Il regista torna sulle scene con un'opera non certo innovativa, ma comunque capace di portare ampiamente a casa il risultato grazie a fondamentali di tutto rispetto
Parte del divertimento (e del senso di terrore) di guardare un film di zombi in un mondo post George A. Romero è capire che tipo di morti viventi vi vagano. Quanto sono veloci? Quali capacità di ragionamento hanno, se ne hanno? Come si possono uccidere?
Virus: 32 – una co-produzione uruguaiana / argentina del regista Gustavo Hernández (La casa muta), che lo ha anche co-sceneggiato con Juma Fodde – risponde a queste domande, guardando soprattutto a 28 giorni dopo di Danny Boyle e L’alba dei morti di Zack Snyder.
Eppure, il tocco piuttosto originale circa la mitologia di questi non morti e la sua elegante fotografia differenziano Virus: 32 dal resto dei compagni di genere abbastanza da renderlo un’aggiunta ben accetta (sarà che, proprio come il notevolissimo taiwanese The Sadness, non è americano …).
Successivamente, una ripresa aerea ci mostra le strade della città piene di persone che corrono e urlano, e il suono delle sirene riempie l’aria.
È un’emozionante esempio della fotografia di Fermin Torres, che prepara il palcoscenico per 90 adrenalinici minuti in cui una catastrofe virale su scala cittadina è già in corso non si sa da quanto o perché (e mai lo sapremo, un aspetto che potrebbe infastidire qualcuno …), nonostante l’ignoranza da parte dei personaggi principali del grande pericolo che li circonda.
Questa drammatica ironia di fondo fa da cornice allora alle reazioni del pubblico al lavoro dei protagonisti, aggiungendo un ulteriore strato di tensione alle dinamiche interne di questa famiglia divisa.
Javi e Iris sono infatti divorziati, e Iris non è stata una madre molto affidabile per Tata. Aveva precedentemente accettato di occuparsi della bimba, salvo aver dimenticato di averlo fatto e accettato un turno extra nel suo lavoro come guardia di sicurezza in un club sportivo, quindi si vede costretta a portare Tata con sé all’interno del cavernoso edificio, pieno di corridoi bui e di finestre vulnerabili. Una premesse senz’altro intrigante per un film con gli zombi che corrono.
Dopotutto, molti zombie movie sono solo dei film di assedio con un po’ di morsi e di cervelli spappolati in più, e il grattacielo del club sportivo è il luogo perfetto per un’opera di questo tipo: inizialmente sembrerebbe il posto più sicuro della città, ma man mano che avanza la notte, diventa chiaro quanto sia davvero insicuro e indifendibile.
Un altro tocco intelligente dello script è il ricorso alle telecamere di sicurezza nel palazzo per osservare ciò che accade ai diversi piani. Quando Iris si rende conto che c’è qualcosa di molto sbagliato nelle persone che entrano nell’edificio, si ferma ad osservare la sequenza temporale sui video di sorveglianza e capisce in fretta come ogni infetto abbia ha un tempo di ‘riposo’ di 32 secondi dopo ogni attacco violento, in cui sembra entrare in uno stato di mini-ibernazione. Questa conoscenza, ovviamente, verrà ovviamente utile più avanti, in particolare durante una tesa scena di fuga in un corridoio infestato.
Prima dei titoli di coda, Virus: 32 offre agli spettatori diversi momenti come quello citato, in cui Iris e/o Tata sono accerchiate o messe alle corde da un qualche infetto, generando sempre attimi di ansia e di disagio (moderati, visto che sappiamo che difficilmente succederà qualcosa di brutto alle due … oppure si …?). E sebbene a volte appaia inevitabilmente derivativo e prevedibile, non manca mai di provare a creare nervosismo coi mezzi che ha a disposizione.
La piccola Pilar Garcia racchiude sia durezza che innocenza nel suo personaggio, rendendo facile per chi guarda tifare per lei nei momenti più delicati.
Ultimo ma non meno importante, il trucco e le azioni degli infetti sono efficaci e spaventosi, in particolare per quelli che preferiscono le versioni rabbiose e dai movimenti ipercinetici dei film moderni.
Insomma, grazie a un’atmosfera carica di presagi nefasti, un passo rapido, riprese elegantemente nervose e una premessa semplice ma sempre d’effetto, Virus: 32 si rivela una degna aggiunta al sottogenere. Gustavo Hernandez sfoglia una ricetta consolidata e la fa sua con qualche leggera modifica negli ingredienti, costruendo un’opera che prende in prestito dai migliori ma fa più che abbastanza per stare in piedi con le proprie gambe.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Virus: 32: