Un'antologia estrema, tra estetica postumana e immaginari senza rete
La quarta stagione di Love, Death + Robots conferma la natura proteiforme di un progetto che è ormai molto più di una raccolta animata di racconti sci-fi: è una dichiarazione radicale d’intenti, un’arena in cui l’immaginario contemporaneo si sperimenta senza rete.
La serie creata per Netflix da Tim Miller e David Fincher, giunta alla sua iterazione più discontinua e, proprio per questo, più viva, si propone come una forma d’arte antologica, capace di ridefinire non solo il racconto animato, ma il modo stesso in cui si costruisce e si fruisce la narrazione audiovisiva episodica.
La stagione si apre e si chiude nel segno del paradosso: da un lato la leggerezza apparentemente insensata di Can’t Stop, videoclip delirante dei Red Hot Chili Peppers reso in stop-motion grottesco; dall’altro episodi che esplorano la perdita, la violenza e l’elaborazione del lutto come Spider Rose o Golgotha.
In mezzo, una galleria visionaria di mondi futuri e realtà alternative, in cui l’estetica e il concetto si fondono in racconti brevi ma densissimi. Non tutto funziona alla perfezione, ma la coerenza non è l’obiettivo: ciò che conta è la forza d’urto del complesso.
Dal punto di vista tematico, Love, Death + Robots – Volume 4 rompe i confini del suo stesso titolo. I tre nuclei originari — amore, morte, robotica — restano, ma si dilatano in un campo più vasto: la religione, l’esistenza postumana, la decadenza dell’intrattenimento, la vendetta, la maternità sintetica, la stupidità del progresso tecnologico.
Golgotha è un racconto teologico e paradossale in cui una razza aliena mistica cerca il Messia sulla Terra e lo trova in un delfino reincarnato. How Zeke Got Religion mescola occultismo nazista e horror cosmico in uno scenario da Heavy Metal che riflette sull’identità, il potere e la follia.
Episodi come The Screaming of the Tyrannosaur / Il grido del tirannosauro estremizzano il motivo gladiatorio, trasponendolo su una stazione orbitale in cui l’élite assiste a corse mortali su dinosauri. È una riflessione sullo spettacolo e la deumanizzazione, con richiami a Rollerball, The Hunger Games e Il Gladiatore, ma immersa in un’estetica pulp esasperata che rende la violenza una coreografia da videogioco.
Al contrario, For He Can Creep / Poiché può strisciare lavora sullo spaesamento poetico, trasformando un poema del ‘700 in una fiaba grottesca tra il diavolo e una confraternita di gatti. Non è un episodio “forte” per trama, ma è un laboratorio formale e tonale.
Sul versante della comicità, la stagione alterna trovate geniali ad altre più scolastiche. The Other Large Thing / L’altra cosa grande e Smart Appliances, Stupid Owners / Il complotto dei dispositivi intelligenti ironizzano sull’idiozia umana proiettata sulle macchine, ma rischiano di essere più bozzetti che racconti compiuti. Tuttavia, il loro ruolo è cruciale nell’equilibrio generale: offrono una controparte grottesca alle storie più cupe e violente.
È il principio del tono variabile che regge tutta l’antologia: si passa dall’epica tragica alla farsa demenziale senza soluzione di continuità, con un effetto di deragliamento sensoriale che diventa poetica.
In questo senso, Love, Death + Robots diventa l’opposto di Black Mirror: non una parabola morale sul presente, ma un delirio strutturato di immaginazione senza freni.
Unica vera nota dolente è la riduzione dell’apporto internazionale. Solo due episodi provengono da studi non statunitensi, contro la pluralità geografica delle prime stagioni. Questo impoverisce il panorama estetico e culturale, rendendo più omogenea l’esperienza visiva, anche se la qualità rimane elevata.
Un’antologia come questa dovrebbe rivendicare la molteplicità delle visioni globali, e non limitarsi a un circuito chiuso di eccellenza produttiva occidentale.
In sintesi, Love, Death + Robots – Volume 4 è un manifesto dell’antologia come forma radicale, un’ode al potere dell’animazione come linguaggio totale, una riflessione visiva su cosa significhi raccontare oggi. Non tutto è perfetto, e non deve esserlo.
La serie funziona perché osa, perché rompe, perché sfida il senso stesso di cosa debba essere una serie animata contemporanea. In un’epoca in cui il contenuto audiovisivo è sempre più industrializzato, questa raccolta di anomalie animate rappresenta un atto di resistenza: visionario, imperfetto, ma autentico.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Love, Death & Robots – Volume 4, nel catalogo di Netflix dal 15 maggio: