[dossier] Tokusatsu 2006-2016 (parte III)
20/04/2017 news di Redazione Il Cineocchio
Questa settimana si fa tappa alla Toei
Cap. 3 – La Toei e i supereroi figli dei manga
La Toei è stata la casa di produzione che oltre alla Tsuburaya (ovvero l’entità che faceva capo alle serie di Ultraman e agli effetti speciali di Eiji Tsuburaya e dei suoi discendenti) più ha investito nella produzione dell’universo tokusatsu realizzandone alcuni degli esemplari più rilevanti, essendo co-autrice del primo supereroe del piccolo (e grande) schermo giapponese, Moonlight Mask (1958) e produttrice del maggior numero di serie e film di supereroi nazionali. Nell’age d’or del genere, gli anni ’70, spara il suo colpo più grosso.
In collaborazione con il maestro del manga Shotaro Ishinomori (l’autore di Cyborg 009) nel 1971 produce la prima serie televisiva di Kamen Rider, il più importante henshin hero della storia. In questa saga un’associazione criminale, la Shocker, crea uomini mutanti dalla forma di animale antropomorfo con il classico scopo finale della conquista del mondo. Una di queste cavie scappa prima del lavaggio del cervello e si attiverà per combattere le forze del male.
Le caratteristiche ricorrenti della serie sono la forma da insetto del supereroe, il trasformarsi (anche se non sempre) tramite dispositivo esterno (spesso diverso di serie in serie, a volte un cellulare, a volte delle pen drive, a volte strani oggetti tecnologici) che si interfaccia con la cintura, elemento centrale della trasformazione e il cavalcare moto dal character design simile a quello dell’eroe. Dopo 98 puntate, Kamen Rider continuerà per 28 serie, decine di film e altri progetti laterali fino a Kamen Rider Ex-Aid del 2017.
Tornando al decennio di cui stiamo parlando (2006-2016) troviamo cronologicamente in testa Kamen Rider Kabuto (2006), probabilmente l’ultima grande serie prodotta e una delle migliori della storia della franchise; ancora parzialmente matura prima -anche qua- di un viraggio verso prodotti sempre più infantili con il punto più basso raggiunto proprio da quella dell’anno successivo, Kamen Rider Den-O. Pochi stimoli rilevanti nel decennio tra annate sempre peggiori e qualche sussulto tutto sommato più che dignitoso (l’ottima Kamen Rider W, la buona Kamen Rider Fourze, la media Kamen Rider OOO). Il film da sala di Kabuto è anche uno dei rarissimi ispirati a serie tokusatsu a essere dignitoso. Va infatti notato come le serie del genere diano il loro meglio sul piccolo schermo e che le infinite versioni da cinema, seppur realizzate spesso con risorse maggiori, si rivelino totalmente deludenti.
Gli effetti speciali si fanno sempre più sofisticati e nonostante quelli tradizionali raggiungano il loro livello più alto verso la fine degli anni ’80 con qualche sussulto qua e là tipo in Kamen Rider W, quelli digitali mostrano continui, anche se molto graduali, passi in avanti. Va però ammesso come sia agli esordi che oggi, gli effetti della Tsuburaya si siano sempre mostrati macroscopicamente superiori e qualitativamente più incisivi di quelli della Toei (e di ogni altra casa di produzione) che in questo campo è spesso stata superata anche da entità meno rilevanti. Kamen Rider è una delle icone pop giapponesi più sentite e presenti in patria e se ne trovano tracce più o meno dichiarate in un numero impressionante di media e prodotti della cultura popolare.
L’altra metà principale del supereroismo targato Toei è “involontariamente” l’oggetto tokusatsu più famoso in occidente. Super Sentai, ovvero gruppi di ragazzi (sia uomini che donne) che si trasformano in supereroi in calzamaglia colorata capaci di pilotare robot giganti assemblabili. Vi dice nulla? La prima serie super sentai si intitola Himitsu Sentai Gorenger ed è del 1975. La prima dei Power Rangers si intitola Mighty Morphin Power Rangers è del 1993, quasi venti anni dopo. Cos’è successo? Avviene che la americana Saban Entertainment compia uno degli atti più razzisti che storia della comunicazione audiovisiva ricordi.
Di anno in anno compra le serie sentai e ne rigira tutte le sequenze con gli attori originariamente giapponesi, sostituendoli con ragazzi “ariani” stravolgendone storia e contenuti e rivendendole in occidente con la nuova forma. 23 stagioni ad oggi. 41 invece quelle originali. Compiranno la stessa operazione con Masked Rider (realizzato con il materiale di Kamen Rider RX), VR Troopers (che mescola materiale di tre diverse serie di Metal Hero) e Big Bad Beetleborgs (stavolta fonde due serie metal hero, Juukou B-Fighter e B-Fighter Kabuto), editi anche in Italia. Le serie sentai sono quindi più ricche dei corrispettivi di Kamen Rider e con questo vengono messe in onda in TV in una fascia del palinsesto domenicale intitolata Super Hero Time. La solfa è la solita e il target sempre abbastanza infantile. Ma la cosa più interessante dei sentai del decennio è quello che scatenano intorno al 2011, trentacinquesimo anniversario della saga; è l’anno in cui Tensou Sentai Goseiger lascia il posto alla buffa annata di pirati spaziali di Kaizoku Sentai Gokaiger.
Ed è con Gokaiger che deflagra il delirio. La scusa di sentai pirati che pilotano un galeone spaziale è timido alibi per rimettere in scena prima un semplice supereroe del passato, il glorioso poliziotto spaziale Gavan, e festeggiare -di nuovo- il trentennale della messa in onda della sua serie Space Sheriff Gavan e la nascita del sottogenere Metal Hero (v. capitolo 2). Non paghi si realizza un “sequel” del precedente assurdo crossover che fondeva le saghe di Kamen Rider e dei sentai; Kamen Rider × Super Sentai × Space Sheriff: Super Hero Taisen Z in cui entrano anche in scena tre Metal Hero (il già citato Gavan e i successivi Sharivan e Shaider) oltre a Black Moon, Inazuman, i Kyodain, e sul finale tutti i rider e un numero spropositato di sentai fino ad un gran saluto lampo dopo i titoli di coda per Kikaida.
Probabilmente il crossover più mastodontico e delirante della storia. a non finisce qui perché di anno in anno con la scusa o meno di qualche celebrazione vengono messi in scena film sempre più assurdi e improbabili includenti sempre un maggior numero di eroi della Toei, di volta in volta contestualizzati nello spirito e riadattati talvolta senza coerenza anche nella forma fisica. Qualcuno, come Gavan riceve anche un film personale (Space Sheriff Gavan: The Movie) ma che poco aggiunge alla mitologia del personaggio e non rinnova nessun elemento del character design. Nel 2017 con la quarantunesima serie, Uchu Sentai Kyuranger, il cui tema portante sono le costellazioni, si rimescolano leggermente le carte in tavola mostrando fin dalla prima puntata ben 9 guerrieri regolari in scena. Altra stranezza del 2017 è la miniserie per il web che esordisce a marzo intitolata Kamen Sentai Gorider e che fonde in maniera inedita sentai e rider.
In mezzo a questo furore produttivo, come in passato, fortunatamente la Toei non disdegna di testare altri oggettini e di sperimentare. Con i risultati deludenti e dimenticabili dei film di Chou Ninja Tai Inazuma! (2006) e con i successi folgoranti delle due stagioni di Hikonin Sentai Akibaranger (2012). Vale la pena spendere due parole su questi ultimi visto che si tratta di una delle riflessioni più complesse e mature sull’universo supereroistico e di una delle analisi più preziose del genere. Akibaranger infatti è una sorta di parodia e al contempo visione metatestuale del genere dei super sentai, fatto di citazioni, paradossi, rivelazioni dei retroscena comunicativi ed espressivi del filone e riflessioni culturali e filosofiche sul supereroismo. Assolutamente refrigerante.
Mentre nel 2017 in America esce un film totalmente inedito dei Power Rangers troviamo finalmente una sorgente luminosa relativa a una distribuzione in tema; nelle Hawaii, uno dei pochi luoghi ad aver goduto in passato della messa in onda, con un grande successo, delle serie di Kikaida (un eroe cyborg bicolor con una calotta cranica trasparente dentro cui si vede il cervello elettronico “in attività”, ancora tratto da un manga di Ishinomori) sorge una etichetta distributiva, la Generation Kikaida, che lentamente si mette al lavoro per editare dei box di serie complete restaurate con un piglio filologico e una cura dei contenuti speciali (siano essi cartacei che video) praticamente maniacale. In DVD costosi ma allo stato dell’arte vengono distribuite le serie di Kikaida, Kikaida 01, Kamen Rider V3 e Inazuman, sottotitolate in inglese.
Di fronte ai super eroi della Tsuburaya dello stesso periodo (siamo intorno al 1973) questi della Toei hanno effetti speciali macroscopicamente più scadenti ma un senso del narrativo e del visivo delirante, coloratissimo, acido, quasi psichedelico. Kikaida in sé è serie assolutamente media, anche nel riscontro di pubblico fino a che viene introdotto un nuovo villain che la fa precipitare nel contesto di quei prodotti in cui il nemico diviene più carismatico dell’eroe e ne conquista il cuore del pubblico portando tutto il progetto al successo.
Tant’è che il personaggio sarà riconfermato (e moltiplicato in più forme multicolor) anche in Kikaida 01, ovvero la seconda serie. Si chiama Hakaider ed è un cyborg nero e solitario, anche lui con una calotta trasparente dentro cui pulsa un cervello umano. Al personaggio sarà dedicato un film rivoluzionario e riuscito nel 1995, Mechanical Violator Hakaider, diretto dal genio di Keita Amemiya di cui parleremo più esaustivamente nel prossimo capitolo quando toccheremo le serie di Garo.
Nel 2014, inaspettatamente, esce nelle sale Kikaida Reboot, versione del personaggio totalmente rinnovata, modernizzata e quasi esterna al genere tokusatsu visto il suo impianto verosimile e l’abbondanza di effetti digitali utilizzati all’americana. Nel film anche un restyling di Hakaider, una regia sapiente e un risultato tutto sommato più che dignitoso e a tratti sopra la media.
continua …
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