Ci avviciniamo alla conclusione del viaggio, ma la strada è ancora ricca di tappe importanti
Cap. 4- Giochi da grandi
Nel decennio in analisi (2006-2016) sia all’interno delle case di produzione e franchise già menzionate nei precedenti capitoli che all’esterno è un continuo fortunato germogliare di prodotti tokusatsu per un pubblico più adulto o comunque meno indirizzati ai bambini e meno dotati di quella forma atta solo a vendere decine di gadget a tema. Sembra quasi che un senso di colpa diffuso dei produttori stia cercando di ricondurre parte del genere verso quei livelli meno inoffensivi di quando erano adolescenti, periodi in cui il target finale era sempre tutto sommato infantile ma con l’offerta di prodotti comunque intelligenti, a tratti maturi e leggermente meno ludici. Insomma, prodotti più vicini alla fantascienza pura in cui il futuro e il diverso, possano essere elementi dolorosi e poco concilianti. Sono gli anni in cui il genere si sdogana, occupa le arti “alte” e conquista i grandi Festival. Il primo a sorprendere è Big Man Japan, esordio di Matsumoto Hitoshi uno dei più rilevanti autori contemporanei che in questo film dirige una delle maggiori e complesse riflessioni sull’universo supereroistico internazionale.
Sempre a Venezia ma nel 2010 tocca a Miike Takashi far esplodere la sala con un suo sequel, ovvero Zebraman 2: Attack on Zebra City in cui un supereroe dalle fattezze di zebra interpretato da Aikawa Show, deve combattere in un ricchissimo e accecante upgrade produttivo del precedente film. Nel mentre i vari protagonisti della Sushi Typhoon, costola della casa di produzione Nikkatsu atta a finanziare progetti low budget saturi di azione, sangue e sesso, realizzano il film Karate-Robo Zaborgar (2011), remake in chiave splatter e delirante di una serie, Denjin Zaborger, del 1974. Una media delusione come la maggior parte dei titoli diretti da Noboru Iguchi; film del calibro di Dead Sushi, Robogeisha, The Machine Girl e “delizie” come Zombie Ass: Toilet of the Dead.
Parliamo di Keita Amemiya, regista di Mechanical Violator Hakaider (v. capitolo 3), di Zeiram, della miniserie Tekkōki Mikazuki e di Kamen Rider ZO. Narrativamente Garo è ottima ma è l’aspetto visivo totalmente innovativo e la frequenza impressionante di invenzioni nel costruire un universo totalmente inedito e riconoscibile a renderlo un prodotto senza eguali. Al contempo l’altissima qualità delle sequenze d’azione per gli standard di una serie televisiva, la presenza di una sensualità sopra la media inclusiva di nudi, l’abbondante tasso di violenza e lo straordinario character design delle creature ne decreta il successo. Successo che farà si che ad oggi vengano prodotte sette serie e diverse miniserie, film da sala, spin-off in video, 2 serie animate, videogames e altri progetti dedicati. Garo è un oggetto straordinario e un rarissimo concentrato di qualità e originalità talmente saturo da risultare quasi unico specie nei primi anni di produzione. Nel 2013, tra la terza e la quarta, l’autore trova il tempo di lavorare anche ad un’altra serie esterna alla saga, uno stranissimo oggetto intitolato Shougeki Gouraigan, entusiasmante, ancora più libero forse, nel contrapporre violenza, nudi, azione e commedia, ma meno riuscita della saga “gemella” nonostante i picchi di invenzioni e creatività.
Qui la storia viene rielaborata in chiave estrema e delirante, tra grande azione, continui ammiccamenti sessuali e delirio asperso ad ampie manciate tale da farlo sembrare un prodotto della Troma. Nel 2010 tocca invece a Daimajin Kanon una serie Tv liberamente ispirata a tre film classici in costume degli anni ’60 (la trilogia di Daimajin) che vedevano il risvegliarsi di una divinità gigantesca atta a salvare i popolani dalle angherie di qualche signorotto locale. Progetto curioso, meno riuscito ma suggestivo e anche questo intessuto di buona azione e frequenti iniezioni di follia visiva.
In una puntata, quella appunto diretta da Shimizu, l’eroina deve combattere contro un industriale sfruttatore di operai interpretato proprio da Iguchi, che incarna il capitalismo in un costume da mostruoso granchio e che verrà sconfitto tramite le parole, letterali, de Il Capitale di Karl Marx. Sia a livello mainstream che in progetti più indipendenti intanto avvenivano molte, moltissime altre cose. Outsider e fuori dagli schemi adottati finora. Si, perché ancora non vi abbiamo detto tutto.
Quindi, un ultimo capitolo postilla.
continua …