La quarta e ultima tappa del nostro viaggio 'oltre il confine' chiude il cerchio su Pablo Escobar, lasciando però intendere che la leggenda non morirà mai
FINE DEL VIAGGIO?
È sorprendente vedere, nella seconda parte della prima stagione di Narcos, come Pablo Escobar abbia una regressione infantile e come creda di poter fare qualsiasi cosa. Gli stessi suoi scagnozzi, dei delinquenti farabutti, sono perplessi e a volte vittima di un atteggiamento ostinato di un uomo che finge di avere la situazione sotto controllo, ma che in realtà non fa altro che proporre soluzioni estreme e brutali. Come in altri pochi casi, la serie di Netflix dimostra la mentalità mafiosa senza renderla macchiettistica. Un abominio che in Italia è cultura, dove chi commette un crimine non può essere accusato poichè la stessa accusa è un’offesa.
Narcos spiega bene le dinamiche tra mafia e governo e potrebbe dire tanto su quello che non si dice in Italia. Spesso il governo si trova sotto scacco. Non è pensabile togliere tutto ai narcotrafficanti. Hanno troppo potere. Allora è necessaria una negoziazione. Un gioco di equilibri che non funziona mai finchè l’agente Murphy della DEA realizza il banale. I criminali vincono perchè non rispettano le regole. Ovvio che è una lotta impari. Dove non c’è onore e dignità, non si può che ripagare con la stessa moneta, e non aspettarsi altro. Sicuramente in Narcos vi è una evoluzione di Scorsese e di tutti i suoi epigoni. Dietro al glamour della criminalità organizzata c’è sempre gente piccola e senza onore.
Pablo Escobar: King of Cocaine (1998) di Steven Dupler si focalizza sulla personalità e la psicologia di Escobar come uomo e sulle motivazioni che lo hanno portato a fare mosse sorprendenti e scelte azzardate durante il suo regno. Viene fuori un uomo sicuro di se e totalmente disinteressato dall’autorità del potere costituito. Per Escobar il mondo era un campo di gioco dove lui era il miglior giocatore.
Uno degli aspetti più interessanti sta nel coinvolgimento radicale di George Bush padre nella lotta alla droga e in pratica nella guerra contro Escobar. Bush dichiara che chiunque sia considerato nemico o pericolo per la nazione americana dal Presidente degli Stati Uniti può essere condannato a morte e perseguito dal Governo Americano. Se il terrore di Escobar era l’estradizione, questo cambiava le carte in tavola ulteriormente, rendendo la caccia al narcotrafficante una vera caccia all’uomo a livello globale, precedente e pari a quella di Osama Bin Laden.
In effetti, come pochi altri, la vicenda di Escobar è stata eviscerata e analizzata pubblicamente, andando ben oltre la spettacolarizzazione della figura, come spesso si è fatto con potenti, dittatori, serial killer o figure anomale. Il livello documentaristico al quale la figura di Pablo Escobar è stata sottoposta ha raggiunto un livello superiore di profondità.
In sviluppo, ci sono però altri due progetti dedicati al Nostro. Uno, semplicemente Escobar, è tratto dal romanzo biografico Amando Pablo, ‘Odiando Escobar’ di Virginia Vallejo, la giornalista amante di Escobar che nella serie Narcos fa una delle peggiori figure in assoluto, e che probabilmente con questa trasposizione, con lei interpretata da Penelope Cruz e Pablo da Javier Bardem, cercherà riabilitazione. Dell’altro si sanno solo titolo e protagonista, El Patron con John Leguizamo.
fine…?