Jordan Hayes e Max Topplin sono i protagonisti di un'opera che gioca con gli stereotipi del genere, divertendosi a spiazzare con le aspettative del pubblico
Il ride sharing suscita, forse anche solo inconsciamente, pensieri sinistri, una sensazione di pericolo. Chi sarà davvero il mio autista di Uber? E se fosse un malintenzionato a caccia della sua prossima vittima? Pervasa da simili paure, Cami (Jordan Hayes), la protagonista di The Toll di Michael Nader, sale così sulla macchina di Spencer (Max Topplin). Infatti, a raccogliere la ragazza sarebbe dovuto venire il padre, da cui lei è in visita, ma il suo volo aereo ha avuto un notevole ritardo ed è atterrato nel mezzo della notte. Se poi Cami è già di per sé angosciata dalla situazione, a peggiorare il tutto ci si mette la sua destinazione, un ranch nel bel mezzo del nulla. Non solo, il suo driver ha qualcosa di inquietante. Non si tratta di ciò che dice, ma del modo in cui lo fa.
L’inizio di The Toll ci induce a pensare a un serial killer a caccia della sua prossima sprovveduta preda, ma non è così, o almeno non del tutto. Michael Nader (al suo debutto alla regia di un lungometraggio) ci porta infatti sapientemente – e più volte – a credere che Spencer sia un predatore – a partire dal preambolo in macchina -, e tale dubbio persiste in effetti lungo l’intera storia. Eppure, da un certo momento in poi, il centro del discorso e la minaccia principale cambiano esponenzialmente.
Da thriller psicologico, The Toll diventa allora d’improvviso un horror paranormale, e questo secondo livello narrativo è decisamente meno convincente del primo.
Da un lato, difatti, la tensione continua a essere costruita sul sospetto. Cami intravvede innumerevoli indizi di colpevolezza, ma ogni volta questi vengono smentiti, o quantomeno sono spiegabili in maniera più o meno logica. Spencer, da parte sua, è decisamente singolare, ma non per forza pericoloso. Lui stesso ammette che le sue capacità relazionali sono scarsissime e, per questo motivo, risulta strano, a tratti inquietante. Le sue azioni, però, fanno pensare che sia, al contrario, un bravo ragazzo. Quando, dunque, la macchina si spegne nel mezzo del nulla, su una strada secondaria e salta il GPS, inizialmente Cami sospetta l’abbia fatto apposta, ma poi una delle sinistre presenze entrano in scena.
Le entità fantasmatiche (il creature design non è particolarmente innovativo o visionario, ma comunque efficace) e diversi jumpscare fanno innegabilmente il loro lavoro nel far sobbalzare lo spettatore durante gli 80 minuti complessivi. Inoltre, nonostante lo sviluppo sia concentrato sui due protagonisti, il ritmo è mantenuto alto e non ci sono mai momenti di eccessiva stagnazione, complici le continue apparizioni (di persone fisiche e non) che scandiscono lo sviluppo e portano avanti il racconto. Certo, alcune di queste, come una vecchia col trattore che fornisce pure uno spiegone, sono improbabili e al limite del grottesco, ma in linea di massima l’impalcatura generale regge.
Ciò si deve al vero punto di forza di The Toll: il gioco psicologico incentrato sull’ambiguità di Spencer, la duplice psicologia del quale Max Topplin riesce perfettamente a rendere. Anche quando veniamo proiettati in una realtà parallela, la natura dell’uomo viene continuamente messa in discussione. Addirittura, lo stesso Toll Man usa i timori che Cami ha nei suoi confronti per confonderla … o forse sta solo cercando di ‘ammonirla’?
Insomma, il susseguirsi di colpi di scena e il continuo generare aspettative poi prontamente disattese basandosi su note dinamiche di genere divengono il motore pulsante di quello che altrimenti sarebbe stato il solito horror paranormale con il boogeyman di turno. E non è comunque poco.
Di seguito trovate il trailer ufficiale di The Toll: