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Titolo originale: The End of the F***ing World , uscita: 24-10-2017. Stagioni: 3.

Recensione (stagione 1) | The End Of The F***ing World di Jonathan Entwistle

15/01/2018 recensione serie tv di Sabrina Crivelli

Alex Lawther e Jessica Barden sono un giovane aspirante serial killer e un'adolescente sociopatica, protagonisti di un dissacrante e caustico viaggio ai confini del mondo

Serie televisiva inglese creata da Jonathan Entwistle, The End Of The F***ing World è l’ennesimo prodotto indie e degno di nota selezionato e messo a catalogo da Netflix negli ultimi tempi (vedere anche Atypical). Dissacrante e caustico, lo show non originale (andato prima in onda su Channal 4 lo scorso ottobre) è tratto dall’omonimo fumetto del 2011 di Charles Forsman e vede protagonisti Alex Lawther (The Imitation Game) e Jessica Barden (The Lobster), nei panni di un duo di adolescenti emarginati che intraprendono una fuga d’amore insieme.

Sconsolante e lucido ritratto sociale, The End Of The F***ing World affronta le personali tragedie di una coppia di diciassettenni, James e Alyssa, alle prese con famiglie disfunzionali, con un passato travagliato e con una serie di traumi infantili. L’uno, la cui madre si suicidò davanti a lui quando era ancora un bambino, è persuaso di essere un serial killer in potenza e in effetti i segnali, quali la sociopatia o le sevizie a piccoli animali, certo non lo smentiscono (ricorda per molti aspetti il film My Friend Dahmer di Marc Meyers). L’altra, primogenita abbandonata dal padre in tenera età e ora costretta a vivere con un patrigno viscido e una madre del tutto succube, è pervasa da una incontenibile rabbia che sfoga in un dialogo estremamente aggressivo e in afflati collerici. Dunque i due s’incontrano casualmente a scuola, lei s’imbatte in lui, passivo aggressivo, a pranzo e ne rimane attratta. Lui, all’opposto vede in lei la sua perfetta prima vittima. Principia così un’avventura tragica e rocambolesca alla ricerca del vero padre di Alyssa, che conduce ambedue attraverso atti autolesionistici, gesti inconsulti ed estremamente stupidi, perfino crimini ed omicidi, seppure non siano volontari; una volta però accaduto l’irrimediabile, James si renda conto della sua reale natura. Così, una tappa dietro l’altra, attraverso disavventure che  disattendono ogni loro aspettativa, le loro vite degenerano piano verso un baratro privo di una via d’uscita, fino ad arrivare ai confini del mondo, almeno quelli raggiungibili con una macchina scalchignata rubata lungo la via. Tuttavia, allo stesso tempo, i protagonisti scoprono la confortante sensazione di non essere più così opprimentemente insopportabilmente soli.

Privo di qualsiasi forma buonismo o di edulcorazione (che di questi tempi imperversano nelle produzioni americane e non solo) The End Of The F***ing World stupisce e delizia anzitutto per l’approccio nichilista con cui la realtà adolescenziale viene affrontata. La serie TV infatti, con scabroso dark humor tipicamente britannico e sviluppata alternando le voci narranti dei due protagonisti, affronta l’archetipica tematica del viaggio declinata al prototipo del Bildungsroman (il romanzo di formazione). Il tema piuttosto frequentato, il più delle volte con fastidiosa banalità, è però approcciato in chiave del tutto anticonvenzionale, anzi addirittura sovversiva, delineando invece dell’evoluzione della personalità di giovani eroi, la sua lenta autodistruzione di due post-contemporanei antieroi dalla statura tragica. Entrambi profondamente disturbanti ciascuno a modo suo, se l’uno è autolesivo, molto confuso circa la sua sessualità, passivo all’esasperazione e a tratti assai inquietante, l’altra è palesemente, volontariamente fastidiosa in pensieri, parole, ma in qualche modo ambedue nella loro disperazione, fanno quasi tenerezza. Ne emerge in fondo un’annichilente solitudine a cui i due adolescenti sono abbandonati fino alla deriva, che per molte tematiche e per pessimismo cosmico ricorda molto i protagonisti di Skins, serie epocale in sette stagioni realizzata e mandata in onda nel nativo Regno Unito tra il 2007 e il 2013 (anche lì peraltro due dei personaggi principali fuggivano insieme alla ricerca del padre di lui). Altro tratto in comune, anche anche in The End Of The F***ing World i due attori principali, Lawther e la Barden, impegnati in ruoli assai complessi e decisamente difficili da rendere in maniera credibile.

Angoscioso altresì fin nei dai più piccoli dettagli, atroce è l’humus sociale che circonda James e Alyssa, fino a condurli allo sbando più totale e avanzando in cerca di un ultimo appiglio, una via di scampo, che si rivelerà però solo l’ennesimo miraggio. Pressoché ogni personaggio, allora, che la coppia conosce o incontra, si rivela squallido o maligno, grottesca maschera frutto di tempi privi di valori; poche sono le eccezioni, forse solo il miserevole e disperato padre di lui, figura però debole e patetica, una poliziotta e una guardia di sorveglianza. Il resto dell’umanità è popolata di malintenzionati, ipocriti e mediocri, tutti raffigurati però con un piglio sarcastico, satirico, che con intelligente distacco sa sottolineare il lato ridicolo anche nei frangenti più truci. In ultimo, aspetto assai auspicabile e per nulla censurato, c’è la nota più scabrosa, costituita da una parte dalle rêverie dell’aspirante serial killer che s’immagina di uccidere la vittima prescelta, dall’altra da un cruento vero e proprio sgozzamento …

Già disponibile integralmente dal 5 gennaio, The End Of The F***ing World (disponibile solo in lingua originale con sottotitoli italiani) è senza dubbio una serie da non perdere e di celere visione, dacché gli 8 episodi in cui è divisa durano soltanto 21 minuti ciascuno (curiosa la scelta di non aver optato per un film). Perfetta per il binge watching.

Di seguito trovate il trailer: