Categories: Horror & Thriller

World War Z: come il film ha tradito il romanzo di Max Brooks

Nel 2013 arrivava nei cinema un adattamento tipicamente hollywoodiano

Nel 2006, Max Brooks ha pubblicato World War Z. La guerra mondiale degli zombi, romanzo che ha ridefinito gli standard – fino ad allora modesti – della letteratura zombie. Se i titoli più noti in questo sottogenere si limitavano a Manuale per sopravvivere agli zombi dello stesso Brooks o al graphic novel The Walking Dead, World War Z si è distinto come un’opera letteraria di raro valore. Nonostante la quantità esigua di testi di rilievo sull’argomento, la qualità del lavoro di Brooks ha dimostrato che si può parlare di apocalissi zombie con profondità e realismo.

Il romanzo è costruito come una serie di testimonianze postbelliche che ricostruiscono, con taglio documentaristico e sorprendente credibilità, una guerra globale contro i non-morti. È un’opera stratificata, intelligente, persino commovente, che spinge il lettore a riflettere sulle fragilità della società contemporanea. Proprio per questo motivo, la sua notorietà è più che meritata: World War Z non è solo un buon romanzo di genere, ma una riflessione sul mondo attraverso il filtro della finzione apocalittica.

Il successo del libro ha rapidamente attirato Hollywood. Due colossi si sono contesi i diritti cinematografici: la Appian Way (di Leonardo DiCaprio) e la Plan B Entertainment (di Brad Pitt). Ha vinto Pitt, mosso anche dal desiderio di realizzare un progetto pensato per i suoi figli, appassionati di zombie e fan del libro. Ma qualcosa è andato storto. Chi ha letto il romanzo e visto il film lo sa: il film non è il libro. Hanno in comune solo il titolo e, vagamente, l’ambientazione israeliana.

L’adattamento cinematografico di World War Z può essere paragonato, per infedeltà e banalizzazione, al Godzilla del 1998. Entrambi i film sacrificano la sostanza dell’opera originale in favore di una narrazione più generica e vendibile. Il risultato, in entrambi i casi, è un prodotto commerciale che tradisce il potenziale originario.

Già dal trailer, anche chi non aveva letto il libro poteva intuire le modifiche: gli zombie non avrebbero dovuto correre. Ma questo è solo il primo sintomo di un processo di semplificazione e appiattimento che ha caratterizzato tutta la produzione del film.

Inizialmente, la sceneggiatura fu affidata a J. Michael Straczynski (creatore di Babylon 5), che scrisse due versioni del copione. Il suo lavoro rimaneva in parte fedele al libro, pur con alcuni cambiamenti: ad esempio, lo scontro di Yonkers venne trasformato, e l’attenzione si spostò dalla resilienza umana alla responsabilità politica dell’epidemia (una critica velata all’amministrazione Bush).

Brooks, pur non coinvolto nella produzione, espresse apprezzamento per la sceneggiatura. Ma gli studios non erano convinti. Così, venne chiamato Matthew Michael Carnahan per rielaborare il testo, mentre la Paramount cercava altri investitori per dividere i costi. Nessun secondo studio si fece avanti, ma la presenza di Brad Pitt – vera e propria garanzia di profitto – convinse lo studio a finanziare comunque il film.

Le riprese iniziarono nel 2011 e si conclusero nel 2012… per poi ripartire. Il problema era il finale: troppo cupo e aperto. Una conclusione fedele al libro, in cui la guerra non era davvero finita, spaventava i produttori. Così Damon Lindelof e Drew Goddard furono incaricati di riscrivere l’intero terzo atto. Il risultato fu un finale più ottimista e commerciale, adatto ai gusti del grande pubblico e alle logiche del blockbuster estivo. Le implicazioni politiche vennero smussate, la profondità sostituita dall’azione.

Questo processo rivela una verità scomoda sull’arte nel sistema industriale americano contemporaneo: arte per tutti è arte per nessuno. Cercare di rendere un’opera universale significa spesso svuotarla di identità. In nome della massima accessibilità – e del merchandising – si perde ciò che rendeva un’opera significativa.

Detto ciò, non si può negare che il film abbia avuto successo: costato quasi 200 milioni di dollari, World War Z ne ha incassati oltre 540 a livello globale. Un trionfo economico, sufficiente a giustificare l’idea di un sequel.

Ma a quale prezzo? Il romanzo di Brooks non è per tutti. È oscuro, crudo, credibile, eppure intriso di fantasia. Non è solo azione, ma soprattutto riflessione. Costringe il lettore a interrogarsi sull’umanità, sulla guerra, sulla paura. È commovente, spietato e profondo. Il film, al contrario, è un prodotto standardizzato, nato da compromessi e riscritture. Il libro è arte. Il film è intrattenimento. E in questa differenza sta tutto il fallimento dell’adattamento.

Di seguito il trailer italiano di World War Z:

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Published by
Marco Tedesco