicchiere di Merlot. Tuttavia, quello che all’apparenza è un normale scambio sociale fa scattare in Claire qualcosa di oscuro, dilaniante.
La solitudine, il bisogno di intimità con altri individui e l’incapacità di stabilirla logorano la mente instabile della protagonista, resa in maniera decisamente affascinante e sfaccettata dalla performance di Najarra Townsend (Me and You and Everyone We Know). La sua mimica espressiva, ogni suo gesto, ogni suo slancio – che sia esibito oppure sia quasi impercettibile – è catturato dalla camera da presa con precisione maniacale e una sensibilità estrema a ogni variazione di tono e d’umore. È il lento sprofondare nella follia e nella furia omicida che Jill Gevargizian costruisce nel suo The Stylist.
Inizialmente, gli accessi di violenza sono tenuti sotto controllo, le macabre necessità della protagonista espletate di notte, di nascosto, in modo controllato e quando nessuno può vedere. Poi, però, il suo equilibrio instabile viene meno, la sua emotività esplode e la caccia diventa irrefrenabile, incontenibile.
Poi c’è il lato erotico, feticista, che si accompagna a quello psicologico. L’ossessione per i capelli, i deliri paranoidi e le allucinazioni, infine i repentini cambi di personalità, tutto conferisce a questo ritratto di serial killer una complessità e un fascino oscuro degno del Frank Zito (Joe Spinelli) del Maniac di William Lustig. D’altra parte, The Stylist ha un palese debito con il cult del 1980 (di cui esiste anche un più recente remake del 2012 diretto da Franck Khalfoun e con protagonista Elijah Wood). Eppure, nonostante il modello sia esplicito, la sensibilità con cui viene reso è del tutto differente, più femminile e ‘delicata’.
A conferire un ulteriore forza visiva alla crudezza dei delitti – come se servisse – è anche la fotografia di Robert Patrick Stern, che crea un intenso chiaro scuro e ammanta di costante e suggestiva penombra gli interni in cui gli omicidi si consumano, illuminati solo dalla luce sintetica.
L’analisi di un personaggio poliedrico, l’emergere della natura ferina in una ragazza all’apparenza dolce e sensibile, il maniacale attaccamento in una relazione (un po’ alla May di Lucky McKee), infine la sconvolgente esistenza di un doppio represso che veementemente esplode sono gli ingredienti principali di The Stylist, che concorrono a creare un thriller psicologico intenso e ritmato.
Di seguito trovate il cortometraggio originale da cui prende spunto The Stylist: